Devendra Banhart a Milano: ed è subito un’altra musica

di Libera Capozucca

Lo scorso Settembre l’avevamo lasciato a Milano in occasione dell’evento “D musica & altro” con un nuovo album in uscita. Da allora “Ape in pink Marble” ha ottenuto positivi consensi come nono album dell’artista texano, rivelando “un tono più conciso, sommesso e seducente” rispetto ai precedenti lavori. Il disco della maturità qualcuno ha riferito. Eppure Devendra Banhart sembra essere lo stesso di sempre: eclettico e stravagante quanto basta per accendere un auditorium in adorazione nella sua prima data estiva in Italia, a Milano, sabato 24 Giugno.

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Sempre alle prese con la sua chitarra gentile, entra insieme alla band, saluta il pubblico con un “Felice pride!” – nel pomeriggio le strade del centro hanno ospitato il corteo del gay pride – e inizia a suonare. Si parte proprio dall’ultimo lavoro (“Middle name”, “Good time Charlie” “Fancy man” solo per citare alcuni pezzi) immerso nelle radici alt-folk di una musica che è pathos e delicato arpeggiare, ma anche corpo di strumenti in ventosa armonia. La dimensione creativa dello show nella sua prima parte è trascinante, alimentata da una personalità autentica, bizzarra e anche un po’ autocompiaciuta che si ferma a parlare con il pubblico tra un brano e l’altro, ridendo e scherzando come se fosse ad una festa tra amici. La sequenza di pezzi, tratti da “Mala”, appare ugualmente interessante (“Golden girls”, “Daniel”, “Never seen such good”) alternando episodi musicali più morbidi e più energici sulla scia di pennellate psichedeliche, esotiche, latine, mariachi. Il tutto un po’ naif e vagamente allucinato. Devendra balla a piedi nudi e invita tutti a partecipare allo spettacolo. Qualcuno lo fa già al lato del palco. La band se ne va e la scena è tutta per lui che esegue in acustico (“Lickety split”, “Brindo”, “Little yellow spider”) ciò che gli spettatori richiedono per una piccola perentesi densa di ispirazione. Solo voce e chitarra riempiono la sala, quasi a voler sottolineare l’importanza del principio “less is more”. Nella scaletta tornano poi, insieme alla band, alcuni successi tratti da “What will be will be” e “Smokey rolls down thunder canyon”. Il ragazzo ha carisma da vendere e all’interno di un’atmosfera musicale nomadica, fricchettona, intima, come le sue canzoni,  Devendra si fa cantastorie futurista con un’anima mai convenzionale.

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A questo punto il pubblico pende sempre più dalle sue labbra e sulle note di “Carmensita” lascia la poltrona e si abbandona alla danza. Cosa chiedere di più? Banhart è tutta un’altra musica.

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