FLASHES E DEDICHE (a cura di Giulio Maffii) – 8. ALESSANDRO DE SANTIS

FLASHES E DEDICHE

IL METRO DELLA METRO

de santis

Ci sono poeti che riescono a costruire con pochi tratti personaggi, ambienti e fornire una fisiognomica empatico-poetica al lettore. Quando nel 2013 uscì per i tipi della Manni “Metro C” l’impressione e l’impatto di lettura fu quella di un “in progress”. De Santis si frammenta rinascendo nei personaggi che popolano Roma e la costruenda metro C. Quindi niente  “è” ma tutto “potrebbe”. Questa illusione concreta traspare anche nell’organizzazione strutturale. Il metro della metro inganna ma è in realtà, sapientemente interrotto per riallacciarsi nel percorso ancora ignoto di una linea immaginaria, in altre osservazioni che troveranno collocazione  nei versi che verranno. Voce interessantissima e di spessore, lo attendiamo, anche fuori orario, alla prossima fermata.  Assaggiando ovvero leggendo le cose che saranno, possiamo dire, senza problemi, che il percorso è nuovamente giusto.

 

Torre Maura

Ore 10,35. Sguardi ottimisti. Un insolito vento

L’uomo senza braccia
non cerca appigli
l’uomo senza braccia
ha sporte che gli pendono dai lembi
muove il mento
come a voler dire qualcosa
il volto smunto
povero di peli
un tipo biondo lo fissa
segue con lo sguardo
la sua ellittica geometria
un uomo – si sa – esige dei legami
non ha motivo d’essere
quell’albero potato,
senza rami.

 

 

 

Difetto

Non voglio più essere un’arma

– nel discorso diretto

Dormire la notte

sognare piccoli coccodrilli

allattare al seno

scattare foto di nudo

Ecco cosa vorrei fare

se solo mio padre fosse vivo

se solo non avessi mai ucciso un uomo

E invece sempre indosso una

smorfia di acciaio,

una cravatta dal nodo

chiodato, e la pelle

del vicino come smoking.

 

PIANO VERTICALE

Sull’orizzonte di legno

una torre Eiffel di sali colorati

e un opossum che dimentico sempre di salutare.

La ragazzina del piano di sopra

piove gocce di mercurio

dalla fronte, mentre suona canti

liturgici con l’insistenza del venditore

telefonico, della ghiaia rimestata.

Vorrebbe laccarlo di rosso

come un giorno di gioia

Morta la meccanica può

sentirsi fortunata, la musica di benvenuto è pur

spaventevole: accenti perfetti, semicrome a tempo,

una linea di mozza della casa

dell’imbecille guerra che diluisce la morte.

 

 

Alessandro De Santis è nato a Roma nel 1976; laureato in Storia Moderna e Contemporanea, vive a Lanuvio, paese dei Castelli Romani dove è assessore alla Cultura e alla Pubblica Istruzione. Scrive narrativa, in particolare racconti, che ha pubblicato in alcune antologie oltre che su diverse riviste cartacee e online.
Ha diretto il blog letterario Luminol ed è editor e curatore dell’omonima collana di narrativa italiana breve per le Edizioni Socrates.
Suoi testi poetici sono stati pubblicati sulle riviste: Nuovi Argomenti, Le Parole e le Cose, Nazione Indiana, El Ghibli, Letras, Sagarana, Atelier e Interno Poesia. Ha esordito con la raccolta Il cielo interrato (Joker Edizioni, 2006) alla quale è seguito Metro C (Manni Editori, 2013); alcune poesie di quest’ultimo libro sono state antologizzate in Cile e ne è in corso una traduzione in lingua araba.

La sua silloge Il verso del taglio è presente nel XII Quaderno di Poesia Italiana Contemporanea (Marcos y Marcos, 2015).

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