Paul Wühr (1927 – 2016) – di Antonio Devicienti

Nanni Cagnone fa sapere che Paul Wühr, suo fraterno amico e poeta da lui molto ammirato, è scomparso il 12 luglio scorso; dal 1986 viveva con la moglie a Passignano sul Lago Trasimeno. Scelgo di ricordarlo sfogliando il volume Sage/Leggenda curato proprio da Cagnone e tradotto in modo magistrale da Antonio Rossi per le edizioni Galleria Mazzoli di Modena (2015). Aggiungo soltanto che la morte di Wühr ha avuto eco in Germania, il cui mondo culturale è ben consapevole del valore della sua opera che ha ottenuto in patria numerosi e notevoli riconoscimenti, pur rimanendo diciamo così sommersa per un più vasto pubblico di lettori – fu Paul Wühr con sua moglie Inge Poppe ad aprire negli anni Settanta la prima “Münchner Autorenbuchhandlung” (libreria degli autori a Monaco di Baviera) che promuoveva letture e incontri nel capoluogo bavarese e fu sempre Wühr ad animare la vita culturale della città fino alla sua decisione di trasferirsi in Italia per dedicarsi, nel silenzio e nella concentrazione consentitagli dai luoghi, a un’opera vasta e complessa.

Basta scorrere i titoli delle parti in cui il libro è articolato (Her | Qui; Zu | A; Nur | Solo; Un | Non; Wie | Come; Ab | Da; Da | Qui; Auf | Su; Hin | Là) per intuire come Wühr si muova verso una scarnificazione dei mezzi espressivi offerti dalla lingua tedesca, resa essenziale di pochi nessi avverbiali e preposizionali; questo accade perché Paul Wühr è uno di quegli artisti tedeschi che decidono di fare i conti in modo radicale e impietoso con il passato nazionalsocialista della Germania e lo fanno confrontandosi senza infingimenti né intellettualismi o vezzosità modaiole proprio con la lingua: lo sottolineo con forza perché si tratta di una circostanza fondamentale la quale, venisse a mancare, provocherebbe il crollo di un’intera poetica e il suo svelamento quale mera operazione letteraria priva di nerbo etico e storico. Infatti nel momento in cui scrivo che il poeta decide di fare i conti con il passato nazionalsocialista della Germania, intendo dire ch’egli non solo riflette sul dodicennio hitleriano, ma anche sulle sue radici nella storia tedesca e sui suoi strascichi ben oltre il maggio 1945, che tale riflessione avviene traverso lo smontaggio e il rimontaggio della lingua che è, nel suo uso ufficiale, costruzione sintattica marcatamente gerarchizzata, sistema comunicativo e di pensiero capace di condizionare l’habitus mentale e il comportamento delle persone e struttura linguistico-culturale inserita nel più vasto alveo europeo. Immergersi nella lingua, chiederle conto delle sue strategie espressive, alla lettera “smontarla” e “rimontarla” in quanto nesso tra la mente e il mondo, tra il poeta e la storia, tutto questo significa portare alla luce e affrontare il problema dell’identità tedesca e della sua “innocenza”.

Non è un caso che Paul Wühr già dagli anni Settanta impieghi la tecnica del “montaggio” in opere in poesia, in prosa, in radiodrammi e teatrali che da un lato mettono in scena un “Freistaat” (una Repubblica delle lettere) dove proprio l’atto della scrittura è capace di rendere fattiva la libertà degli individui e dall’altro tratteggiano con modi ironici e parodistici quando non beffardi la mentalità bavarese (il poeta stesso è nativo di Monaco di Baviera e figlio d’un panettiere, non sospettabile dunque d’appartenere a classi sociali “dominanti”) e, quindi, di una Germania occidentale stretta tra la rimozione del passato recente e un “miracolo economico” intriso di perbenismo, arrivismo carrieristico, ipocrisia, ma anche fermenti intellettuali di primo piano. Ed è nel 1997 che pubblica un volume di ben 800 pagine intitolato Salve Res Publica Poetica (una delle cui sezioni s’intitola proprio “Freistaat”) e non solo: si noti che fin dal titolo il poeta si rivolge direttamente alla “Res Publica Poetica”, atteggiamento che caratterizza tutta la sua opera sempre in tensione dialogica e attiva nei confronti del reale; e ancora: quando scrivo “parodistico” intendo il vocabolo nel suo senso letterale ed etimologico, cioè di “rifacimento del canto”, di “cantare accanto”, di “riprendere il canto”, anche, ovviamente, in termini ironici, ma sempre, nel caso di Wühr, per ripensare la tradizione e la cultura tedesche sottoponendole a un vaglio critico impietoso, dal momento che la maestria del poeta nel dominare la lingua e i mezzi espressivi della poesia possiede, in sede estetica, una valenza conoscitiva e un’esigenza etica risolutive.

