“Musica dei tempi bui” – Intervista ad Alessandro Alfieri #librinterviste

di Libera Capozucca

Intervista ad Alessandro Alfieri – “Musica dei tempi bui” – ed. Orthotes

Abbiamo incontrato Alessandro Alfieri, filosofo e critico della cultura, autore di un libro interessantissimo, scritto qualche anno fa, edito da Orthotes edizioni, dal titolo “Musica dei tempi buiNuove band italiane di fronte alla catastrofe”. Raccontando il momento di crisi che la nostra società stava vivendo, attraverso la musica di alcuni artisti – I Ministri, gli Offlaga Disco Pax, Le luci della centrale elettrica, I Cani – ne elaborava riflessioni e visioni. Oggi, lo abbiamo intervistato e gli abbiamo chiesto se è cambiato qualcosa dal 2015 (anno di uscita del libro), se i tempi che viviamo sono diventati meno bui, e quali artisti citerebbe se dovesse scriverlo nel 2019. La crisi è sempre qui, nulla è cambiato – ci dice – ma la musica è sempre pronta a leggere con occhio visionario il mondo intorno a noi per comprenderlo e viverci meglio.

1) Nel tuo libro “Musica dei tempi bui” del 2015 parli di una profonda crisi sociale di cui la musica si fa portavoce. Dal 2015 ad oggi sono cambiate le cose? Siamo sempre immersi nella “Catastrofe” o la stiamo superando?

Credo che il volume del 2015 mantenga ancora una certa attualità, poiché le condizioni politiche, sociali, economiche che caratterizzavano l’Italia qualche anno fa si sono mantenute costanti. Il concetto di “catastrofe”, in questo senso, va spiegato: con esso non intendiamo “crisi” e nemmeno “apocalisse” ma, per dirla alla maniera di Marco Belpoliti, parliamo di “apocatastasi”, cioè di “crisi che non finisce di finire”. Questo concetto rappresenta qualcosa di reiterato nel tempo, è un’attesa incondizionata verso un punto limite che ne attesterebbe il crollo definitivo ma che, tuttavia, ci lascia nella stessa condizione da diversi anni. Per questo possiamo dire che il mio libro è ancora attuale, poiché permane dentro al procrastinarsi eterno di una svolta che non arriva. E ciò rappresenta linfa compositiva e artistica per molti gruppi musicali.

 

2) Nel tuo testo citi diverse band a rappresentare i tempi bui: Teatro degli orrori, Luci della centrale elettrica, i Cani, i Ministri, gli Offlaga Disco Pax. Ognuna lo fa a suo modo. Quale tra queste band manifesta la visione più cupa della crisi? Quale invece un’opportunità di cambiamento e speranza?

Un’opportunità di cambiamento che la crisi, giunta a esautorazione, potrebbe garantire, è la visione, a mio parere, de I Ministri. La band cita continuamente la crisi nei suoialbum e, ammettendone di farne parte, ne elabora ilsuperamento. Per gli Offlaga Disco Pax, la tendenza, invece, è di rifugiarsi in un passato confortante, come quello degli anni d’oro del partito comunista, quasi a difendere una memoria storica che dovrebbe insegnare ancora da lontano.Esiste anche una “romantizzazione” della catastrofe – Vasco Brondi ne è un esempio – per cui, attraverso una struttura compositiva simile alla poesia, la catastrofe diventa più sopportabile; è come se venisse mitizzata per mezzo del racconto romantico, mitico, delle sue canzoni. Tornando a I Ministri, la cosa davvero interessante all’interno della loro produzione discografica, è che non offrono didascalicamente delle soluzioni – sebbene una possibilità di cambiamento la si rintracci all’interno dei testi, ma mai in modo esplicito. Dove c’è una presa di coscienza delle cose, si attiva sempre l’opportunità di una svolta e paradossalmente, è proprio dal punto di vista più cupo che si genera il cambiamento. L’estremo della cupezza è l’ammutolimento o la collera de Il teatro degli orrori, ad esempio, il cui linguaggio diventa tautologico, intricato, incomprensibile.

3) Dal 2015 ad oggi alcune band di cui parli nel testo, hanno cessato o modificato il loro percorso artistico. Ancora attivi “Pan del diavolo”, “I Cani”, “I Ministri”. Cosa noti di diverso nella loro recentissima produzione, rispetto al 2015? Prendiamo ad esempio i Pan del diavolo e il loropezzoMondo al contrario” del 2017: sembrerebbe che la crisi non sia stata superata…

Dei Pan del diavolo ho apprezzato tantissimo la loro prima produzione dove si reagisce alla crisi attraverso il ritmo primigenio del corpo. L’album “Supereroi”, prodotto da Piero Pelù, si allontana dall’irriverenza ritmica dei primidischi e la canzone “Mondo al contrario” si accosta ad un pezzo precedente, “Donna dell’Italia”, di cui parlo nel mio libro. Il rapporto di coppia, la relazione d’amore che si sorregge mentre fuori imperversa la bufera, rappresenta il rifugio dalla crisi (“Dici che siamo ancora noi o due persone diverse, abituate ad un mondo al contrario…”). E’ una sorta di venire a patti con i tempi bui, attraverso lo scambio umano. Alcune band che cito nel mio libro, oggi non esistono più: Brondi ha chiuso il suo meraviglioso progetto con Le luci della centrale elettrica, gli Offlaga si erano già scioltiall’epoca. Eppure, permane una visibile continuità tra il 2015 e il 2019: altre band parlano oggi di tempi bui e ne danno una loro interessante interpretazione.

