Summertime

in copertina: the midnight party – joseph cornell, 1940

di natàlia castaldi

Quando George Gershwin nel 1933 scrive il famoso spiritual Summertime, quasi fosse una ninnananna nera cantata nelle capanne ai margini dei campi di cotone

“Summertime, and the livin’ is easy / fish are jumpin’ / and the cotton is high / your daddy’s rich and your mamy’s good looking, / so hush little baby / don’t you cry”

probabilmente non sapeva che trent’anni prima, in Italia, Giovanni Pascoli scriveva questi versi:

“Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca. /Senti: una zana dondola pian piano, / un bimbo piange, il piccol dito in bocca; / canta una vecchia, il mento sulla mano. / La vecchia canta: intorno al tuo lettino / c’è rose e gigli, tutto un bel giardino”.

La vecchia col mento sulla mano canta la sua nenia in una notte d’inverno, mentre il tempo, inclemente, dimentica e cancella come un manto di neve ogni traccia di primavera, senza riuscire a eliminare dal cuore dell’orfano il senso di vuoto e assenza.

Summertime, allora, diventa una ninnananna per curare il pianto, sicché non si spenga la memoria, ma si coltivi in petto, come solo il canto sa fare:

” … io lo so perché tanto / di stelle per l’aria tranquilla / arde e cade, perché si gran pianto / nel concavo cielo sfavilla”.

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