Amore e dipendenza al tempo dei social : Follower di Pietro Dattola con Flavia G. De Lipsis

di Marta Cutugno

Ti va se … ti va se … se adesso tu non te ne vai ed io resto qui a guardarti … per sempre ?

Incollarsi all’anima di qualcuno, come un post-it, non costa tanto quanto riuscire a scollarsene e definitivamente. Sparsi ovunque, quei piccoli biglietti gialli richiamano, nell’era social, i nomi di Nina e Pietro, un modo pratico per tenere a mente chi siamo e con chi vorremmo essere.
Ai Magazzini del Sale, sabato 3 e domenica 4 marzo è andato in scena “Follower”, spettacolo scritto e diretto da Pietro Dattola ed interpretato da Flavia G. de Lipsis, con gli elementi scenici di Alessandro Marrone – una Produzione DoveComeQuando / Festival Inventaria.
Nina fa in suo ingresso in scena sulle note di Happy di Pharrell Williams, la sua è una visione lucida, sa perfettamente cosa abbia perduto, cosa manca alla sua vita e cosa rivorrebbe assolutamente indietro. Cercare una via di fuga, Annaffiando lo stomaco dentro a un bar può circuire l’ostacolo solo in apparenza e può deviare per poco tempo lo scandaglio che la scrittura di Pietro Dattola ha puntato interamente su di lei. Soffocare i conati, cercare di superare anche solo per un fugace momento, non le impedisce di fare i conti con tutte le fragilità e le insicurezze che le si ripresentano davanti agli occhi, a portata di mano.

Seguimi, inseguimi, tallonami, pedinami”. Pietro e Nina sono storia andata, non stanno più insieme ma c’è un modo per tentare di andare avanti nonostante l’assenza. Nel testo drammaturgico di Dattola, Follower, una nuovissima ed esclusiva app che permette di seguire qualcuno nella vita reale restando invisibile ed anonimo – non più soltanto attraverso un dispositivo – diventa il mezzo alternativo per sopperire ad una mancanza che devasta ed annulla l’esistenza. Convinta che il suo follower possa essere Pietro, Nina fa spazio, si lascia andare ad una nuova dipendenza e di conseguenza ad un nuovo abbandono. Tra i suoi insistenti “ce la faccio” ai “corri, corri Nina” emerge una voglia matta di non affogare nella paura e di ricercare con consapevolezza un modo per non farsi sopraffare dalle chiuse dinamiche della vita intrappolata entro lo schermo di un dispositivo. Mentre crediamo di rielaborarci emotivamente, reinvestendo ed intrattenendo pensieri ad un nuovo indirizzo, siamo tutti Nina, siamo tutti testimoni e vittime di questo nuovo impalpabile stupefacente che ad ogni secondo, di ogni minuto, di ogni ora, miete le sue vittime. Al tempo della vita social-e che passa attraverso l’inconsistente presenza di chi in fondo non conosciamo e l’effimera gratificazione da like dell’ultima ora, l’incredibile testo di Pietro Dattola regala al suo pubblico un’indagine umana e sociologica necessaria attraverso l’immediato dono di sé e la diretta forza comunicativa di Flavia Germana De Lipsis, che da sola, sulla scena, riesce a restituire praticamente tutte le ombre, le voci, i caratteri.  Nell’ingannevole cercarsi e perdersi e nella mancata profondità dell’attuale, Dattola racconta la crudezza del virtuale, la necessità di usare un filtro dinanzi la nostra reale condizione di vita e le nostre mascherate solitudini che, come risaputo, agli altri non cederemo mai gratis.

 

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