La questione politica, storica e sociale, la questione tragica e complessa dell’identità viene affrontata allora da Wühr partendo dal livello linguistico che, evidentemente, è capace di penetrare nel profondo di una storia e di una società – in questo senso si può allora affermare che autori come Paul Celan e Arno Schmidt non sono soli nella loro ricerca linguistica che è, contemporaneamente, etica e memoriale, umana e politica in quanto pertiene alla polis, alla sua libertà, alla sua consapevolezza storico-culturale, al suo essere risultato di una storia ben precisa.

Il titolo stesso del libro che sfogliamo ora, Sage, pur tradotto, correttamente, con leggenda (con un sostantivo, dunque) può essere interpretato anche come un imperativo di seconda persona singolare (di’). Questo significa che Paul Wühr si muove tra la riflessione intorno alla “leggenda” tedesca (e occidentale) – cioè la narrazione ch’è stata fatta della storia tedesca ed europea – e l’imperativo etico di dire, di esprimersi circa tale narrazione che è, tra l’altro, quella del perpetrato sterminio e quella della “ricostruzione”. E ritorna anche in questo titolo l’atteggiamento dialogico e attivo di cui scrivevo poc’anzi e non si trascuri il fatto che Paul Wühr alimenti un suo legame privilegiato con taluni autori tedeschi (i primi Romantici, per esempio) che gli consente di raggiungere una profondità storico-critica entro la quale inquadrare in maniera consapevole l’ultimo secolo di storia e letteratura tedesche.

Sage | Leggenda

Disperde
le cose

la leggenda

divergono le sue
esperienze

di’

nel bianco in cui di nuovo
prendiamo il volo

nella leggenda

in quale direzione continuiamo
a girare

nella leggenda

più in profondità
sospinge oggi

di’

con noi la leggenda o
domani con piú colore

di’

apertamente di nuovo a suo
tempo

leggenda

(Treibt sie auseinander | die Sachen || die Sage || drehen ihre Erfahrungen | ab || sage || im Weiß wo wir wieder | einfliegen || in die Sage || wohin geht es weiter | rund || in der Sage || treibt sie es heute | tiefer || sage || mit uns die Sage oder | morgen bunter || sage || wieder ganz heraus zur | Zeit || Sage) (pag. 15).

So | Così

Come dobbiamo iniziare
quando

ci rigiriamo nella
leggenda

che ne sarà
di noi

nel mondo dove corre
la leggenda

oggi
alle nostre spalle

quando con gli occhi
cerchiamo

(Wie wir angehen müssen | als wir || uns umdrehen in der | Sage || was alles werden wir uns | bleiben || wo in der Welt die Sage | geht || in unserem Rücken von | heute || als wir ausschauen) (pag. 19).

