In erba di Federica Ziarelli

Federica Ziarelli

Recensione di Felicia Buonomo

 

«Visto che ho un mucchio di semi dentro

rido

perché sono piccina piccina

e gli anni mi germoglieranno

dalla bocca giardini».

 

Così, Federica Ziarelli, nel suo “In erba”, edito Terra d’ulivi Edizioni. Un testo che – come percepiamo dai versi sopra riportati – ci accompagna in atmosfere piccole – o bambine, come ci suggerisce la poetessa Clery Celeste, che ne firma la postfazione. Ma pregnanti di emotività, tra i giardini del dire poetico, nell’aria rarefatta e come tale intrisa di raffinata immaterialità. La voce della Ziarelli è sapiente, capace – come lei stessa ci narra – di tradurre «i versi delle onde / che si infrangono / senza farsi male». Perché è proprio così come ci dice, o forse ci ricorda: «l’azzurro esiste comunque».

È innocente, ma mai banale, anche il richiamo all’amore, «Prendi il mio amore / con allegria / come a bocca aperta / la pioggia un ragazzino», o l’assenza del soggetto/oggetto amato «un deserto senza argini / insostenibile l’attesa della neve».  Federica Ziarelli apre varchi spaziali, dove contenere, custodire, poter dire, fare spazio alla luce: «Invece della noia / cominciai a disegnare / qualcosa: / faceva più chiarore».

Colpisce la capacità di passare da una scrittura in levare, che elimina, per centrare l’essenziale di un dire che rimane comunque sempre sospeso nell’atmosfera, a una voce narrata. Dal verso, interrotto, che – per antitesi, compone; alla prosa che invece lascia fluire, scorre, travolge con tutta l a gioia accondiscendente del lettore.

La poetessa sembra ricomporre, e creare spazi di manovra laddove le immagini – della natura, dell’arte o dell’umana esistenza interiore – lo richiedono. La parola è scelta, eletta, eretta a padrona degli universi materici ed emotivi, in una natura ambientale che si confonde con l’umano: «Hai imparato a piangere, a dormire, a compiere miracoli: vedo oltre te, oltre i tuoi logori stracci. Vedo oltre la tua capanna quasi estinta: un albero di cocco ci è cresciuto dentro».

 

«E la mia faccia che non cambia

io che non piango,

che ancora cammino luce.

[…]

Per questo vengo oggi alla poesia», ci dice la poetessa nella dichiarazione d’intenti che apre la raccolta, per introdurci in un verso svelto, che sa rallentare. E al contempo viaggia senza sosta, eliminando lo sporco della frenesia. Anche noi veniamo oggi alla sua poesia e lo facciamo con un leggero sospiro di candore, proprio come la sua voce si fa ascoltare.

Felicia Buonomo

 

Se fossi nata

nel mezzo del nontiscordardimé

avrei compreso

questa gran voglia di prato

che mi scalza nell’erba.

Visitata da un verde

che chiedo nel sonno

sopra il verso del gufo,

il mio io è amore e vegetale.

Federica Ziarelli

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