POESIA COME SCELTA NECESSARIA – FRANCO FORTINI -FLASHES E DEDICHE 12. (a cura di G.Maffii)-

Franco-FortiniRiporto oggi questi pensieri tratti da Le  mucche non leggono Montale. Fortini sosteneva che cultura è sinonimo di civiltà ovvero è l’insieme dei modi nei quali, in un tempo e in un luogo, gli uomini producono. Questo riguarda anche la poesia nel duplice aspetto di produzione, proprio del poiein, e di pensiero. Sostituiamo i concetti spaziale e temporale. Ribadiamo il senso diacronico che dobbiamo dare al fare poetico. Lavoriamo a questo immenso ipertesto che si crea nell’ “ognidove” e che si congiunge nel “nessundove”. Strutture e sovrastrutture, inevitabilmente. Il poeta quindi è parte attiva nel processo costruttivo di una cultura nuova; è in stato di vigilanza, non deve subire ed incancrenirsi   in una condizione di perenne deluso, o di recluso, nel desiderio dell’assoluto, come sostiene anche Elio Pecora, di cui si festeggiano in questi giorni i suoi primi 80 anni. Sempre parafrasando Fortini, allora la poesia è senza dubbio una scelta necessaria e non è lei ad essere in declino, ma il contorno disumano e disgregante. L’umanissimo deserto che attraversiamo quotidianamente rischia di inaridire anche le coscienze più fertili, sia quelle recettive sia quelle creative. Mi piace riportare un’intera frase  di Franco Lattes Fortini, uomo attaccato alla Storia della storia; la potenza della cultura, in questo caso della poesia “…vuol dire che i mezzi di fare dell’uomo una persona invece che uno schiavo o un tiranno siano nelle mani e nel cervello di color che non sono né schiavi né tiranni, ma persone; vuol dire dare a questi gli strumenti per riconoscersi e a tutti gli strumenti per riconoscerli”.

E QUESTO È IL SONNO
E questo è il sonno, edera nera, nostra
Corona: presto saremo beati
In una madre inesistente, schiuse
Nel buio le labbra sfinite, sepolti.

E quel che odi poi, non sai se ascolti
Da vie di neve in fuga un canto o un vento,

O è in te e dilaga e parla la sorgente
Cupa tua, l’onda vaga tua del niente.

fortini

FOGLIO DI VIA
Dunque nulla di nuovo da questa altezza
Dove ancora un poco senza guardare si parla
E nei capelli il vento cala la sera.

Dunque nessun cammino per discendere
Se non questo del nord dove il sole non tocca
E sono d’acqua i rami degli alberi.

Dunque fra poco senza parole la bocca.
E questa sera saremo in fondo alla valle
Dove le feste han spento tutte le lampade.

Dove una folla tace e gli amici non riconoscono.

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