Fuß | Piede

Nota alla leggenda con orecchi
al suo piede

capisce cosí verso
dove va da dove

è venuta definisce qui
sé stessa

tacciono i nomi solo
un giardino

ancora si esprime
e le sue rose

non la donna e i morti
che in noi hanno

un nome e annunciano
la nostra lingua

la tedesca in ogni parola
finché neppure una

può con innocenza essere
pronunciata

(Note zur Sage mit Ohren | an ihrem Fuß || damit hört sie wohin | es geht woher || sie gekommen hier heißt | sie sich selber || die Namen unterschlagen nur | ein Garten || schlägt sich noch nieder und | seine Rosen || nicht die Frau und die Toten | die alle in uns || heißen und unsere Sprache | ausrufen || die deutsche in allen Wörtern | bis keines mehr || in Unschuld gesagt werden | kann) (pag. 23).

Lange | A lungo

Da come se ne sta lì
è l’entrata non solo
sotto di lei

già inizia uno
spettacolo la si consideri

questa propensione tedesca
a lungo fin lassù
dove
si possono contare
morti che cadono
nel roseto

(Wie sie dasteht ist das | der Eingang nicht nur | unter ihr || schon beginnt eine | Vorstellung man schaue | sich || diese deutsche Bereitschaft | lange an bis hinauf | wo man || Abgänge fallen zählen | kann in den Rosengarten | hinein) (pag. 26).

Streicher | Streicher

Ultima benedizione molti bambini
silenziosi vengono da donne lasciati andare
ci sono anche

ciotole fra la gente
fuma il giorno in cui si macella
pochi vengono ostacolati

ce ne sono alcuni vestiti
fra animali sopravvissuti
presto sarà l’ora

resta ancora un po’ di tempo
come anche nella vita

accade

si sente infine
una musica

è solo un suonatore di strumento ad arco

a uno solo viene mossa
la bocca

(Aussegnung viele stille Kinder | werden von Frauen gehen gelassen | auch stehen || auch Schüsseln durch die Leute | raucht das Schlachtfest wenige | werden behindert || Bekleidete gibt es einige | zwischen Tieren die ihr Leben | behalten haben || vieles ist bald soweit || es dauert noch eine Weile | wie sie auch im Leben | vorkommt || es wird im Anschluß daran | Musik gehört || nur Streicher || nur einer wird ihr Mund | bewegt) (pag. 27).

Si noti che “Streicher” (che il traduttore lascia in tedesco) significa “suonatore di strumento ad arco” e fa subito pensare ai gruppi di violinisti che accompagnavano i condannati ai forni crematori, mentre il testo che segue è parodia di un celebre canto patriottico nato e diffusosi durante le guerre antinapoleoniche (“die Wacht am Rhein”, vale a dire “la guardia sul Reno”) – spero diventi più chiaro, dopo la lettura di “Wacht”, che cosa intendessi quando scrivevo che “parodia” per Wühr significa “rifacimento del canto”, in questo caso addirittura “controcanto” a un “Lied” che, di per sé, esprime l’amore per la patria tedesca (non differente, per capirci, dai canti risorgimentali italiani), ma che, nella prospettiva storica di quanto successivamente accaduto e anche già nel periodo tardoromantico tedesco dove la “Blut- und Bodenliteratur” (letteratura del sangue e del suolo tedeschi) aveva assunto sfumature razziste, costringe il lettore a ripensare proprio un tratto dell’identità tedesca nato durante le guerre di liberazione dall’occupazione napoleonica:

Wacht | Guardia

C’è un fragore presso la buca
del Niederwald

una voce come di tuono
nel tintinnío di spade

lei diventa la regina
dal profumo di rosa

il tedesco nella
dama di bronzo

che sulla torre di vedetta
vuol

essere guardiano
del lager

(Es braust beim Loch | aus Niederwald || ein Ruf wie Donnerhall | die Königin || aus Rosenhauch wird sie | im Schwertgeklirr || der Deutsche in der | Bronzefrau || die auf dem Wachtturm | will || des Lagers Wächter | sein) (pag. 28).

