CONSONANZE E DISSONANZE / Quando l’avanguardia è in viaggio. Poesie di Uche Nduka (anticipazione dal prossimo numero di “Crocevia”)

Si pubblica qui uno stralcio dall’articolo dedicato al poeta Uche Nduka, di prossima pubblicazione sulla rivista Crocevia delle Edizioni Besa. Dopo aver tradotto “A Roundelay” di Uche Nduka per l’antologia DKMO – Don’t Kick Me Out (ed. Il Girovago, 2016), sono ritornato con piacere sulle tracce di questo autore che, a mio parere, merita pubblicazione e diffusione in Italia. (l. m.)

 

La poesia dell’autore di origini nigeriane Uche Nduka sembra essere una peculiare elaborazione contemporanea del modernismo poetico incarnato, negli anni Sessanta, da Christopher Okigbo – da intendersi innanzitutto, e nonostante le ascendenze eliotiane e poundiane di quest’ultimo, come “modernismo postcoloniale” e non come derivazione o epigonismo rispetto al modernismo europeo e nordamericano.

A Okigbo, Nduka ha dedicato questi versi: it is obscene not to understand / the opposite of genocide // it is hard to grasp how much grief / is still in me for the death of / that poet shot at Opi Junction in 1967 (è osceno non capire / il contrario di genocidio // è dura poter afferrare quanto dolore / è ancora in me per la morte di / quel poeta ammazzato a Opi Junction nel 1967”). Non si tratta soltanto di un tributo letterario; ad animare queste parole è anche e soprattutto la ferita ancora aperta, nella storia regionale, della guerra del Biafra (1967-1970): al di là delle rappresentazioni sensazionaliste che se ne sono date fuori dall’Africa, il conflitto appare oggi come un evento ha messo in crisi il percorso di indipendenza postcoloniale appena iniziato dalla Nigeria, con effetti che si sono protratti per lunghe decadi e son o arrivati sino ai giorni nostri. Tali effetti a catena che si possono apprezzare ancora oggi nella letteratura nigeriana, tanto nei confini nazionali quanto nella diaspora, come testimoniano, oltre all’opera di Nduka, romanzi come Half of a Yellow Sun (2006) di Chimamanda Ngozi Adichie o il libro di poesia Letter Home & Biafran Nights (2012) di Afam Akeh.

La poesia di Nduka, in ogni caso, non è volta unicamente a costruire un percorso memoriale a partire dalle labili tracce che si possono mettere assieme nell’esperienza dell’espatrio, conosciuta dall’autore prima in Germania e in Olanda e poi negli Stati Uniti. La traiettoria biografica e poetica di Uche Nduka si è confrontata anche, e in modo sostanziale, con la storia della cultura afroamericana, evitando però, allo stesso tempo, quelle tensioni culturali e politiche che si sono talvolta registrate tra le posizioni afroamericane, per così dire, “native” e quelle derivanti da una più recente immigrazione verso gli Stati Uniti.

In “A Roundelay”, il poeta segnalava l’influenza della Harlem Renaissance, e in particolare di Langston Hughes, sulla sua poesia con questi versi: Langston Hughes threw his / books into the sea but they / returned to him intact (Langston Hughes gettò I suoi / libri a mare ma quelli / tornarono intatti verso di lui). Parole ispirate a un aneddoto reale della biografia di Langston Hughes, ma che, se riferite più propriamente all’opera di Uche Nduka, rivelano, per usare sempre le parole dell’autore, una «fraterna solidarietà globale nel segno della vita, dell’arte, dei sogni». E questa non può che ritrovarsi, debitamente aggiornata all’epoca di Black Lives Matter, nei testi che seguono.

È una proposta di lettura che si avanza, non molto tempo dopo la pubblicazione dell’ultimo libro di poesia dell’autore, Sageberry 1 (AMAB, 2017), nella speranza che la poesia di Uche Nduka possa trovare in futuro una nuova, e ancora più convincente, circolazione anche in traduzione italiana.

 

 

From Your Slant

 

Keep chewing gum.

These are metrics of

a meltdown. A

life of seeing and being

seen approaching 130

decibels. A surrender

to the moon kiting in the sky.

Slam the car door

and see who comes out.

Chute, talk, rosebush.

The rubble, this time.

From your slant then from

mine. Or somebody else

ambushed by a mugging.

Is the print of love

becoming too small for you to read?

 

Dalla tua angolazione

 

Continua a masticare la gomma.

Queste sono le misure di

una catastrofe. Una

vita a vedere ed essere

visti che si avvicina ai 130

decibel. Una resa

alla luna guizzante nel cielo.

Chiudi la portiera

e guarda chi esce.

Paracadute, chiacchiere, roseto.

Le macerie, stavolta.

Dalla tua angolazione poi dalla

mia. O anche di qualcun altro

preso nell’imboscata e scippato.

L’amore in lettere, sta diventando

troppo piccolo perché tu lo possa leggere?

 

Ponder the Grit

 

On this black sand

mayhem is not misdirection.

I can’t take

their totalitarian logic

anymore. Don’t cover

this hiatus in fellow-feeling

with mumbo-jumbo. I’m

not here to sound grand

about these Double Agents

of designer protest. Of

course obsessional grottiness

does not come into it. Ponder

the grit of the longest shot. I

don’t seek immunity. I

will not be neutral with calamity.

 

Misura l’impeto

 

Su questa sabbia nera

il caos non è diversione.

Non posso più accettare

la loro logica

totalitaria. Non riempire

questo iato nel mezzo della condivisione

con un parlare che è senza senso. Non sono

qui per fare lo splendido

a proposito di questi Agenti del Doppio

della protesta su misura. Com’è

ovvio lo squallore ossessivo

non c’entra. Misura

l’impeto del colpo più lungo. Io

non cerco immunità. Io

non resterò neutrale di fronte al disastro.

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