Il volo della celebrazione è il secondo libro del poeta spagnolo Claudio Rodríguez (Zamora, 1934 – Madrid, 1999) ad essere tradotto da Pietro Taravacci per Passigli, dopo Dono dell’ebbrezza (2015). Questa seconda pubblicazione consente di precisare, a beneficio del pubblico italiano, come l’ebbrezza citata nel titolo del primo libro non fosse il dérèglement de tous les sens rimbaudiano o una sua qualche reinterpretazione “maledettista”, coincidendo, invece, con una predisposizione analoga a quella del volo mistico. Un percorso da realizzarsi, beninteso, senza aderire a una qualche teologia positiva – assenza che si verifica in buona parte delle tradizioni mistiche, ad esempio nella “notte oscura” di Giovanni della Croce – bensì, ed esclusivamente, entro i limiti della scrittura poetica.
Del resto, il maestro di Rodríguez, Vicente Aleixandre – al cane di quest’ultimo, Sirio, è dedicato un testo, nel Volo, che è anche un’invettiva contro i “cattivi poeti”, in quanto traditori culturali e politici – aveva descritto il giovane poeta di Zamora come “pieno di purezza e di umanità”, e ancora, “sano nell’anima e pieno di cuore”. E questi sono i valori che la scrittura di Rodríguez espone di continuo, cercando di aderirvi senza che questo dia luogo a una moralistica sovrapposizione sulla realtà o sulla parola poetica: se, ad esempio, in molti passaggi sembra affiorare una sorta di poetica del fanciullino di pascoliana memoria, questa non implica una volontà di rinominazione nuovamente adamitica del mondo, sfociando piuttosto nella ricerca di quella “musica silenziosa” che dà il titolo a uno dei componimenti fondamentali del libro (Música callada, “Musica silenziosa”) e che Taravacci, nell’introduzione, descrive giustamente nei termini di una rivelazione aurorale, non ancora contaminata dalla storia.
“Miserable es el momento si no es canto” (“Misero è il tempo che non si fa canto”): così recita l’ultimo verso di Salvación del peligro (“Salvezza dal pericolo”), evidenziando come sia il ritmo, in primo luogo, a sostenere la visione poetica di Rodríguez. Come per molti altri poeti, allora, e a maggior ragione per Rodríguez, il ritmo diventa di primaria importanza nella traduzione: lo sottolinea lo stesso Taravacci nella nota del traduttore, ricordando i notevoli lavori teorici, in questa direzione, di Henri Meschonnic, Emilio Mattioli, Franco Buffoni e Fabio Scotto. La traduzione di Taravacci è poi all’altezza di quanto teorizzato: davanti al polimorfismo metrico-ritmico del Volo della celebrazione, non si tratta più di ricorrere alle ardue, ma sempre riuscite, combinazioni che si erano rese necessarie per restituire gli endecasillabi nei quali era scandito il Dono dell’ebbrezza, ma le insidie poste dalla traduzione della poesia di Rodríguez restano comunque molte. Taravacci le aggira, le neutralizza oppure rilancia, come si può apprezzare, ad esempio, nella resa di due versi da Lo que no se marchita (“Ciò che non marcisce”) – nunca cautivo sino con semillas / feraces en el alma, mientras la lluvia cae (“mai prigioniero, anzi con semenza / fertile nell’anima, mentre la pioggia cade”) – nei quali l’inevitabile sostituzione di un gioco allitterativo con un altro non inficia, anzi impreziosisce il risultato.
In fondo, che proceda per una serie continua di addii, come ha sostenuto Tomás Sánchez Santiago nel saggio “Todo adiós” (2011), o, come si legge per contro nel Volo, “senza addio”, il ritmo di Rodríguez non può sopportare ostacoli o zoppie nella traduzione. Non si addicono a una parola che, pur inseguendo la purezza della luce o del canto (e chiedendosi anche, sul bordo del nichilismo: “Non è successo nulla o è già successo tutto?”), non si chiude “mai in ritirata”. Lo si legge nell’incipit della seconda parte dell’Elegía desde Simancas (“Elegia da Simancas”), sottotitolata non per caso Hacia la Historia (Verso la Storia): coerentemente con la propria ricerca di una nuova innocenza, la poesia di Rodríguez resta sempre, integralmente, esposta.
Claudio Rodríguez è un grande poeta, che per fortuna sua e nostra, Pietro Taravacci sta ottimamente proponendo a un pubblico italiano a volte disattento alle poetiche e ai testi in lingua spagnola.
Un grazie anche a Lorenzo Mari per la sua attenta lettura.
un abbraccio