di Marta Cutugno
Parterre, la rubrica. Tempi in cui governa, impunita, un’ impersonale assuefazione da ritorno, frutto di un anonimato stilistico che, purtroppo, non fa quasi più paura a nessuno ed invece dovrebbe. Tempi, dunque, in cui è difficile, (ma non impossibile), imbattersi in prodotti musicali di buona manifattura e di carattere, ma qualcuno r-esiste a quel nulla cosmico a cui ci hanno abituati ed alla grigia generalizzazione che racconta il niente per arrivare a tutti.
Lontano da tutto questo, “fieramente arroccato su posizioni di intransigente autoproduzione e autodistribuzione, solenne spregiatore del compromesso assurto a modus operandi” troviamo Humpty Dumpty, al secolo Alessandro Calzavara con “Il Diciasettesimo Difficile Album” dedicato al piccolo figlio Ismaele e pubblicato a luglio 2017. Diciassettesimo perché Humpty ha all’attivo 17 dischi e dal 2005 produce anche canzoni in italiano.
“Diciassette imperturbabili rintocchi bui con carillon consegno al tuo ansimo”. Con i primi accenti di “Carillon”, Humpty affida alla sensibilità ed al piacere del suo pubblico l’ultima fatica, un disco importante, quindici tracce in italiano che non scendono mai sotto i quattro minuti e mezzo e che, come tutti i lavori del cantante-cantautore messinese distribuiti in rete dal 2000 ad oggi, seminano conoscenza e raccolgono riferimenti-omaggi a numerose fonti musicali e letterarie. I testi di questo album vengono fuori dalla scrittura di più mani ed, alle volte, gli stessi autori ne interpretano le melodie per un risultato grandioso, forte e convincente. Dumpty-Calzavara è scultore della parola e del suono e la sua musica stabilisce uno stile unico, e nei significati, e nella personalissima interpretazione vocale: il risultato è un ottimo rock psichedelico con contaminazioni elettroniche, elettropop e postfunk, sorretto da testi che spaziano dalla poesia alla riflessione più cruda e carnale, da mute introspezioni a istantanee che inquadrano realtà e fantasie.
in foto: Humpty Dumpty – Alessandro Calzavara
Dalle sonorità particolari e ricercate di “Indizi” (che chiude l’album) all’intensità luminosa di “Ieri notte”, testo di Giulia Merlino, da “Lass Anderen Sein”, in cui Calzavara mette in musica i versi di Paul Celan – della loro bellezza, un’eco – a “La strada del vetro”, testo di Humpty Dumpty, Giulia Merlino, Viva Corà, “più grande è il dolore, minore è il caso per chi non ha altra scelta”.
E poi: “Nastri”, testo e voce narrante di Stefano Solventi, che racconta della vulnerabilità – “siamo vulnerabili, è il nostro difetto migliore” – imprigionati nelle nostre gabbie di parole, non luoghi, solo parole; – impatto e riflessione muovono “Oleandri”, testo e voce di Salvo Mineo (Calogero Incandela) in cui l’apparente pacatezza dell’interpretazione e la profondità del testo si incontrano-scontrano con un ritmo nervoso e frenetico che ne supporta le intenzioni, in bilico tra “giusto e sbagliato, tra il buono e la merda”; – i tre fortissimi “Gli Dei”, Gli atomi” e “Mr. Lazarus”, su testo di Cateno Tempio; – assuefazione e preghiera all’oracolo inappagato in “La Lunga Coda” testo e voce di Davide Donato; – “Il lavoro è la morte della Bellezza – La Bellezza è il lavoro della Morte”, sei minuti di suoni e pulsazioni senza ombra di parola ma dal chiarissimo messaggio.
L’immagine in evidenza riporta la copertina del disco, opera di Antonello Sechi.
Discografia completa di Humpty Dumpty
[2000] The washing line (centone di 36 brevi canzoni super lo-fi assortite fra nefandezze para-psichedeliche e nequizie goliardiche)
[2003] River flows (accozzaglia di esperimenti al confine fra il mantra-folk e il drone-pop)
[2004] To quote a bromide (soffuso folk pastorale, conciliantemente ebbro pur senza rifuggire una buona dose d’ipocondria)
[2005] Be no more time (metà inglese metà italiano, strano ibrido fra pop estroverso e paturnia apocalittica, summa instabile)
[2006] L’ep di Humpty (5 canzonette synthpop, finto buon umore e necrofilie subliminali)
[2006] Eine traurige Welt für Scheiße Leute (pura idiosincrasia pop, un po’ dark un po’ cynic)
[2008] Q.b. (Una specie di concept album misogino, forse).
[2009] Pianobar dalla fossa (Sfoghi di presets redenti dall’uso maligno e immaginàti al servizio della canzone nascosta. Due gambe e nervi appesi.)
[2009] A mile from any neighbor (A collection of songs on loneliness and the observation of nature)
[2010] Noia e Rivoluzione (Il disco politico di Humpty Dumpty)
[2011] Humptamatic (un acusticamente sentito omaggio all’invulnerabile santità della canzone folk pop psichedelica)
[2012] Finestre alte (15 poesie messe in musica)
[2013] Chucky Chico and the spits of Satan (split lp con il grande Silver Julio, il genio più schivo d’Italia)
[2014] Dissipatio H. D. (Uno svanimento in 13 atti)
[2015] Etnomology, un Sgt. Pepper in chiave cheap.
[2016] Messiness, il disco della sconsacrazione
[2017] Il Diciassettesimo Difficile Album.