Anlage | Stabilimento

Vengono tutti spinti fuori a calci
chissà se sanno che lo stabilimento
per loro resterà sempre chiuso

mentre sono schierati danno
l’impressione d’avere questa
sensazione

e specialmente i bambini vengono fatti
tacere

quando le memorie da sé sanno
come con una croce sono segnate e

dove possono chiamarsi per nome
in fila se ne devono andare

(Sie werden alle herausgetreten ob | sie die Anlage wissen bis immer | mehr geschlossen wird || das lassen sie in ihrer Aufstellung | ausschauen wie eine Betrachtung als | solche haben sie || auch besonders alles still gemacht | in den Kindern || als die Gedächtnisse von selber wissen | wie sie angekreutzt sind und || wo sie sich aufrufen können in einer | Reihe müssen sie abgehen) (pag. 29).

Ma non si dimentichi che, oltre alla riflessione linguistica e storica ed etica, c’è pure l’erotismo a costituire un elemento fondamentale della poesia di Paul Wühr, essendo la tematica erotico-amorosa espressione della sua gioia di vivere e della sua riaffermazione pervicace di libertà e di assenso alla vita, per cui non meraviglia la coincidenza tra eros, scrittura e lettura come nel testo che propongo ora:

Lesen | Leggere

Sei scritta dinanzi a me
ti leggo ad alta voce

sento me stesso dire di te
molte parole con attenzione

ti ascolto cosí teneramente
sdraiata

penso che coprirò
le parole

cosí dovrai in me
ammutolire

cosí ti addormenterai su queste
righe

muto è il foglio non
posso

più leggerti tanto sei
bella

sopraggiungono allora parole
del tutto estranee

da me non scritte

stanno dinanzi a me sulle
righe

le leggo ma non mi dicono
nulla

rimangono in silenzio leggono
gli occhi

vedo parole che sempre
scorrono via

nulla di scritto è rimasto
per noi

(Du liegst vor mir geschrieben | ich lese dich ab || ich hör mich von dir sagen | viel Worte schön || dich hör ich so liebreich | liegen || ich denk ich deck die Worte | zu || so mußt du in mir noch | verstummen || so schläfst du auf diesen | Zeilen || still ist das Blatt ich kann | dich || nicht mehr lesen so schön du | bist || da fallen ganz andere Wörter | herein || die sind von mir nicht | geschrieben || sie liegen vor mir auf den | Zeilen || ich lese sie ab ich hör von | ihnen nichts sagen || mich schweigen sie zu die Augen | lesen || ich sehe Wörter die laufen sie || immer nur ab || für uns steht da nichts mehr | geschrieben) (pagg. 69 e 70).

Und | E

Non possiamo scorgerla
è questa la leggenda

nasce un mattino nella febbre è
la sua essenza

non si esprime nel no
vita alcuna

benché a questo punto si debba
comunque giungere

sino alla fine non c’è
morte

benché la si debba da parte nostra
morire

benché in ogni caso ci ritroviamo
sopra il sangue

in questo sole benché
la luce

nella sua verità ci faccia
impallidire

benché questa materia di cui
la terra è fatta

e il cielo

(Dürfen wir nicht wahrnehmen | ist das die Sage || blüht sie morgen im Fieber ist | ihr Dasein || im Nein angekündigt kein | Leben || obwohl es doch dazu kommen | muß || nur niemals bis Ende kein | Tod || obwohl er von uns gestorben | werden muß || obwohl wir doch auf dem Blut | liegen || in dieser Sonne obwohl uns | der Schein || in seiner Wahrheit verblassen | läßt || obwohl dieser Stoff aus dem | die Erde gemacht ist || und der Himmel) (pag. 73).

Früh | Presto

Nessuno ci
misura

il ricordo

sul nastro
sottile di queste

numerate
stagioni

presto

tutte smaltiscono
dormendo i nostri

numeri come fossero
cantati

(Mißt uns keiner | Erinnerung || zu || auf schmalen | Bändern dieser || nummerierten Jahre | Zeiten || früh || schlafen sich alle | aus unseren || Zahlen wie alle | gesungen) (pag. 74).

