Parabole di Cipriano Gentilino

Recensione di Rita Bompadre

“Parabole” di Cipriano Gentilino (Nulladie Edizioni, 2021) è un libro intenso, consegnato al lettore in nome della sincera e sensibile relazione con l’osservazione esistenziale della vita, esposto alla sostanza interiore e riflessiva della poesia, congiunto al significato dell’esperienza emotiva, concepito nel doloroso senso di esclusione affettiva, nel malessere dell’uomo, nello svolgimento logorato e inadeguato degli episodi dell’inquietudine, nell’elemento individuale del tormento e  delle difficoltà quotidiane. I versi compongono un contenuto evocativo, complicato e tortuoso, distendono profondità simboliche e dimensioni espressive, trasformando la condizione delicata e fragile del mondo descritto, dichiaratamente estromesso e abbandonato, in inesauribile resistenza sensibile e opponendo alla desolazione della solitudine il conforto spirituale della poesia.

Parabole” vuole illuminare la nuda verità della realtà emarginata ed esporre attraverso l’elaborazione elegiaca di una dottrina etica e devota alla religiosità nell’anima, il valore riabilitativo delle parole, avvicinando la tenacia persuasiva delle immagini al dono dell’ispirazione umana, alla profezia pagana del messaggio emblematico nell’attenzione premurosa e responsabile dello strumento versatile della consistenza, schietta e assoluta, dell’inchiostro. La poesia rivela il suono incomunicabile del silenzio, spiega il conflitto con il percorso psicoanalitico delle similitudini, interpreta l’oscurità del cuore, commenta la supplica universale con la lusinga della speranza, contrastando la prigione della disperazione. Cipriano Gentilino è testimone dei disturbi eccentrici del tempo e riesce a cogliere l’aspettativa della quiete, a sostenere le dinamiche erranti delle sofferenze, a dipingere l’incantesimo lacerato dei sentimenti, avvolto nel respiro di un sorriso. Affida al riflesso dei versi la desolazione, l’amore e la follia di ogni vissuto, spezza le ferite di ogni istintiva e inconscia illusione, solleva l’ombra celata della coscienza, eleva l’esistenza all’incoraggiamento del ritorno, eludendo l’isolamento della segregazione, il profilo discriminatorio degli orizzonti lirici tra il bene e il male.

Il poeta associa uno stile struggente e malinconico con la trasparenza delle destinazioni della natura, consacra l’irrequietezza nella lucidità dell’espressione, giunge alla soglia libera e disincantata dell’ebbrezza inebriante di ogni perdizione, attraversa la cifra estetica dell’intima inclinazione umana, donandole l’essenza della cura. Cipriano Gentilino conosce il casto e devoto pudore del limite, oltrepassa il carattere speculativo dell’abisso, esplora la luminosità e lo spettro segreto della mente, accoglie il mistero incisivo e contemplativo della tristezza, alimenta l’incanto delle sensazioni indefinibili e la percezione innocente dell’attesa, nel margine sfuggente e irrazionale dei desideri, confessando l’entità faticosa e consapevole del rimpianto, la vaghezza impulsiva e drammatica nel simulacro della presenza vitale, nell’affinità suggestiva delle parole.

 

Rita Bompadre – Centro di Lettura “Arturo Piatti”

Testi scelti

Marea

 

Maschere sottopelle,

riflesse allo specchio

rammentato col resto

di fiabe,

sottobanco bisbigliano

ticchettii di ore attese

per un amore

a cielo calante.

 

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Sortilegio

 

Dal sortilegio

dell’esserci mancati

negli interstizi pietosi

ci riaccoglie perturbato

il nostro respiro

mentre il ciliegio

si è imbiancato

nel silenzio di neve,

e la luna endemica

aspetta il solito turno.

 

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Riflesso

 

Questa sera sei luna

seduta a gambe strette

poesia,

illusione poliedrica

sulle labbra storte,

testardo silenzio

sul riflesso artrosico

della mia pelle.

 

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Affannata la nebbia

 

Affannata la nebbia

si posa sugli scricchiolii

delle foglie lasciatesi

cadere

a segnare una fine,

pudica s’adagia

sul silenzio

delle palpebre

a nasconderci la nostra.

 

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A vento quieto

 

A vento quieto

ci rivedremo,

i vivi e i morti,

labirinti

di arianne a

cercare un filo.

 

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Oltre il canneto

 

Oltre il canneto

la vigna tagliava

il mare in righe

dalla riva al cielo

non ricordo nuvole

né maestrale

solo la tua voce

che accarezza

antica

me che sogno.

 

 

 

 

 

 

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