di Ilaria Grasso
Quanto sono importanti le radici per la nostra consapevolezza e per il nostro equilibrio? A questa domanda sembra rispondano i versi di Zafferani. In quel “forse” c’è però tutta la messa in discussione necessaria alla crescita di un individuo e all’abolizione di un torbido egocentrismo che non rende chiara la visione. Chi si domanda ha obiettivi chiari. Vuole resistere e rimanere in vita pur consapevole che l’esistenza porta con se sofferenza e dolore per legami a volte troppo angoscianti e fiotti di sangue che sgorgano da ferite ancestrali. La poesia ha in chiusura un fulmen tutto racchiuso nell’accostamento dell’essere umano auna pianta che cresce verticale come le intenzioni dello spirito. Mi viene in mente l’edera che si aggrappa ai muri delle facciate dei palazzi e quando incontra un ostacolo come ad esempio una finestra o un cornicione non si dà per vinta e prosegue inesorabilmente verso il tetto. E lo fa in ogni condizione climatica e “senza alcun cedimento”.
<< forse posso resistere, forse posso durare,
forse se io resto non sarò altro,
se non abbandono la terra, la marea tornerà a toccarmi
fino alle gambe, all’abrasione, a dove sento
queste fitte di corda e di sangue, forse
la pena finisce se io mi radico nel suolo,
mi innalzo come pianta e cresco
senza nessun cedimento. >>
Da L’IMPREVISTO MONDO – La Vita Felice Editore