E il testo che segue conferma quanto scrivevo del rapporto tra Wühr e la tradizione anche letteraria tedesca, essendo Walter von der Vogelweide il massimo poeta lirico del Medioevo tedesco (poeta d’amore e poeta civile) ed essendo la sua “frowelîn” (Fräulein) la destinataria di numerose liriche d’amor cortese le quali, naturalmente, adombrano il rapporto del poeta con l’eros, con il mondo, con la natura e con la società (feudale) del suo tempo:

Fräulein | Signorina

La mano sinistra tiene
in sé la stessa parola

di Vogelweide porta qui
ricordi

brutti da abitare buoni
per dormirci fra l’altro

in due è ancor meglio

non solo la sua ombra
ma anche il suo nome
ricopre

la signorina

il nome certo non solo
di Vogelweide stesso

non lascia in noi il minimo
dubbio lascia

la sua mano sinistra

(Die linke Hand aus Sprache | hält selber Wort || als Vogelweide trägt sie hier | Gedenken || schlimm zu wohnen auf | zu schlafen gut darunter || besser noch zu zweit nicht || nur ihr Schatten || auch ihr Name deckt sie | zu || das Fräulein || der Name freilich auch nicht | nur von Vogelweide selber || trägt hier keinerlei Bedenken | loszulassen lose || seine linke Hand) (pag. 83).

Ed ecco esplicitata anche nei titoli la questione dell’identità e dell’eredità nazionale; si noti che non solo in questa sezione (è quella intitolata “auf/su”), ma anche in altre lo stesso titolo si ripete per più componimenti, quasi che i diversi testi siano anche variationes del medesimo tema – “Deutsch” è titolo di 8 componimenti nei quali viene “parodiato” l’inno nazionale tedesco:

Deutsch | Tedesco

recito adesso il mio scientifico
canto solare

inizia press’a poco cosí quando il sole
gradualmente

si esaurisce in modo irreversibile cioè
partecipa

a un superiore stato d’entropia allora io canto
poiché alta cosa

diventa si conserva una parte dell’energia
da esso emanata

e noi stessi proveniamo adesso
dall’organismo da noi

a questo scopo sulla terra utilizzato e già
mi ritrovo

con questo inizio alla fine per produrre
molecole e avanti

(sage ich jetzt meinen wissenschaftlichen | Sonnengesang her || der fängt etwa so an wenn die Sonne | sich allmählich || erschöpft unabänderlich also einem | Zustand || höherer Entropie zusteuert so singe ich | weil hoher Dinge || wird geht es weiter ein Teil der von ihr | ausgeströmten Energie || und jetzt kommen wir selber dran von | Lebewesen von uns || auf der Erde dazu benutzt und schon | bin ich || am Ende mit diesem Anfang um Moleküle | zu bauen und auf) (pag. 181).

Deutsch | Tedesco

canto qui il sole
in guisa nazionale
per far sí che la nazione
come un sole

in questa leggenda
possa dissolversi
solo un po’ piú rapidamente
se ciò non si trasforma

in un solare canto nazionale
o

(singe ich hier die Sonne | national an | um die Nation wie eine | Sonne || zerfallen lassen zu können | in dieser Sage | nur etwas schneller wenn | das kein || sonniger Nationalgesang | wird oder) (pag. 183).

