di Ilaria Grasso
Nella cultura occidentale le cose non hanno anima, a differenza di quella orientale in cui ogni entità dell’universo ne è dotata. La poesia di Mazziotta è senza dubbio quella che potremmo definire “poesie delle cose”. Solo i poeti o i fotografi sembrano avere questa particolare attenzione a questo aspetto delle immagini che ritraggono cose, la loro disposizione e la relazione tra di esse. La descrizione puntuale del disordine (o dell’ordine) non parla di entropia o di come far fronte a quello che solo apparentemente è caos. Come pennellate le parole riempiono il centro della tela via via estendendosi fino alla cornice quadra. Finalmente mettiamo a fuoco la visione di un rapporto stantio come l’acqua lasciata da un ombrello sul pavimento, forse per distrazione o per la poca importanza a ciò che si sta perdendo. I concetti si affastellano, nella lettura, ammassati come oggetti, mentre andando avanti i sentimenti passano dalle cose agli animali come fossero in vasi comunicanti. Comunicando davvero al lettore. Confidando a lui le cose come stanno.
non è solo disordine l’ombrello che sgocciola
e inzuppa il tappeto sull’uscio e forma un rigagnolo
e urta il perimetro e chiazze e lividi bordi
che a oltrepassarli la casa è poltiglia di carte
foglie di calce e residui di liquidi appositi
per galleggiarci in bottiglie le mosche le larve
e scarti di tetto:
palude
e forse due ratti che sanno di essere in trappola.
ovunque si spostino è acqua e qui intanto ristagna.
Da POSTI A SEDERE – Valigie Rosse