InVersi Fotografici XIX – Del visibile e altre incertezze – Donatella D’Angelo Vs Wallace Stevens

di Cinzia Accetta

L’inverso Fotografico di oggi è una “visione semplice” sulle cose che si offrono ai nostri occhi “qui e ora” secondo una percezione orizzontale che contrasta con la verticalità trascendente di una ricerca di un senso altro. L’altrove è proprio di fianco a noi. Non si cela alla vista ma si offre nella quotidianità dei gesti, delle scelte che l’uomo compie lungo il cammino, l’esserci come il non esserci rappresentano l’unica via di affermazione della nostra volontà di interferire con la storia della quale facciamo parte nostro malgrado. La storia di tutti i giorni, quella che accade in una stanza e quella che si fa nelle piazze passa per la semplice scelta di esserci qui e non li, adesso o poi, secondo una danza di presenza/assenza alle cose del mondo. L’uomo si fa presenza corporea a riempire uno spazio, pensiero immanente, azione materiale, interferenza reciproca. Corpo e mente sono gli strumenti con cui interagire o astenerci nell’impossibilità sartriana del non scegliere.

Il corpo si trasporta, si usa per comunicare, suscitare emozioni, si immola alla macelleria sociale e mediatica dei mass media. L’essere corpo, ossia materia da forgiare ed esibire, diventato l’imperativo dominante una società estetizzante e consumistica. La fotografa che ho scelto – Donatella D’angelo – scardina la visione del corpo eroticizzata o narcisistica e indaga la naturalità dell’essere umani, tornare materia che trasmette sentimenti, postura volta a comunicare il sentire. Questa traccia dell’essere al mondo che la D’angelo chiama “anima” mentre per Stevens è «il colore anonimo dell’universo». Oltre c’è solo il nulla.  Lo sguardo che semplicemente guarda, senza riflettere: «the simple seeing, without reflection». Non siamo altro che quello che siamo hic et nunc. Conviviamo con questo essere materiali e transitori. “C’era una volontà di mutamento, una necessità, un’urgenza, un’offerta, una specie di mondo volatile” scrive Stevens. Di tutto l’essere noi resteranno solo le nostre scelte.

los respiros del alma
los respiros del alma

Da alcuni anni la fotografa milanese Donatella D’Angelo sta indagando attraverso la fotografia e la grafica digitale l’impronta del corpo nello spazio, la terza dimensione, il fattore tempo che corrompe la carne e rappresenta il passaggio, usando sapientemente tempi di posa lunghi e mossi controllati. Se ad primo sguardo le sue pose ambientate in ambienti domestici rarefatti ricordano quella sofferenza dell’essere al mondo della Woodman a ben guardare scorgiamo un tentativo di superamento della rappresentazione tridimensionale del reale di certa fotografia surrealista alla Duane Michals. La carne si corrompe di continuo, il corpo esibisce il senso di quello che siamo.

il corpo è il linguaggio​ tra il mondo visibile e quello invisibile (D’Angelo)

Mimesis #10
Mimesis #10

«non cerchiamo niente al di là del reale» e tuttavia «non sappiamo che cosa è reale» (Stevens)

Cos’è reale? Ciò che è ora già è trascorso. “Nell’istante della parola, l’ampiezza di un accelerando muove, cattura l’essere, lo amplia – e non è più”. Wallace Stevens si interroga sul senso del poetare, sulla poesia come strumento di conoscenza, suprema finzione, «la teoria della poesia è la teoria della vita»:  “Della poesia non si dimostra l’esistenza… E’ l’armonia alta, vasta, che risuona Appena… E’ e non è, E perciò è”. Esiste una poesia che mai giunge alla parola?

Melì#1
Melì#1

Da Armonium (1923)

DELLA SUPERFICIE DELLE COSE

I

Nella mia stanza il mondo è al di là della mia capacità di capire;
ma quando cammino vedo che consiste di tre o quattro colline e una nuvola.

II

Dal mio balcone scruto l’aria gialla,
leggo ciò che ho scritto:
“La primavera è una bella che si sveste”.

III

L’albero d’oro è blu.
Il cantante s’è alzato il mantello sul capo.
La luna è nelle pieghe del mantello.

