FLASHES E DEDICHE – 68 – DENTRO E FUORI IL NIDO – STUDI DI FRANCESCA MARICA

Tra i tanti scritti che leggo e che mi mandano, ogni tanto capita una piacevole sorpresa. Nella gara ad apparire, ad esserci, a mostrarsi (come se poi questo influenzasse la qualità della scrittura) ci sono degli autori/trici che autenticamente si dedicano alla poesia (scrivendo ma soprattutto leggendo!!!) . Una di queste è Francesca Marica che dal suo lago mi manda parole che diradano nebbie e paesaggi autunnali. Non ha ancora pubblicato niente la Marica (tutti i suoi scritti sono uno “studio” ) ma si sta occupando anche di altre cose critiche. Nei suoi versi c’è il riverbero accennato di biografismo che esula dal soggettivismo povero e poetichese. Una capacità analitica verso i sentimenti con coup de theatre che diventano naturali, tra un quotidiano odiato ma desiderato.  È interessante la sua penna e credo che possa riservare ulteriori sorprese. Qui alcuni suoi componimenti sempre in via di aggiornamento.

 

 

 

parlami con la voce,
raggiungimi,
che la carne diventi suono, 
e il suono colpisca l’anima
facendone nido,
riparo dal mondo di là fuori.

raggiungimi,
diventa nido insieme a me

 

 

 

l’abbraccio di una prima mattina

le parole da dire e la paura di non ricordare

lasciare carta bianca alle mani,

consegnare le carezze alla voce –

imbastire fitti dialoghi di necessarie intuizioni

 

 

 

 

ti porto qui dentro di me

all’altezza del cuore – no, lì sarebbe banale, qualche centimetro

più in su, esattamente non saprei collocare –

dove la notte non fa più rumore

e quel che ho da dirti non ha paura di

sembrare una confessione

 

ti porto qui dentro di me

quando la casa vuota vorrebbe parlare

ma io la zittisco con mano pesante

per paura di non sopportare

 

ti porto qui dentro di me

quando sbatto la porta, alzo la voce e poi

prendo a scappare, chè non sempre riesco a

tollerare chi non odora di mare

 

 

 

il mio ventre di donna
ha occhi e singhiozzi bambini
vede senza avere accolto
parla senza avere pianto,
del dolore – quello che ogni donna
dovrebbe provare – non ha ricordo né traccia.
è difficile provare a ringraziare un
corpo che non si è fatto ancora madre

 

 

In autostrada, sospesa tra i ponti,

pensavo al tuo colore, al tuo odore.

le gru all’altezza di Genova sembravano fenicotteri

dalle lunghe gambe innamorati

sulla spiaggia di Sestri ti ho cercato

tra le pieghe più nascoste delle cose

vicino alle  barche coperte di sale

ho immaginato un tuo sorriso a una smorfia
un rimprovero a un mio riso
ti ho scritto che il mare avvolto dalla
nebbia parlava una lingua dolcissima,
e si è fatto burlone per il sole

 

 

 

 

 

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