Le narrazioni (a cura di Marco Malvestio) – Marco Missiroli, “Atti osceni in luogo privato”, Feltrinelli, 2015

Atti osceni in luogo privato di Marco Missiroli

atti osceni

Si può intuire, dalla scansione dei capitoli, che Missiroli intendesse scrivere un romanzo di formazione: il protagonista, Libero, si racconta attraverso infanzia, giovinezza, adolescenza, maturità, adultità (sic) e infine nascita, cioè il momento in cui diventa padre. Si può intuire, appunto, ma non molto di più, perché in realtà i personaggi di questo romanzo sono sempre uguali, non mutano di una virgola. Libero guadagna un po’ di sicurezza in più con le donne, superato lo scoglio della prima volta (e che patemi infiniti per arrivarci!), il padre si intristisce un po’ dopo il divorzio, la madre dopo il cancro, ma questo è quanto.

Non solo i personaggi sono sempre uguali a se stessi, ma sono anche uguali tra di loro, tutti positivi, tutti bravi, buoni e belli, e tutti stilizzati in pose di insopportabile naiveté. Per la pletora di conformisti che compone l’entourage di Libero, letteratura e cultura hanno giusto il valore di un distintivo che li separa dalle masse (assenti, appunto) – il medesimo valore che per altri ricoprono la fede calcistica o la passione per un genere musicale:

A volte prendevamo il tram e allora compravamo il “Corriere” per segnare i film della settimana e commentare le pagine della cultura e dello sport: Calvino era sopravvalutato? E quelli del Gruppo 63, perché non si rimettevano insieme? Platini era stato l’acquisto del secolo per la Juventus, più di Sivori.

Perfino l’incontro con Sartre con cui si apre il libro, che dovrebbe essere il battesimo culturale di Libero bambino, viene ridotto ad aneddoto spiritoso, e il pensiero del filosofo è riproposto per tutto il libro tramite motti meno che aforistici.

Ma a rendere tanto antipatici questi personaggi è il loro paludoso perbenismo: «Lei sarebbe diventata un politico della gente comune, io un avvocato delle cause giuste, avremmo avuto tre bambini e due cani, possibilmente una tartaruga». La parola giusta per descrivere la loro attitudine spirituale, benché abusata, sarebbe cattocomunismo: «“Cosa pensi del femminismo?” “Qualcosa di buono” “E di Dio?” “Qualcosa di buono”». Verso la fine del romanzo Libero abbandona giurisprudenza per lettere e si trasforma in un ibrido tra il professor Keaton de L’attimo fuggente e Christian Raimo, virando dunque con decisione verso il kitsch più patetico, come quando racconta di conservare la profonda riflessione di un suo studente di colore dentro Il buio oltre la siepe di Harper Lee.

Quanto all’oscenità che il titolo e la copertina millantano, non è pervenuta: si assiste solo a un susseguirsi di corteggiamenti interminabili e di accoppiamenti verbosi, se si esclude quando a New York Libero si improvvisa cuckold – per pentirsene quasi immediatamente, d’altra parte. Né la scrittura esangue di Missiroli avrebbe permesso diversamente, comunque, piatta e meccanica com’è, con poche impennate metaforiche spesso arzigogolate e fuori luogo, soprattutto quando si parla di sesso («una delicatezza di labbra» starebbe a significare un pompino) – la scuola Holden, in altre parole, si sconta vivendo. Insomma, per Atti osceni in luogo privato vale quello che Wilde diceva di Pamela: bisogna davvero avere un cuore di pietra per leggerlo senza sganasciarsi.

Marco Malvestio


In copertina: Marco Massiroli. Foto © Valentina Vasi.

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