*

ANEDDOTO DI UOMINI A MIGLIAIA

L’anima, disse, è composta
del mondo esterno.

Ci sono uomini dell’Est, disse,
che sono l’Est.
Ci sono uomini di una provincia
che sono quella provincia.
Ci sono uomini di una valle
che sono quella valle.

Ci sono uomini le cui parole
sono come suoni naturali
dei loro luoghi
come il chiocciare dei tucani
nel luogo dei tucani.

Il mandolino è lo strumento
di un luogo.

Ci sono mandolini delle montagne occidentali?
Ci sono mandolini del chiar di luna settentrionale?

Il vestito di una donna di Lhasa,
nel suo luogo,
è un elemento invisibile di quel luogo
fatto visibile.

*

IL SENSO EVIDENTE DELLE COSE

Dopo che le foglie sono cadute, torniamo

al senso evidente delle cose. E’ come se

fossimo giunti alla fine dell’immaginazione,

trapassata in inerte sapere.

E’ difficile persino trovare l’aggettivo

per questo freddo vuoto, questa tristezza senza ragione.

La grande struttura è diventata una casa qualunque.

Nessun turbante traversa i pavimenti invecchiati.

Mai così tanto la serra bisognò che fosse dipinta.

Il camino ha cinquant’anni e si curva di lato.

Un incomparabile sforzo ha fallito, una ripetizione

nel ripetuto ritorno di uomini e mosche.

L’assenza di immaginazione doveva tuttavia

essere immaginata. Il grande stagno,

il suo senso evidente, irriflesso, le foglie,

il fango, l’acqua come vetro sporco, emanano un silenzio,

come il silenzio di un topo venuto a vedere,

il grande stagno e il suo spreco di gigli, tutto

si doveva immaginare, come una conoscenza inevitabile,

richiesta, siccome necessità richiede.

*

Da Idee dell’ordine (1936)

RIAFFERMAZIONE DEL ROMANTICO

La notte non sa nulla dei canti della notte.
È quel che è come io sono quel che sono:
e nel percepire ciò percepisco meglio me stesso

e te. Solo noi due possiamo scambiare
ciascuno con l’altro quel che ciascuno ha da dare.
Solo noi due siamo uno, non tu e la notte,

né la notte e io, ma tu e io, soli,
tanto soli, così profondamente con noi,
così distanti dalle solitudini casuali,

che la notte è solo sfondo ai nostri io,
supremamente fedeli ciascuno al suo diverso io,
nella luce pallida che ciascuno getta sull’altro.


Donatella D’Angelo, fotografa, grafica e illustratrice nata a Milano. Lavora dagli anni ‘80 nel campo delle arti visive. Nel 2000 inizia diverse collaborazioni anche nella scrittura e nella comunicazione. Organizza laboratori creativi e fotografici per adulti e ragazzi delle scuole. Dal 2009 intraprende un lavoro di ricerca fotografica personale e autobiografica che ha come soggetto principale il corpo e l’identità. Fa parte degli artisti selezionati per il secondo volume dell’antologia sull’autoscatto curata da Giorgio Bonomi in uscita nel 2014. Dal 2010 espone in collettive e personali, in Italia e all’estero ed è apparsa in varie pubblicazioni. Vincitrice della seconda edizione del concorso nazionale LABirinti Fotografia 2015.

Mercoledì 28 ottobre 2015 inaugura la sua mostra di LABirinti Fotografia a Torino presso la Galleria OBLOM

PRINCIPALI ESPOSIZIONI

ORNAMENTAL EROTICA, personale, Milano, 2010/2011
FALLEN ANGELS, personale, Milano, 2011
SING[S] OF LIFE, BE THE CHANGE, collettiva, Milano, 2011
AUTOBIOGRAPHIED’ARTISTE, BE THE COLOR INSIDE, collettiva, Milano, 2012
IL SESSO E LA SEDUZIONE, collettiva, Milano, 2012
CARNEM, collettiva, Milano, 2012
QUANDO L’ARTE E LA POLITICA S’INCONTRANO: LA VIOLENZA SULLE DONNE, personale, Milano, 2013
LA CARNE CHIEDE CORAGGIO IN CAMBIO DELLA FEDE, personale 3 date, Milano, 2013
IL SOPRUSO SILENTE, Collettiva itinerante Ferrara, Firenze, Siena 2013

