di Marta Cutugno
Se in un passato non troppo lontano era strumento impiegato nelle orchestre di corte, in tempi più recenti il Sheng si è identificato con la musica folklorica cinese, prediletto dalle minoranze Yao, Miao e Dong. È uno strumento ad ancia libera da cui derivò lo shō, l’equivalente giapponese, molto amato da compositori contemporanei come Toru Takemitsu.
Il Sheng è uno strumento musicale dalle origini antichissime: durante scavi archeologici nella provincia del Hubei, infatti, sono venuti alla luce alcuni paosheng che risalgono almeno a 2400 anni fa. I primissimi Sheng (3000 anni) erano molto simili ai flauto di Pan, con una base tonda di zucca secca svuotata, l’imboccatura in legno ed una serie di canne di bambù – 17 di cui 3/4 mute – strette tra loro da una corda. In seguito all’imboccatura venne aggiunta un’ancia. A tal proposito, lo strumento ha maturato una certa valenza storica in campo organologico perché, da quanto emerge da studi del settore, il Sheng fu il primo strumento al mondo in cui venne impiegata l’ancia semplice. In tempi successivi alla dinastia Tang, per la base – che da tonda divenne a forma di zoccolo di cavallo – si passò dapprima al legno e poi al rame, così anche per l’ancia. È formato da un serbatoio cilindrico in ottone detto somire entro cui sono innestate 17 canne di bambù di diversa lunghezza; ogni canna è dotata di ancia semplice in ottone e di un foro digitale. L’intonazione dello strumento dipende dalla chiusura/apertura dei fori sulle canne e dall’insufflazione dell’aria all’interno del somire. Le sue sonorità sono dolci e vellutate negli acuti, profonde e corpose nei bassi; durante le esecuzioni orchestrali riesce a sostenere armonicamente tutti gli altri strumenti, favorendo l’acustica generale senza mai perdere la propria identità.
Clip art a destra: http://etc.usf.edu/clipart
Foto di copertina da geekness.com.br