Le altre lingue: Le aree anglofone – James Harpur

Primo capitolo della rubrica “Le altre lingue” dedicato alla poesia anglofona. Il poeta selezionato e tradotto da Francesca Diano è James Harpur. Buona lettura.


James Harpur (1)

James Harpur è nato nel 1956 da genitori angloirlandesi e da molti anni si è trasferito a vivere nella Contea di Cork, a Clonakilty.
Ha compiuto studi classici, approfondendo poi la storia e la letteratura irlandese dei primi secoli del cristianesimo e della mistica medievale, ma possiede anche una solida formazione di latinista e di grecista, ha studiato l’ebraico e ha soggiornato per lunghi periodi sull’isola di Creta, ambiente che ha ispirato molte delle sue opere.
Ha pubblicato varie raccolte di testi poetici con la Anvil Press e recentemente con Carcanet.
Come traduttore ha pubblicato una meravigliosa traduzione di Boezio, che ha intitolato Fortune’s Prisoner, oltre a traduzioni da Dante, da Virgilio, da Eschilo, da Plotino ecc.
Da A Vision of Comets, a The Monk’s Dream, da The Dark Age a Oracle Bones, a Voices of the Book of Kells, le sue raccolte poetiche gli hanno guadagnato moltissimi riconoscimenti e numerosi premi nazionali e internazionali. Nel 2007 ha pubblicato, con la Iona Books, The Gospel of Joseph of Arimathea, testo in prosa e versi.
Fra i molti premi e riconoscimenti, nel 1995 ha ricevuto The British National Poetry Prize, borse dalla Cork Arts Society, dall’Arts Council, dall’Eric Gregory Trust e dalla Society of Authors.
Nel 2009 ha vinto il Michael Hartnett Award.
Nel 2012 ha pubblicato la quinta raccolta poetica, Angels and Harvesters, sempre con la Anvil Press.
È direttore della sezione poesia di “Southword”, uno dei più importanti e autorevoli periodici letterari irlandesi e della “Temenos Academy Review”.
È stato poeta residente per il Munster Literary Centre, la Princess Grace Kelly Irish Library di Monaco e la Cattedrale di Exeter. Tiene corsi di scrittura poetica in varie università sia in Irlanda che in Gran Bretagna, letture pubbliche, televisive e radiofoniche e attualmente sta conducendo un lavoro su Ulisse e l’Odissea.


Tre poesie di James Harpur
Traduzione di Francesca Diano

Da A Vision of Comets
1993

Revised Myth

The snake lay still, the essence
Of snake generations compressed
Into each atom of nerve and muscle;
Its oily green coils glistening
With the dryness of glazed paint.

The warm-blooded serene saint
Leant over and let drip drops of holy water
Until like a fork of lightning spasm
The snake, crucified, spat and spat
Back the gospel with hiss and venom,
Its blind tongue flickering foil-like,
Head and tail split from each other
By the great sackweight of solid flesh.
Unpeeling itself, it began to shudder,
Then rocketed through the bracken
That crackled like rain on a live rail.

Wherever he went, the snakes vanished:
He lobbed a cross.
They darted into foxholes.
He clicked his fingers,
They slipped between the cracks of gravestones.
He mouthed ‘Abracadabra’,
They melted into their own mirages.

But while the saint kicked off his sandals
The snakes chewed their way through thick earth,
And they met, and snake ate snake
Until just one serpent, sweating in its juices,
Its back crusted with the hills of Ireland,
Lay still.

And now it lies waiting,
Swelling under the thin skin of the New Testament,
Waiting for the saints on St Peter’s
To drop off, one by one,

Like stand-up ducks at a rifle range.

*

Mito modificato

La serpe stava immobile, l’essenza
Di generazioni di serpi compressa
In ciascun atomo di nervi e muscoli;
Le verdi spire oleose scintillanti
Con l’asciuttezza del colore a smalto.

Il santo sereno, sangue caldo
Si piegò e versò gocce d’acqua santa
Finché come un forcuto spasmo di saetta
La serpe, crocefissa, sputò e risputò fuori
Il vangelo con sibili e veleno,
Sventagliando come un fioretto la lingua cieca,
Distaccata la testa dalla coda
Dal peso abnorme di solida carne.
Uscendo dalla pelle, iniziò a tremare,
E poi sfrecciò attraverso le felci
Che crepitarono come pioggia su un’inferriata viva.