ESTAMPADURA – TRIENNAL EUPROPEENNE DE L’ESTAMPE CONTEMPORAINE, collettiva, Castelsarrasin (Touluose) 2013

LA POETICA DEL CORPO, IL CORPO POETICO, AL FESTIVAL DELLE ARTI, Collettiva 3 date, Venezia – Milano 2013, Torino 2014
FESTIVAL DELLA FOLLIA, Collettiva, Torino 2014

ESPRESSIONI,Collettiva, Milano 2014

MADRESTREGAtributo al Femminino, video esposizione personale, Roma 2014

VINCITRICE DEL SECONDO CONCORSO NAZIONALE DI LabitintiFOTOGRAFIA 2015

con il progetto fotografico: LOS RESPIROS DEL ALMA ©Donatella D’Angelo e Josè Lasheras

  

PRINCIPALI PUBBLICAZIONI

 IL FOGLIO CLANDESTINORivista aperiodica – anno XIX – numero doppio 76/77 (Edizioni del foglio clandestino) in copertina: “Hospitium Peregrinorum”, foto digitale 2010

IL FOGLIO CLANDESTINORivista aperiodica – anno XX – numero 78 (Edizioni del foglio clandestino) 12 ritratti mamma bambini della serie: “Rinascere Madri”, foto digitali 2012

SESSO MUTANTE, i transgender si raccontanodi Alessandra MR D’Agostino (Edizioni Mimesis) contributo fotofragico: “Andrea, ritratto”, foto digitale 2013

STYLE, Corriere della Seraanno 6 numero 1 – gennaio/febbraio 2013 (RCS MediaGroup) contributo fotofragico all’articolo: “ho fatto strike”, di Severino Colombo

IL VERRI“Gli eccessi dell’io” Rivista fondata da Luciano Anceschi – numero 55, giugno 2014  (Edizioni del Verri) in copertina: “Non si può scindere l’anima dal corpo che la contiene, self portrait”, foto digitale 2013

Wallace Stevens (Reading, Pennsylvania, 1879 – Hartford 1955) è uno dei poeti statunitensi più importanti. Dopo una laurea a Harvard e studi alla New YorkLaw School, diventò avvocato nel 1904. L’esordio poetico, in piena maturità, su riviste come “Poetry e Trend“, lo proiettò subito tra le voci più notevoli del movimento modernista, e la sua prima raccolta, Harmonium (1923; n. ed. 1931), rappresenta già un punto d’arrivo importante di una ricerca poetica in cui l’immaginazione e lo spessore metaforico del linguaggio occupano un ruolo centrale. Le raccolte successive sono Ideas of order (1935), The man with the blue guitar (1937), Parts of a world(1942). Pubblicò quindi l’importante Notes towards a supreme fiction (1942; trad. it. nella rivista “Letteratura“, 1954), sorta di trattato in versi sulla poesia, poi ricompreso nella successiva raccolta Transport to summer (1947); a quest’ultima seguirono The auroras of autumn (1950), Selected poems (1953) e l’edizione complessiva The collected poems of W. S. (1954), comprendente una sezione di poesie inedite, The rock. Va ricordata la produzione saggistica (The necessary angel: essays on reality and the imagination, 1951; trad. it. 1988), che testimonia tra l’altro l’attenzione di Stevens ai rapporti tra poesia e arti visive. Oltre a Opus posthumous (1957; ed. accr. 1989), che raccoglie poesie, drammi e prose sparse, postumi sono usciti, a cura della figlia Holly, l’epistolario (Letters, 1966) e una scelta dai diarî giovanili (Souvenirs and prophecies, 1977). Tra le edizioni italiane sono da ricordare Mattino domenicale e altre poesie (1954), Il mondo come meditazione. Ultime poesie 1950-1955 (1986) e l’ampia silloge Harmonium. Poesie 1915-1955 (1954), ripubblicata nel 1994 (a cura di M. Bagicalupo, Einaudi). Nel 2010 è stato ripubblicato da Guanda Il mondo come meditazione (a cura di M. Bagicalupo). Nel 2015 è uscito, a cura di Massimo Bagicalupo, il Meridiano Mondadori Tutte le poesie.

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