di Daniela Pericone
Caravaggio, Crocifissione di San Pietro, 1604-1605 (Roma, Chiesa di Santa Maria del Popolo)
Il secondo dipinto commissionato a Caravaggio, insieme alla Conversione di San Paolo, per la cappella Cerasi della chiesa di Santa Maria del Popolo è la Crocifissione di San Pietro. Come già nella prima opera, il pittore sceglie di amplificare le dimensioni dei personaggi per migliorare la visione a distanza ravvicinata della cappella. Nella tela campeggia in piena luce il corpo del vecchio Pietro mentre viene crocifisso a testa in giù, dal cui volto traspaiono lo sgomento, la sofferenza e insieme la rassegnazione alla crudeltà della sorte che sta subendo.
Caravaggio, Crocifissione di San Pietro, particolare, 1604-1605 (Roma, Chiesa di Santa Maria del Popolo)
L’evidenza fisica con cui sono rappresentati gli aguzzini, colti nello sforzo di issare la croce su cui è inchiodato il santo, si perfeziona nella resa dei dettagli, dalla corda tesa che proietta la sua ombra sulle spalle dell’uno ai piedi sudici dell’altro.
È qui in gioco una delle innovazioni artistiche più rivoluzionarie di Caravaggio, la scelta di raffigurare, non solo nelle pitture profane, ma anche in quelle sacre, gli esseri umani nella loro reale fisicità, con i volti e i corpi segnati dalla vecchiaia e dalla fatica, le membra sporche e le vesti lacere, tracce reali di quella condizione di fragilità e sofferenza che accomuna l’umanità. Se da un lato tale risoluzione suscita scalpore e malcontento in alcune fasce della società più legate alla tradizione sia artistica che religiosa, dall’altro costituisce la via a un immediato coinvolgimento emotivo, forse la motivazione profonda del successo della pittura di Caravaggio presso un pubblico vastissimo.