LEDA – Memorie dal futuro – di Libera Capozucca

di Libera Capozucca

Ascoltando il disco dei Leda, si ragiona sui limiti del desiderio e sulla crisi del nostro tempo. In quanto a energia e istinto rock, a testi che fanno della verità una ricerca, “Memorie dal futuro” ci parla di rivoluzioni interiori, in un mondo senza più memoria storica; una saga di resistenza contro le brutture di oggi. La band marchigiana è la risultante equilibrata di alternative rock, shoegazing, wave che transita, a volte, dalle parti dei C.S.I., senza dimenticare la canzone d’autore e le movimentate geometrie dei Marlene e dei Verdena.
Dal ricordo emergono lampi e luci alla ricerca di un nuovo percorso esistenziale; la pelle è schermo palpitante di vita e, in una dimensione dove tutto è (con)fuso, pure l’amore soffre le incomprensioni di questa realtà (“ Ho continuato”). Il racconto di grandi “Distanze”, tra anime lontane, è un’altra storia dal sottotitolo: Tempo. Il tempo di comprendere che non siamo perfezioni geometriche come angoli retti (“ Pulviscolo”, “Tu esisti”, “ Assedio”) e che una nuova epoca, grottesca e minacciosa, si sta abbattendo su di noi (“ Nuovi simboli”). L’album squaderna l’ipocrisia che ci circonda, che si annida dentro anime poco oneste con sé stesse e con il mondo fuori, attraverso vortici di chitarre e una voce astrale al centro del turbine. Ma se il passato non torna e il futuro guarda minaccioso, cosa fare del nostro presente alla “ Deriva”? Rimane un “ Sentiero” da percorrere alla ricerca di un’identità che deve essere conquistata millimetro per millimetro, come in una guerra di trincea.
Se mi guardo intorno, non mi piace quello che vedo e una cosa in particolare mi interessa, in questo tempo di coltre nebbiosa sugli occhi: la capacità di alcuni esseri umani di trasformare una infestante realtà in visioni. I Leda ci sono riusciti.

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