Deutsch | Tedesco

lo devo dire è stato un mio
errore

aver paragonato una nazione
che proprio piú non esiste

penso io del tutto o cosí del tutto
mai è esistita

al sole che nella sua
totalità cosí

energicamente si dissolve ma
lasciamo che

per una volta cosí sia
nella mia leggenda popolare

infatti qui di nuovo si dissolverà
ciò che davvero

si era dissolto tedesco
e non solo

o come posso tornare
in un regno

ridotto a metà e poi
diventato grande

di nuovo tedesco o non solo
ma torniamo
dalla natura alla scienza
quindi se

qui tutto si dissolve ossia anche
il paragone con il sole

senza irradiare una qualsivoglia
energia nazionale

eccomi allora dal punto di vista
delle scienze naturali

giunto proprio alla fine del mio
canto solare

o forse non ancora se
continuo

(muß gesagt werden mein Fehler | war || die Nation die es gar nicht mehr | gibt || ganz meine ich oder so ganz doch | nie gegeben hat mit || der Sonne verglichen zu haben | die als Ganze || gar so energisch zerfällt aber | lassen wir || es doch einmal so stehen in | meiner Volkssage || da wird eben weiter zerfallen | was ganz heilig || zerfallen war nur nicht nur | deutsch || oder wie komme ich da in ein | Reich heim || das halb ganz wurde und dann | groß || nur nicht nur deutsch wieder | aber zurück | wieder zur Wissenschaft von der | Natur also wenn || alles hier zerfällt nämlich auch | der Vergleich mit der Sonne || ohne irgendwelche nationalen | Energien auszuströmen || so bin ich hier mit meinem | Sonnengesang || naturwissenschaftlich ganz schön | am Ende || oder doch noch nicht wenn ich | fortfahre) (pagg. 184 e 185).

La voce di Paul Wühr è una di quelle che costringono il lettore italiano a ripensare in modo serio i numerosi clichés accumulatisi attorno all’idea di Germania e il lettore tedesco a riconsiderare la propria identità e storia e cultura – e vale la pena riflettere sulla via ardua ed estremamente problematica intrapresa dall’autore bavarese che, proprio come l’altro suo conterraneo, W. G. Sebald, sceglie di andare a vivere all’estero, coltivando un amore totale a una lingua attraverso la quale entrambi sottopongono a vaglio critico una cultura ormai millenaria. E mi piace qui ricordare che un’altra autrice, austriaca per nascita ma spinta dalle medesime ragioni, Ingeborg Bachmann, sceglie a sua volta l’Italia come sua terra d’elezione e conduce una lunga, dolorosa riflessione sulle capacità stesse della lingua a dire l’orrore e il reale, mentre Paul Celan vive a Parigi ripetendo, per certi versi, la scelta di un grandissimo predecessore, di quello Heinrich Heine la cui vicenda personale e la cui opera letteraria costituisce ancora oggi per la Germania una “ferita” non rimarginata (“die Wunde Heine” è notissima definizione di Adorno che in un suo magistrale saggio discute sull’antisemitismo e sul rapporto tra la cultura tedesca e Heine). E non dimentico che Arno Schmidt sceglie una sorta di “esilio interno” quando si stabilisce in una spartana casa di legno a Bargfeld in Bassa Sassonia dove scriverà alcuni dei suoi libri maggiori nei quali affronterà anche la questione dell’identità nazionale.

L’intervento di Nanni Cagnone, che in Sage precede la nota in chiusura del traduttore, splendido per sapienza critica ed eleganza di stile, illumina l’opera dell’amico, suggerendone un’interpretazione di poesia-richiamo nei confronti del mondo e contemporaneo lasciarsene richiamare: “Paul Wühr, der Magus in Süden. L’asprezza e accoglienza della sua opera smuove pensieri, invoglia legami. Fa contrasto alla poesia odierna, che sembra ridursi a sopravvivenza cerimoniale, la fierezza di questa solitudine immersa tuttavia nella tradizione — senza passività sfiducia ebbrezza, tra l’ascetico volere del presente e la generosità inesausta del passato (pagg. 231 e 232)”; “Non si cerchi entro questa disadorna poesia la doviziosa mentalità della metafora; a governarla, le contiguità pericolose, l’attrito di minime – dubbiose o dannose – relazioni. Chiedo per lui la LXVIII sūra del Qur’ān (‘Nūn, o il calamo’), ove si dice: «A spingerti, è un magnifico carattere». Ne forzo il senso, volgendolo verso l’ininterrotto scorrere del calamo sui fogli, in quella stanza di studio, a Passignano. Un lungo viaggio imperterrito, notturno, e quanti incontri — un isrā’ (pag. 233)”.

Antonio Devicienti


In copertina: Paul Wühr (Foto: © Heidi Fenzl-Schwab).

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