Un inedito di Ennio Cavalli dedicato a Amy Winehouse nel giorno anniversario della sua morte (23 luglio 2011).
AMY WINEHOUSE
Che spettacolo vederla soffrire, eh, ragazzi!
Troppa droga e troppo alcol,
troppa insicurezza per una così giovane,
si sa, la parte tenebrosa del successo
è un livido mondiale.
Le dicevano “curati!”
prima di spedirla sul palco.
La band eseguiva basi a perdere
quasi scherzando,
mentre lei si trastullava col microfono,
incapace di prendere l’onda.
Si guardava attorno, bambina per caso,
con addosso il sorriso assurdo e riposato
di quelli della band,
contrattualmente su un altro pianeta,
lo stesso pianeta del pubblico
che annaspava tra i “puoi farcela”,
“Amy, puoi farcela”.
Non poteva farcela,
si capiva che non poteva.
Che razza di concerto, ragazzi,
ospiti di rincalzo
applauditi da lei barcollante,
intrusi accolti come salvezza
da una nuvola rosa
che era stata la più brava,
forse lo era ancora,
ma l’avevano gettata col dovuto garbo
nella fossa dei leoni,
per vedere se belava.
Quant’è costato il calvario?
Quale ricavato?
Sembrava impossibile che tutto
andasse a rotoli.
Più che impossibile, inutile,
a quel punto.
Infatti tutto ha retto fino in fondo,
tranne lei,
come hanno sempre retto
il Colosseo
le lapidazioni
o la facilità delle trappole
nel cuore di immense malattie.
In copertina: Ennio Cavalli / Amy Winehouse (© Daniel Boczarski-Redferns-Getty Images)