di Daniela Pericone
Caravaggio, Narciso, 1600 (Roma, Palazzo Barberini)
Discussa nella sua attribuzione, ma ormai accettata come autografa, è l’opera Narciso, legata alla committenza genovese e conservata a Roma a Palazzo Barberini. Il dipinto è l’interpretazione di Caravaggio del mito di Narciso, il bellissimo giovane che si innamora della propria immagine riflessa nell’acqua, secondo il racconto di Ovidio nelle Metamorfosi. Il pittore ritrae Narciso chino sull’acqua, ma coglie non il momento della nascita dell’impulso amoroso, bensì quello più tragico e intenso in cui il giovane, ebbro d’amore, protende le labbra e una mano verso l’oggetto del suo desiderio nel vano tentativo di baciare e toccare quella che è solo una parvenza di sé.
“Desidera, senza saperlo, se stesso; elogia, ma è lui l’elogiato, e mentre brama, si brama, e insieme accende e arde.
Quante volte non dà vani baci alla fonte ingannatrice! Quante volte non tuffa nell’acqua le braccia per gettarle attorno al collo che vede, ma nell’acqua non si afferra! Non sa che sia quel che vede, ma quel che vede lo infiamma, e proprio l’errore che inganna gli occhi glieli riempie di cupidigia.
Ingenuo, che stai a cercar di afferrare un’immagine fugace? Quello che brami non esiste; quello che ami, se ti volti, lo fai svanire. Questa che scorgi è l’ombra, il riflesso della tua figura.”
(Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi, Libro III, 425-434, trad. Piero Bernardini Marzolla, Einaudi, 1994)
Caravaggio, che in un primo tempo dipinge la figura di Narciso e il suo riflesso come immagini perfettamente speculari l’una all’altra, secondo il punto di vista di un osservatore esterno alla scena, cambia poi l’impianto compositivo e modifica la posizione del capo e delle membra. Lo fa ritraendo sé stesso mediante l’uso combinato di due specchi, in modo tale da riprodurre la medesima visione che si offre agli occhi di Narciso. Ancora una volta il genio dell’artista oltrepassa i limiti della pittura tradizionale e inventa soluzioni intese a coinvolgere colui che osserva nello svolgimento di un’azione, a renderlo protagonista, anziché spettatore esterno.
Il tema del “doppio” suggerito dal testo letterario è come ricreato attraverso la stessa riproduzione pittorica, a ribadire l’idea che l’arte è mimesi della realtà e, in quanto tale, essa stessa illusione, gioco di specchi, immagine riflessa nell’acqua.