“UNA FUGA IN EGITTO – rotta virtuale per l’esilio” di Turi Zinna per lo Stabile di Catania

di Marta Cutugno

Un’esperienza immersiva multidimensionale al confine tra la realtà virtuale e la performance dal vivo. Si tratta di “Una fuga in Egittorotta virtuale per l’esilio” che lo Stabile di Catania, puntando alla sperimentazione dei nuovi linguaggi, ha proposto nello spazio del Ridotto della Sala Verga dal 10 al 21 dicembre.

Un progetto di Turi Zinna (che ha curato anche montaggio e regia) che scaturisce da un’idea di teatro totale, accattivante per le scelte tecnologiche ed emozionante per il modo in cui ridisegna e restituisce i temi dell’incertezza e del cambiamento.

Destinatario è un pubblico composto da dieci fruitori alla volta, accolto in un limbo con dieci sedie per un ingresso graduale verso la sala e le sue comode postazioni. Ad attendere ciascun spettatore, un visore Oculus che catapulta in una dimensione lontana, un salto in uno spazio altro.

Il pubblico, indossato il visore – spiega il regista – percepirà di essere all’interno e di essere parte dello stesso ambiente nel quale agiscono i personaggi. Attraverso una combinazione di tecnologie all’avanguardia e paesaggi sonori immersivi, la pièce esplora l’intricata connessione tra memoria, sensi, percezione del mondo, manipolazione e coscienza. Nonché una visione del mondo intrinsecamente femminile inconciliabile con ogni sistema autocratico-patriarcale seppur ultramoderno e tecnologico”.

Ed è così che la scena virtuale si mescola pienamente a quella reale. Basta portarsi, infatti, in avanti col busto per superare una linea sottile e immaginaria di confine e assistere al dialogo tra Turi Zinna e Valentina Ferrante che intrecciano la loro performance dal vivo a quella degli interpreti delle scene girate in video 360° stereocopico, Barbara Giordano nel ruolo di Maria, Marcello Montalto nel ruolo di Giuseppe, Chiaraluce Fiorito nel ruolo dell’Arcangelo Nero, Giovanni Arezzo nel ruolo dell’Arcangelo Bianco che, mescolandosi dapprima ai fruitori, abbiamo poi ritrovato accanto ai suoi compagni di viaggio al momento degli applausi.

È la rivoluzione che, nella rappresentazione di Zinna, si genera nel grembo di Maria e che non trova accoglienza in Giuseppe, conformista e pronto al divorzio. “Un tempio deciso a far strage degli occhi indisponibili a essere programmati. Una Maria che partorirà uno sguardo destinato a liberare il mondo. Una salvezza, non ancora salva, da dover salvare”. La fonte di ispirazione è il noto dipinto di Giambattista Tiepolo,  Una fuga in Egitto. La tela ritrae la Sacra Famiglia in un modo insolito, in una cornice di mare, a bordo di una barca e in compagnia di un asino e due angeli.

Così come insolito è per lo spettatore accostarsi a questa drammaturgia pensata appositamente per la realtà virtuale, un esperimento tra i primissimi in Italia, già pensato ad inizio pandemia e bloccato dagli sviluppi della situazione epidemiologica.  Indagare e ricercare il senso del dire, del fare, del sentire drammaturgico obbliga in questo caso ad un diverso fruire. I paesaggi, le voci, le immagini che appaiono nel visore Oculos avvolgono e accerchiano lo spettatore che avverte di stare dentro al ventre di quella creazione, ne coglie i respiri, sente di farne parte in qualche modo.

Azzerata la distanza tra la poltrona e il palcoscenico, lo spettatore è dentro la storia, può girare la testa e guardare fin dietro alle sue spalle, può sollevare lo sguardo e perdersi tra i rami di immensi alberi e intravederne l’azzurro del cielo. Lo spettacolo è grandemente denso, difficile da raccontare, e corre nel suo flusso vorticoso di visioni ed emozioni al cui pieno servizio sta la parola, accuratamente scelta e generata per questo progetto da tre drammaturghi, Lina Prosa, Tino Caspanello e Turi Zinna. Potente l’impatto con i sensi, per un’esperienza che ha unito drammaturgia a cinema immersivo tridimensionale, arti visive digitali, musica elettronica e tecnica teatrale, tutto concentrato in un’opera digitale intensa e significativa.

 

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