Ad agosto Carteggi Letterari si prende una pausa e sospende la programmazione ordinaria. Riproporremo post apparsi nel primo anno di attività. Recensione di Marta Cutugno a “La fille du régiment” di Donizetti (pubblicato il 28 settembre 2014).
Grande folla, teatro pieno, tanto caldo e tanti ventagli quanti spettatori, per l’ultima recita de “La fille du régiment” a Palermo. L’opéra-comique in due atti di Gaetano Donizetti, che tanto divise critica e pubblico nella Parigi del 1840, torna al Teatro Massimo – nella versione francese – dopo cinquantacinque anni e con l’allestimento che nel 1959 Franco Zeffirelli concepì proprio per il Massimo. Nel 1964, in occasione de la Fille al San Carlo di Napoli, Zeffirelli affidò la regia a Filippo Crivelli che da allora, con immutato entusiasmo, ripropone questo coloratissimo allestimento che conferisce all’ambientazione grande profondità prospettica, allegria e vivacità. Durante l’ouverture sono state proiettate alcune imageries di Epinal cui le scene dipinte si ispirano, introducendo così, sin dalle prime note, un’atmosfera fumettistica, fiabesca e grottesca allo stesso tempo.
La regia di Crivelli si è rivelata sensata, effervescente e fedele allo spirito dell’opera, formando, in simbiosi con scene, costumi e con le luci di Bruno Ciulli, un unico grande blocco comico e gradevole. Tutto giocosamente scorrevole e adeguato, persino il buffo notaio col caschetto grigio cenere alla Raffaella nazionale e il make-up del maestro di ballo: pesanti quasi quanto panelle e sfincioni palermitani alle 07:45 del mattino.
Briosi anche gli accennati movimenti coreografici e le brevi corsette di coristi e comparse, lungo il piccolo sentiero del villaggio tirolese, che, per pendenza e velocità, hanno rischiato simpaticamente – rataplàn, rataplàn – di raggiungere in volo gli spettatori nel terzo ordine di palchi.
La direzione d’orchestra, affidata al M° Benjamin Pionnier, è risultata sottotono, poco scintillante e priva di quella giocosità che opere come questa richiedono. Le sonorità orchestrali hanno maggiormente emozionato laddove la partitura esigeva una lettura più sentimentale.
Molto bene il Coro del Teatro Massimo diretto da Piero Monti: a parte poche imperfezioni nelle prime battute del “Sainte Madone” – peccato da cui verranno assolti recitando due postine del Santo Rosario – il coro ha eseguito tutto con grande precisione; il XXI reggimento, che riveste un importantissimo ruolo “paterno” nell’opera, si è distinto sia per la curata vocalità e la perfetta dinamica che per l’ottimo movimento scenico.
Il personaggio di Marie ha trovato in Desirée Rancatore un’interprete incantevole, divertente e vocalmente agile. La bella e brava palermitana, ipnotizzando il suo pubblico da capo a fine ha raccolto, commossa, lunghi e meritati applausi soprattutto dopo “Il faut partir”, che ha riletto con delicatezza e sensibilità. La romance è il canto dell’addio di Marie costretta a seguire la zia Marquise de Berkenfiel (in realtà sua madre) e lasciare l’amato Tonio e i papà-soldati del reggimento che l’hanno amorevolmente allevata.
Celso Albelo, nel ruolo di Tonio, è apparso, in generale, vocalmente affaticato, molto intenso nel duetto d’amore con la Rancatore e dotato di buona presenza scenica. Sforzando alle volte nel registro acuto, il tenore ha compromesso la difficile cavatine “Ah! mes amis” con i temuti nove do in questo caso fuori controllo.
Bravo, simpatico e preciso Vincenzo Taormina come Sulpice. Francesca Franci è stata una spiritosa Marquise de Berkenfield dalla elegante vocalità e brillante nella famosa lezione di canto del Secondo Atto.
Filippo Luna ha vestito i panni della Duchesse di Crakentorp con una perizia assoluta. Eccezionale nella modulazione di gesti e toni del ruolo en travesti, è giunto sul fondo della scena su un cavallo bianco “a ruote”.
A completare il cast Paolo Orecchia (Hortensius), Pietro Arcidiacono (un Notaire), Emanuele Cordaro (un Caporal), Alfio Marletta (un Paysan) e Giuseppe Bonanno (maitre de ballet).
Tutti hanno brillantemente accompagnato l’opera sino al lieto fine – che vuole Marie, scampata a un matrimonio d’interesse, sposa di Tonio – e contribuito alla realizzazione di uno spettacolo delizioso e apprezzato “à l’unanimité”… e salut à la France!
Marta Cutugno