Il cuore in tempesta di una prof. appassionata. Anzi, “Duecento giorni di tempesta” scolastica, amorosa, esistenziale, tra violenza e possibile riscatto. In primo piano la storia della giovane insegnante Sonia, catapultata in un quartiere a rischio di una città di mare siciliana in mano alla criminalità. Una “terra straniera” ma anche una sfida per Sonia, in fuga dal passato. La scuola è fatta da classi “esplosive”, così chiamate dai professori per il livello disturbato e disfunzionale dei comportamenti degli alunni. Da qui una narrazione incalzante che lascia spazio alla capacità da parte dei docenti di entrare in relazione con i ragazzi e anche a un complicato triangolo amoroso che coinvolge la protagonista con due suoi colleghi: Stefano e Andrea.
“Duecento giorni di tempesta”, nelle librerie e store on line, è il terzo romanzo di Simona Moraci, messinese, giornalista e insegnante, ed è pubblicato da Marlin editore (collana “Il portico”, pagine 304, € 16,90, marlineditore.it), la casa editrice di Tommaso e Sante Avagliano.
Dotata di una scrittura vivace e ricca di ritmo, Moraci fa immergere i lettori in un territorio nel quale le famiglie vivono situazioni difficili e l’istituzione scolastica cerca di arginare il malessere di alunni ribelli a ogni regola e disciplina. Il romanzo racconta le traversie interiori e amorose del personaggio principale e la lotta dei professori per strappare i ragazzi al degrado, in una “tempesta” romanzesca che coinvolge e fa riflettere.
Sul libro così si pronuncia lo scrittore Vladimiro Bottone, che firma la quarta di copertina: «Un Sud scontroso e una scuola a rischio: due frontiere, due sfide, un corpo a corpo fra studenti difficili e un’insegnante al vertice di un triangolo amoroso carico di passioni e chiaroscuri come la scrittura dell’autrice. Al seguito della sua protagonista e io narrante, Simona Moraci ci trascina nel suo anno di scuola che diventerà anche una sorta di educazione sentimentale. Un’avventura che, per il lettore, si trasformerà in una lezione memorabile».
«Questo romanzo nasce dalla mia esperienza maturata negli ultimi anni sulla “frontiera”, nelle scuole di quartieri a rischio. È come un universo a sé stante: tutti i sentimenti, le emozioni sono amplificati e occorre trovare un equilibrio “nuovo”. La mia passione per la scrittura e il mio amore per l’insegnamento mi hanno spinto a raccontare di rabbia e innocenza, di pianto e risate, di questi bambini straordinari e fuori da ogni schema. In particolare, l’affetto nei confronti dei ragazzi è stato uno stimolo potente. L’amore è l’unica via per uscire dal buio», sottolinea l’autrice.
La trama
La violenza del quartiere è quella dei ragazzi e delle loro famiglie: i docenti sono soli ad affrontarla e convivono con la frustrazione di poter fare poco o nulla. Da parte sua, Sonia è una donna in cerca di sé stessa dopo la morte del figlio. Il primo giorno di scuola viene accolta con un’improvvisata “lapidazione” a base di bottigliette di plastica e a salvarla accorre Andrea, collega d’Arte dai modi rudi e dal fascino gitano, che porta con sé l’ombra di un passato legato alla criminalità. Nelle prime settimane, al di fuori di ogni parametro, i ragazzi testano il limite di Sonia tra rivolte e rabbia, banchi scagliati in aria e aggressioni.
A portare conforto nella sua vita è il collega di Scienze Motorie, napoletano dal volto paterno, Giulio, e l’amica di sempre, Altea. Ma, ad accorrere in suo aiuto, c’è soprattutto Stefano, un uomo sfuggente che alterna silenzi e fughe. Sonia ne rimane immediatamente colpita, ma Stefano mostra nei suoi confronti un comportamento contraddittorio: corre in suo aiuto nei momenti di crisi, durante le risse in classe, e subito dopo tende a chiudersi in sé stesso, sicché i loro incontri si trasformano spesso in scontri, fughe e ritorni.
Andrea invece riesce a stabilire una relazione con Sonia, fatta di passione e comprensione. Tuttavia, il suo temperamento aggressivo degenera in violenza quando Stefano decide di non scappare più da lei. Sarà la gravidanza della donna a rimettere tutto in gioco: Sonia, Stefano e Andrea troveranno la forza di andare avanti insieme?
Il legame con l’attualità
L’ultima notizia proviene da Ancona, dove sono stati denunciati dieci minori, che potrebbero essere presto processati, per minacce nei confronti di una professoressa, lezioni interrotte e una sedia incendiata. In forma di romanzo, “Duecento giorni di tempesta” fa vivere al lettore le difficoltà (all’inizio insormontabili) della protagonista e dei suoi colleghi. Attraverso una coinvolgente costruzione narrativa, il libro fa vivere le loro paure e i tentativi di scampare ai tanti, troppi pericoli a cui gli insegnanti sono sottoposti pur di perseguire l’obiettivo di instaurare un rapporto affettivo con i ragazzi. Di far scattare in loro la scintilla della passione e dell’interesse grazie ad attività come il teatro.
L’incipit
“Prendere servizio dovrebbe essere uno dei momenti più emozionanti nella vita di un insegnante. Mi aggiravo, non senza perplessità, tra le vie costellate di baracche del quartiere di quella che sarebbe divenuta l’altra mia città di mare. Non lo sapevo ancora: il passaggio da nonluogo a luogo non si era compiuto e mi agitavo sulla soglia di una vita nuova che avrebbe fatto impallidire persino Dante.
Il mio scrigno di lettere era ancora vuoto: avevo la necessità di lasciare indietro il passato, la casa che mi attendeva, intrisa di silenzi, al limitare del tramonto. Guardai le lamiere ondulate, i muri scrostati e pensai che Dio, o chi per lui, sceglie sempre una strada in salita, specie se siamo stremati da quella già percorsa.»
(…) Il dirigente era un uomo sulla cinquantina, dai capelli brizzolati e per nulla sorridente. Ci presentammo, malgrado il caldo di settembre, in un clima che mi parve troppo austero: avevo l’impressione che quel luogo necessitasse di altro. Abbozzai un sorriso e mi fissò un istante: servì a poco, se non a infrangere i bei pensieri che avevo coltivato sino ad allora.
«Il nostro è un quartiere a rischio» esordì, in piedi di fronte a noi. «Con un’utenza particolarmente difficile. Dovete essere severi ma farvi voler bene. L’amore è l’unica cosa che vi può aiutare.» Non ci strinse la mano e ci congedò prima che potessimo ribattere.”
L’autrice
Simona Moraci, nata a Messina nel 1975, giornalista professionista, dopo oltre vent’anni di carriera ha scelto di dedicarsi all’insegnamento. Ha pubblicato i romanzi “I Confini dell’anima” (1996) e “Giornalisti, e vissero per sempre precari e contenti” (2014), entrambi con Armando Siciliano Editore. Attualmente collabora con il quotidiano “La Gazzetta del Sud”, di cui è stata redattrice.