Ovunque andasse i serpenti svanivano:
Lui scagliava una croce,
Loro guizzavano in tane di volpe.
Lui schioccava le dita,
Loro sgusciavano fra le crepe di lapidi.
Diceva “Abracadabra”
E loro si scioglievano diventando miraggi.

Ma mentre il santo gettava via i sandali
Le serpi si fecero strada a morsi sottoterra,
E s’incontrarono, e serpe mangiò serpe
Finché un solo serpente, pregno dei propri succhi,
Il dorso incrostato dei colli dell’Irlanda
Stette immobile.

Ed ora sta in attesa,
S’ingrossa sotto l’esile pelle del Nuovo Testamento,
Attendendo che i santi su San Pietro
Crollino uno ad uno,

Come tante oche ritte in fila al tirassegno.


Da The Monk’s Dream
1996

The Paestum Diver

Paint this stone sarcophagus
With scenes of my funeral feast.
Gather my old companions
And place them on soft couches.

Release their tongues with wine
Caress the flesh of their ephebes
Canoodle tunes from flutes
Pluck harmonics from their lyres.

I have left it all behind me.
My tongue is scummed with wine
Music shrills the silence
And skin on skin sickens.

Paint the colour rich and true.
Let sensuality stain
This cool ascetic tomb –
Except the inside of the lid:

Here show the boundless ocean
A tree or two with fernlike branches
The framework of a diving board;
Keep it delicate and simple.

And show me stripped to nothing
A naked shining soul in flight
Diving through my sensate life
To the waters of oblivion.

*

Il tuffatore di Paestum

Dipingi questo sarcofago di pietra
Con scene del mio convito funebre.
Raduna i miei compagni d’un tempo
E ponili sopra letti morbidi.

Fa’ che il vino sciolga loro la lingua
Carezza le carni dei loro efebi
Succhia a baci dai flauti melodie
Trai armonie pizzicando le lire.

Tutto mi son lasciato dietro.
Scorie di vino mi impastano la lingua
La musica fa stridere il silenzio
E pelle sulla pelle mi disgusta.

Dipingi tinte ricche e veritiere
Fa’ che la sensualità colori
Questo sepolcro gelido ed ascetico –
Ad eccezione dell’interno del coperchio:

Qui fai vedere l’oceano sconfinato
Uno o due alberi con rami come felci
La sagoma di un trampolino;
Che tutto sia essenziale e delicato.

E raffigurami senza veste alcuna
Un’anima nuda in volo e rilucente
Che attraverso la mia vita sensibile
Si tuffa nelle acque dell’oblio.


Da The Dark Age
2007

Roscommon Rain

When the rain stopped the rain began
And clattered beads of runny light against the panes
Decreased and crept inside the ghosts of sheep
And seeped inside the warmth of prostrate cows.
Then pelted bogs to syrupy peat
Made gravelly lanes glitter again
Beneath the melting greys of cloud and cloud
Pierced the puddles with a thousand stings
Tumbled silver through the hedges
And off the skinned shin-bones of trees;
Swept, soft again, like a haze of locusts
Across the ridge, then shifted shape in sudden wind
Drifting, finer than chimney smoke,
Like a passing pang of some great loss
Away from where more rain was coming in
From somewhere else beyond the world’s rim
Erasing gradually the misconception
That the world had ever not been rain
And rain would cease before the end of time.

*

Pioggia a Roscommon

Quando la pioggia cessò iniziò la pioggia
E picchiettò perle di luce liquida sui vetri
Scemò insinuandosi negli spettri delle pecore
Stillò dentro il calore delle vacche prostrate.
Tempestò le torbiere fino a farne melassa
Tornò a far scintillare sentieri di ghiaino
Sotto i grigi fondenti di nube dietro nube
Perforò le pozzanghere con mille pungiglioni
Riversò argento attraverso le siepi
Ricadendo lungo gli stinchi di alberi scuoiati;
Frusciò, dolce di nuovo, come locuste in sciame
Oltre il crinale, poi trasmutò in un vento improvviso
Trascorrendo, più fine di fumo di camino,
Come scema lo spasimo di qualche grande perdita
Lontano da dove altra pioggia giungeva
Da qualche altrove oltre l’orlo del mondo
Cancellando pian piano l’idea errata
Che mai il mondo non sia stato pioggia
E che la pioggia cessi prima che il tempo muoia.


In copertina: James Harpur.

 

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