Una poesia introspettiva
Edizioni La Gru (2018), Dodici ore è un libro d’esordio di poesie scritto da un’autrice che ha vinto “InediTo Torino” e “Premio Poesia Marche”.
Nata a Recanati nel 1994, Mariachiara Rafaiani collabora con diverse testate: “Sul Romanzo”, “L’indiscreto” e “Midnight Magazine”.
La poesia di Mariachiara Rafaiani risulta fortemente introspettiva, intrisa di segni esistenziali e intime visioni. Come scrive Tommaso Di Dio nella postfazione, in questi versi si percepisce una tensione verso la trasformazione, la crescita, la maturità che si traduce pure sul piano stilistico, “e anche qui, in questa esposizione di una fragilità verso una più compatta capacità formale, sta il fascino di questo libro scaleno.” Su tutto domina una domanda esistenziale: “dove vuoi andare?”. E dove va la poesia? Il tutto cercando e rielaborando pensieri e intuizioni in un delicato equilibrio di metafisica e intimità, fragilità e memoria, visione personale e collettiva, apparenza e realtà, forma e sostanza fragile e dolorosa delle cose, con Eliot e Rilke come costanti numi tutelari. Non sappiamo nulla degli altri, scrive Rafaiani, e il mondo è un rebus al pari di noi stessi che la potenza dei versi e la rielaborazione del tempo possono lambire. (Marco Olivieri)
Di seguito alcuni versi tratti dal volume.
L’importante è che si veda il mare e che sia in agguato sul limine delle nostre giornate opache
aggressivo come il ghepardo tropicale No, non dorme come sembra
Impenetrato
Un’unica vela bianca s’impone
per compassione delle membra che scopriamo
ai primi caldi
e sono i soli nostri averi l’unica vita che c’appartiene
E so che se c’è un principio
è un principio d’incomunicabilità
*
Nelle danze degli altri
ci ho visti prenderci le mani come non abbiamo mai fatto con l’inconsapevolezza che non abbiamo conosciuto Mentre scarnavamo il tempo
e non ballavamo,
e non volevamo ricordi lieti di una quieta estate terribile
*
Ti ho confuso nella corsa delle antilopi in fuga dalla caccia e tu eri lì
l’ancora, ma la vita ed il tempo
non sono accondiscendenti e io non sono mai quella che ti aspetti
Vorrei aprire le braccia alle mie oscillazioni lasciare il mio corpo pendere
quando salgo le scale fino a sbattere
sui muri crepati del palazzo di mezza età
Le vetrine a scorrimento sembrano assopite
da secoli in cui io e te ci siamo contesi il palladio di Troia una volta, un pezzo di pane, un’arancia
una gioia, un egoismo, una rivendicazione
Gli uomini non sanno non cedere
alle lotte che scavalcano i secoli e li disgregano Le onde agli occhi di un bambino non esistono se non sono cavalloni
Ti ruberò il racconto della morte che hai perso a Santo Domingo, ti ho già rubato
il corpo della prostituta che il vecchio si trascinò in camera ha deciso capoversi e strofe
L’altro giorno ho dimenticato un pezzo di me dietro i biglietti da un euro per andare a Pesaro
a vedere il mare, per andare a comprare le visioni con cui riempire l’insonnia
Mi vedo sola, schiacciata da dieci milligrammi di carta sul bancone del tabacchino in piazza
osservare tutti gli sciancati che comprano le sigarette i signori soli che comprano sigari
le rumene in giubbetti colorati che giocano numeri al Lotto
Ho perso tutti i capelli nelle spazzole sulle fodere, nelle trecce dei maglioni dietro il lobo del tuo orecchio e regalato
i denti per beneficenza ai bambini di Marrakech ma tu non ricordi il molo di Francavilla a Mare come s’è spezzato
sotto il peso della mia vita?
Europa dell’Est
Tutte le città s’assomigliano
perché l’umanità non prende mai le distanze
da se stessa
Per le anime sensibili si può essere in ogni luogo
e ogni arco che si tende e si flette
mi ritorna sotto forma di serpente
intimorendo il mio piacere appena schiuso
nell’impatto boscoso del confine
Ogni conifera è palma, ogni sospetto
una fuga e tutto ti chiama
Essere qui o essere altrove non conta
importa se tu vuoi che io ti porti
dove mi vanno gli occhi e gli arti
e ti conservi nel sogno
di queste regioni sole.
*
Sulle sponde del lago di Balaton
un cigno taglia la frescura
il sole è là, oltre le macchie d’ombra
Non andremo mai in viaggio di nozze insieme
l’amore non finisce ma si costruisce
Io vedo gli uomini costruire case di legno,
case di paglia, case di cemento
e tu non vedi che io ho portato canne di bamboo
e tu le hai distrutte con le tue pietre
Sono tornata a prenderne altre
e al mio ritorno s’era già deciso
che per questo amore, amore,
io non avessi fatto niente.
L’incomprensione è il solo limite che abbiamo.
*
Anche quando non ti ho
mi sembra d’averti, e non vederti
è un perpetuo incontro celestiale
*
Tutto ciò di cui sono consapevole è inutile
Le luci riflesse sul Danubio
lì dove lo sovrasta il Ponte delle Catene
disegnano la notte stellata di Van Gogh
senti come si respira la notte
la notte ci respira per restituirci nuovi
guarda come nulla è in silenzio
dove vuoi andare?
Se vale qualcosa il mio volere
in questa commovente capitale
vorrei andare a vedere le rovine
Le rovine sono il vero volto di una città.
*
Ho aspettato la conversione in piazza Santo Stefano
era una voragine sotto il passare della gente
come la cattedrale di Genova questa
socchiude la bocca e parla troppo piano.
Mi è sembrata la conversione
nella sinagoga di Budapest
Era più Dio, ma un Dio che non conoscevo.
La città è inconsapevole
Tu sei inconsapevole
Il Danubio è spento
La vita è breve
La fontana non è la fontana
Ci sono venute incontro le foglie
poi ci è venuta incontro la pioggia.
Non importa da chi o da dove
sia venuto il nostro appello alle parole
perché nel mondo non si esiste
se con esso non si è un tutt’uno.
Le parole che ogni passante
rivolge al defunto sono sempre
chi sei tu che hai fatto naufragio
su questa terra? Sei venuto come me
per piangere la vita degli altri?
Abbiamo percorso degli spazi
infiniti, accettato il susseguirsi
delle fasi della vita
ed atteso oltre la necessità
delle nostre case che un altrove
si rivelasse
Dove hai dimenticato di seppellire
ogni giorno te stesso?
Di andare a giocare a calcetto,
di correre, di sudare
d’ingoiare il sudore senza
negarne l’amarezza
Ed essere contento di quel momento
in cui il cielo va spegnendo
l’azzurro sulle città
indistintamente sulle città
sui campi, sul mare
sulle vette scoscese
dei nostri luoghi geografici
Lo stupore di aprire la porta
di casa, di vederti occupare
il solito posto in chiesa
un’ultima volta
Guardami mentre mi lavo
i denti mettendo il dentifricio
sul dito
mentre intorno a noi
la terra compie la sua rivoluzione
e noi siamo qui
e ne facciamo parte