 

4) L’ultimo singolo de I Cani, Nascosta a piena vista”, sembra anch’esso espressione di questi tempi offuscati…

E’ un testo profondo, intenso; il messaggio di speranza non è esplicito, tuttavia c’è un rimando chiarissimo all’infanzia come spazio mitico che lascia intravedere il proprio destino. (“Nel cielo stellato ho intravisto il mio destino, tornerà a trovarmi come quando ero bambino e credevo di sentire anch’io qualcosa che non c’è…”). Negli Zen Circus si rintraccia ugualmente questa volontà di tornare indietro a quando si era bambini, e ancora nei Gazebo Penguins. Spesso il tentativo di rifugiarsi nella fanciullezza sembra far tutt’uno con arrangiamenti vintage e sonorità analogiche degli anni ’80: una sorta di scrigno fatato che protegge dal presente. Potrebbe esserci un rischio nella regressione? Tornare indietro per non affrontare l’oggi?

5) Quali band menzioneresti se dovessi scrivere lo stesso libro oggi?

La difficoltà che si incontra, scrivendo un libro come il mio, è di trovarsi di fronte a un variegato numero di artisti e a doverne selezionare solo alcuni. Poi ti trovi ad ascoltarne altri, magari qualche tempo dopo, e sarebbero perfetti da inserire. Ma il libro è già uscito. Ho pensato a diverse band che potrei citare oggi in merito ai tempi bui. I The Giornalisti ad esempio, perché ricercano il rifugio dalla catastrofe attraverso l’immersione in una cultura sintetica, plastificata che possa arginarla, occultarla (Tema del rifiuto); i Bachi da pietra che esprimono rabbia e risentimento di fronte alla crisi imperante – come Il Teatro degli orrori o i Bologna violenta(Tema della collera); Brunori Sas che rappresenta la romantizzazione della crisi attraverso la bellezza del testo scritto come riscatto dalla catastrofe (Tema del venire a patti). E poi Motta del primo disco, in cui c’è l’anima profonda della sua performance: da un lato l’aspetto romantico dei testi, dall’altro arrangiamenti cupi e noise, attraverso una dialettica continua tra speranza e disperazione. Aggiungerei anche i Fast animals and slow kids di “Forse non è la felicità” o gli Zen Circus di “L’anima non conta” dalla sonorità solare ma dai versi ambigui; sembrerebbe che la speranza sia dietro l’angolo, ma poi si perde quasi subito, quasi una dichiarazione di sconfitta.

6) Tra i migliori dischi dell’indie italiano del 2018 si segnalano: Bonetti “Dopo la guerra”, BaustelleL’amore e la violenza vol. 2”, Giorgio Canali “11 canzoni di merda con la pioggia dentro”, solo per citarne alcuni. Sembra che la crisi che è fuori, arrivi ad esplodere anche dentro di noi…

Bonetti presenta il suo album così: “In un anno la guerra esistenziale fa il suo corso, e quello che rimane dopo, è il futuro coniugato al presente di un dopoguerra privato”. In questo caso la crisi che inghiotte la nostra società arriva direttamente a farci visita. In realtà, se ipoteticamente una guerra scoppiasse, forse riuscirebbe a modificare una situazione immobile da troppo tempo e ci metterebbe di fronte a noi stessi e a tutto ciò che ci circonda in modo nuovo, diverso. Paradossalmente la guerra rende tutto più chiaro perché ti dice chi è il nemico, che cosa fare, da cosa difenderti. La terza guerra mondiale, ad esempio, torna spessissimo nell’immaginario di molti artisti e band attuali ma, ovviamente, questa è una provocazione perché la guerra è sempre un orrore: il punto è che la catastrofe attuale, non costringendoci alla guerra, ci lascia perennemente in sospeso e confusi…

7) E la trap di fronte ai tempi bui?

Penso che la trap sia una derivazione della scena rap dellawest coast americana: come questa nasce da una volontà di riscossa sociale e, ad un certo punto, diventa teatrale attraverso i vestiti griffati, le collane d’oro, le automobili folgoranti. Così, ottenendo riconoscimento sociale attraverso i soldi, dopo essere partiti dal niente prima di arrivare ad essere qualcuno, si finisce nel parossismo fino al trash. E’ un grande carrozzone teatrale che maschera la catastrofe, la copre, ma la mia convinzione è che si tratta di un fenomeno affascinante che va studiato e compreso, anche perché dal punto di vista strettamente musicale ci trovo delle sperimentazioni interessanti.

8) In un’intervista di qualche anno fa Patti Smith dichiarava:…non c’è crisi che possa fermarti, possa impedirti di realizzare i tuoi sogni se credi davvero in te stesso…”

E’ una bellissima riflessione. Ogni crisi e ogni catastrofe può essere superata solo se si crede in se stessi e la si affronta guardandola in faccia, perché, come sostiene Walter Benjamin:Solo per chi non ha più speranza è data la speranza”.

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