Non esiste attrice che incarni il senso del mistero, tra lampi di perfidia e momenti inattesi di umanità, quanto Isabelle Huppert. Non poteva che essere lei, nei panni dell’anaffettiva Michèle Leblanc, la protagonista di “Elle”, una coproduzione francese, belga e tedesca presentata in concorso al Festival di Cannes. La regia di Paul Verhoeven (celebre per “RoboCop”, “Atto di forza” e “Basic Instinct”) e la sceneggiatura di David Birke, dal romanzo “Oh…” di Philippe Djian, con la fotografia crespuscolare di Stéphane Fontaine e il montaggio di Job ter Burg, creano una struttura narrativa e un impianto visivo che non perdono la rotta e la misura.
Ci si mantiene al confine tra thriller, romanzo introspettivo, dramma, elementi paradossali e da commedia, con punte di orrore e grottesco, senza mai sconfinare nel kitsch e mantenendo un coinvolgente livello drammaturgico. Interessante anche l’uso delle musiche di Anne Dudley e delle altre (come quelle di Beethoven) impiegate.
Dallo stupro iniziale, sotto l’occhio impassibile di un gatto, alla violenza di videogiochi e società, le riflessioni su animalità e tecnica, modernità e istinti atavici, disgregazione quotidiana e momenti di follia che abitano l’essere umano, trovano nel passato della protagonista un avvicinamento a rebus che non si possono conoscere completamente. Come nelle tragedie greche, si evocano orrori legati all’enigmaticità dell’esistenza.
Il tutto valorizzato da una cura formale della messa in scena e una composizione dell’immagine che consentono di sollevare inquietudini e riflessioni senza giudizi, con molti riferimenti cinematografici (da Jean Renoir a Hitchcock e Haneke).
Con la superba Huppert, vincitrice di due Prix d’interpretazione a Cannes e Leone d’oro alla carriera, Laurent Lafitte, Virginie Efira, Anne Consigny, Alice Isaaz, Charles Berling, Jonas Bloquet, Christian Berkel, Juditte Magre e Vimala Pons alimentano una partitura di passioni appassite o che si nutrono di perversioni, nevrosi radicate e gratuite crudeltà che animano ciò che chiamiamo vita.
Quando la macchina da presa si allontana dalle due figure femminili, Michèle e Anna, in un cimitero, affiora un sentimento di comprensione umana, se non di pietà. In concorso al Festival di Cannes 2016 e Premio miglior film straniero e migliore attrice al Golden Globe, due César (miglior film e attrice) e candidatura agli Oscar per Huppert.
Marco Olivieri
Dalla rubrica “Visioni” del settimanale “100nove Press” del 30 marzo 2017.
Immagini tratte dalla pagina Facebook del film.