Stefano Donno è un coraggioso editore che investe in poesia con I quaderni del Bardo Edizioni. È di questi giorni tra l’altro la notizia di una nuova collana che sarà diretta da Nicola Vacca. Tra i vari libri, ben curati nell’impaginazione, presenti nel catalogo, mi sono soffermato su quello di Alessandra Merico. “Contro Venere” (2017) opera prima, è un testo particolare perché si muove borderline. Da un vissuto personale cerca di fare storia poetica universale, rischiando però non un sano biografismo desoggettivato ma una caduta autoreferenziale. La capacità di scrittura della Merico fa si che il rischio si intraveda ma non emerga fortunatamente. Facile sarebbe dire che il testo è teatralizzante, l’autrice è una valente attrice, od usare la parola “vendichismo” utilizzata da Rondoni nella prefazione. Se usiamo questi due parametri si perde di vista sia il progetto architettonico del libro che è molto buono, sia banalizziamo uno degli aspetti artistici di questa brava poetessa. Il tema del livore, dell’amore, di una storia unica tra tante storie uniche, è ben sviluppata, il dettato si alterna tra l’imperioso e l’avvelenato. Aspettiamo di vedere gli sviluppi prossimi futuri, potrebbero rivelare gradite sorprese. Lasciamo la parola alle parole.
Ho acceso Venere
per prima
ogni sera
a fare amore
nei tuoi pruni
di ruggine
ma tu non guardasti mai
così una notte
l’ho uccisa
per te
che delle altezze
hai paura
a vedere
se a terra
l’avresti
guardata
anche solo
una volta
Nell’impossibilità
di avverarci
noi ci atterriamo
convinti
che una tenia
nascosta
ci legittimi
Ho serrato
giugno
sul polso
affinchè
tu non ceda
al richiamo
quando siamo
al solstizio
d’estate
tinteggi
la stanza
di rosso
facendo di me
la tempera