di Ilaria Grasso
Nel numero 346 della Rivista Poesia, il mensile internazionale di cultura poetica di Crocetti Editore, ho trovato questi versi del poeta tedesco Uwe Kolbe tradotti e introdotti da Gio Batta Bucciol. Mi hanno particolarmente colpito per il singolare punto di vista di un uomo che sta per diventare padre alle prese con la burocrazia, le aspettative e il senso di responsabilità che talvolta subentra quando si scopre di aver messo al mondo un figlio. Una paternità desiderata non è totalmente priva di paure ma il fatto di averla voluta fa sì che gli inevitabili ostacoli sembrino più superabili. La voce poetante delinea il profilo di un padre concreto ed estremamente razionale e che proprio per questa sua razionalità è quasi terrorizzato di quel che gli sta capitando (sembra quasi per caso). La nascita di un figlio lo mette di fronte alla necessità di crescere e anche in breve lo obbliga a pretendere di più, molto di più da se stesso. La scelta del termine “credito” nei versi in conclusione mi fa pensare alla necessità di profonde rinunce e sacrifici proprio come quando si ha una pendenza con una banca. Gli frutterà imparare ad apprezzare le sfumature crescendo man mano assieme al figlio o fuggire dalle responsabilità?
Come nuovo
Comprata una cassetta di pronto soccorso
per la prima auto in comune.
Andato all’ufficio circoscrizionale.
Usati fax e il cellulare,
portate le carte allo stato civile,
con il nostro bambino nella tua pancia,
mentre noi vivevamo tra il domani
e il dopodomani. Io pensavo mentre
guidavo l’auto: Dio mio proprio come un adulto.
E un conto aperto con tanto credito.