Addio a Dimitri, clown poeta

 

di Laura Di Corcia

Era uno dei clown viventi più famosi del mondo e, nonostante i corteggiamenti da realtà molto più grandi anche all’estero, niente da fare: aveva la Svizzera italiana nel cuore e lì è rimasto,fino alla morte sopraggiunta ieri. In occasione dei suoi 80 anni l’avevo intervistato per il Corriere del Ticino; ripropongo il dialogo.

Guardandosi alle spalle, come si vede? È cambiato o è rimasto sempre lo stesso?

«È una domanda che andrebbe posta ai miei figli o al pubblico. Logicamente, invecchiando, diminuiscono le capacità fisiche, non riesco più a lanciarmi nelle acrobazie di un tempo. Siccome sono davvero fortunato in tutti i sensi, ho ancora la salute, la gioia di recitare, posso contare su un pubblico che mi ama, quindi, tutto sommato, non vedo grandi cambiamenti. Sono sempre io, in fondo».

Riassuma la sua carriera con una parola.

«Clown è la parola giusta. È il mio mestiere, il mio sogno. Fare il clown mi piace, penso che sia uno dei mestieri più belli del mondo, ma anche uno fra i più difficili».

C’è una differenza fra il Dimitri pubblico e quello privato?

«Francamente no. Mi piace essere buffo anche nella vita quotidiana, mi piace ridere e far ridere, scherzare. Non vuol dire che non ci siano cose profonde in me, ho preoccupazioni e malinconie come tutti. Ma sono fondamentalmente un tipo scherzoso».

Dimitri fa ridere sempre gli altri. Che cosa, invece, gli procura gioia e lo fa ridere?

«Mi fanno ridere i grandi clown, i film di Buster Keaton e Charlie Chaplin. Adoro Benigni. Amo i gattini piccoli, quando giocano e inseguono i topi. E i bambini, che sono come dei clown».
Quando ha capito che voleva fare il clown?
«A sette anni. Mi porto ancora dietro quel bambino. Un clown in fondo è un bambino, solo che la comicità dei bambini è involontaria, visto che sono ancora innocenti, un clown, invece, porta ancora quella freschezza in sé e prova a metterla in scena ma con consapevolezza. Questa è la difficoltà del nostro mestiere: recitare come se fossimo ancora dei bambini, con quello stesso candore».

Come fa, ad ottant’anni, ad affrontare ancora la scena? Qual è il suo segreto?
«Me lo chiedo spesso anch’io. Un segreto non c’è, così come non c’è una ricetta; sarebbe troppo facile. Mi sforzo di essere onesto e sincero, di dare il massimo e di provare gioia per quel che faccio. Forse, se c’è un segreto, questo è l’amore: amare la gente, amare quel che si fa. Così, amando, si viene amati».

E le sue due ore al giorno di esercizi? In cosa consistono?
«Sono esercizi fisici che mi permettono di tenermi in forma. Per esempio faccio esercizi di equilibrio sulle mani tutti i giorni: non che faccia ancora questi numeri negli spettacoli, ma questa pratica mi serve e mi tiene allenato. Suono dieci strumenti musicali e anche questo richiede costanza e impegno per poterlo fare bene».

Non le viene mai paura del palco?
«Il panico della ribalta non ce l’ho quasi più. Certo, se dovessi venire a sapere che fra il pubblico c’è Dustin Hoffman o Benigni, proverei del nervosismo, perché mi piacerebbe fare una buona impressione. Insomma, capita, ma raramente».

Ha fondato un teatro, una scuola, un parco, un museo. Qual è stata la sua più grande soddisfazione?
«Tutto. Vedere che ci sono la scuola, il teatro, il parco, il museo mi riempie di gioia. Ma ho il vizio del perfezionismo, forse perché sono del segno della Vergine che ha questa fama di essere pignola, quindi non sono mai soddisfatto al cento per cento. Vedo sempre cose da migliorare, anche piccoli dettagli».

Come vede il futuro del Teatro Dimitri, in una società sempre più tecnologizzata?
«Lo vedo roseo. Godiamo di un’ottima organizzazione, lottiamo quotidianamente contro i problemi di soldi e abbiamo l’amore della gente, che viene a vedere gli spettacoli, andando a visitare anche le esposizioni, il parco e il museo. Non credo che tutto questo finirà da un giorno all’altro… sono anzi molto fiducioso».

Progetti per il futuro?
«Sto preparando un film con il regista Mohammed Soudani, un cortometraggio muto. Io sarò il capostazione un po’ matto e un po’ strano di una piccola stazione ferroviaria. Verranno coinvolti come attori anche membri della mia famiglia e ex studenti della scuola. Sarà un film poetico e comico allo stesso tempo. Originalissimo e divertente».

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