Per la rubrica #poetiepoesie, Georg Heym ed alcuni suoi versi di notte e di luna tratti dal volumetto “Ci invitarono i cortili” e altre poesie, cura e traduzione di Claudia Ciardi, collana Acquamarina a cura di Fabrizio Zollo, Via del Vento Edizioni.
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La notte
Dai colli di serpe le accese stelle
sulle torri vacillanti pendono,
frustando i tetti. E il fuoco balza,
spettro nei vicoli della tempesta.
Finestre sbattono con forza. E le vecchie mura
le porte con bocche sdentate spalancano.
Nelle fauci crollano i ponti
ed è la fuori la morte, l’antica.
Rosse e morte le piazze. E immense lune
con rigide gambe i tetti scalano
dei pazienti nel fondo delle camerate schiarendo
la fronte, che smorta diviene come freddo lino.
Corrono folle sparse,
ciechi ossessi, con lance e spade.
In basso rullando vanno, e squillano
travolte dal vento le campane.
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Luna
Di sangue ha già fame. Nel rosso costume
un boia dal ceppo delle nubi si sporge,
e sul crime scuro un tricorno
ornato d’azzurra piuma indossa.
Sopra un vecchio campanile s’avventa
e col notturno incanto i corvi raduna.
Al soffio della sua bianca tibia
sui sepolcri danzano nella tempesta.
E i vermi che il corpo divorano
celebrano l’ultimo funerale
e fuori si riversano, mentre il fischio ingrossa,
come fa nel buio un latrato di morte.
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Dormiveglia
L’oscurità struscia come una veste,
gli alberi vertiginosi sullo sfondo.
Sàlvati nel cuore della notte
intèrrati nel buio,
come l’ape in cella. Diventa piccolo,
dal tuo letto scendi.
Qualcosa i ponti vuol solcare,
con zoccoli ricurvi scava
e attonite sbiancano le stelle.
Come un vegliardo la luna
dondola lassù
con la storta schiena.
(a cura di Marta Cutugno)