FRANCESCO ALFARANO E L’ANCORA AZZURRA
La rete, la rete. Tra delusioni egoesplosioni e tanta roba inutile, si ha la fortuna di rimanere impigliati tra le corde di una poesia tesa, nervosa e fluente. Una poesia come “stream”. Potente e imagica. Alfarano è una voce-non voce, che cerca una mappa del tesoro, una mappa walkottiana, territorio e aria, il palpabile e l’imprendibile niente, da cui escono frammenti che si riuniscono in una lirica a delta, tante possibilità e soluzioni; una bella scrittura che spero possa preludere ad un sostanzioso atlante poetico in divenire. Lo attendiamo appoggiati ad un’ancora azzurra.
me lo ricordo di quando perdemmo l’autobus
e camminammo per tutta la notte
e quando trovammo una mappa del tesoro su un’ancora azzurra
e ci imbarcammo per cercare l’isola dei vent’anni
per vent’anni
lasciando i vecchi giochi sul balcone a diventare cose
e quando inciampai su un polso di morto nascosto fra le zolle
e qualcuno mi disse
che anche le primavere diventano viola
e si spaccano come fioroni
e l’uomo del bar non poteva saperlo
che sarebbe morto ridendo con una sigaretta in mano
in una controra di cani gialli
e festivalbar sparati a palla dalla finestra accanto
ma gli occhi gli luccicarono come fari
e quando qualcuno si ammutinò
per una figlia da chiamare Itaca
e lo seguimmo col cannocchiale fino all’orizzonte incarnito
e quando venne una ragazza vestita di foglie
e disse che l’amore non è dialogo ma incanto
non comunicazione
ma contemplazione
e vive di silenzi
e andò via
in silenzio
nella nebbia
e nella nebbia di quell’isola
tra le leggende di sveglie e coccodrilli
riconoscemmo l’infanzia
ma era Spugna l’unico ad essere rimasto bambino
con la faccia rossa e gli occhiali spessi
rispondeva con gentilezza
e si sedeva a guardare le farfalle
io non so
se quest’anno seduto al bar con una sigaretta fra le dita
stia aspettando una sconosciuta che lasci cadere un fiore
o gatti da inseguire
fino a un giardino segreto
dietro il take away
pieno di teatri in legno maciullato e fenicotteri d’oro
girandole
e case a forma di baobab
io non so
questo giorno
paroliere senza storia
gondoliere annoiato
giocatore di briscola
con una canottiera stesa ad asciugare
e solo l’afa
ma me lo ricordo di quando perdemmo l’autobus
e camminammo per tutta la notte
e quando trovammo una mappa del tesoro su un’ancora azzurra
la vita è una palla magica
nelle mani di un bambino che mi chiama signore
Francesco Alfarano nasce a Bari il 20/10/1987. Studente fuoricorso di medicina, nonché incallito perdigiorno, nel 2008 partecipa all’antologia collettiva “LiberaMente”, curata da Liù Bosisio per la Buffoni Maledetti Editore. Nel 2010 invece pubblica “Albeggia ma non ce ne frega un cazzo”, con l’editore Arduino Sacco.
foto Giulio Maffii