InVersi Fotografici III – Il salto nel buio e stellano gli occhi, Nino Oxilla Vs Rodney Smith

se gli occhi fisso a lungo dentro il bujo
stellano gli occhi ed io sento la luce.
Così ritrovo Dio dentro alla luce,
così ritrovo Dio se fisso il bujo.

 

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Quello di oggi è un InVerso stabilmente precario o labilmente definitivo che dir si voglia. Un ossimoro che prende corpo dalla sua ambivalenza, il nonsense del Bianconiglio perennemente in ritarno per un non-appuntamento. Il tempo scorre tra un battito di ciglia e il crepuscolo che illumina lo sguardo.

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I sogni sfuggono al controllo della ragione e permettono ai desideri la rielaborazione fantastica della realtà. Nei sogni il tempo è dilatato piegato al servizio della trama onirica che unisce e divide, rimescola le carte delle possibilità offerte dal fato. Nelle fotografie di Smith, maestro del surrealismo, si espone alla luce un mondo fragile e prossimo al crollo, equilibri precari pronti a rovinare eppure dominati dal una calma serafica che predispone al volo pindarico del sognatore.

Demone o Dio? Qualcosa entro me era, / qualcosa d’impossibile a spiegare; Ero nato a cantar l’ombra e la sera […]Avrò mancato tutto

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Il poeta che ho scelto è Nino Oxilia, un attento osservatore del tempo reale e interiore, restituito con audaci sinestesie attraverso la dimensione sonora del mondo naturale. Nei Canti brevi domina il tema del mare. Il mare è il Caos: il luogo in cui tutto è ancora possibile, dove vige la massima libertà, è metafora dell’adolescenza vista come l’età in cui si concentrano in nuce tutti gli accadimenti della vita. L’uomo in balia di forze imperscrutabili, è sospinto dall’ineluttabilità del destino.

lasciar che ci trascini e vento e  mare

 

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(da Gli Orti)

Contraddizione

Io maschio ben costrutto

per l’amore ed avvezzo agli sportivi

giochi fisici, io, l’uomo dai lascivi

impeti, l’uomo in cui l’istinto è tutto,

io sono triste.

 

Io fecondo animale

che non conosco il rispetto

dell’altalena sociale,

e mi compiaccio dando lo sgambetto

alle dottrine dell’intelligenza,

saltando di piè pari sopra il petto

della menzogna detta convenienza,

io sono triste.

 

Io che passeggio sul puritanismo

a torso nudo come un gladiatore,

che sputo su Loyola con furore

e prendo a calci l’indeterminismo,

io che il metodo aborro e il sillogismo

e il fato greco e il mistico fervore,

io che son sperma e mani e occhi e creta

ma che non son poeta,

io sono triste.

 

Io che ho la penna in mano e fumo e stono

come un treno diretto,

che sono tutto in marcia, testa, petto,

gambe, riso, bestemmie, urla, perdono,

io sono triste…

*

O tristezza! Tu sei la benvenuta,

o amante dei poeti simbolisti.

Noi farem l’orgia delle cose tristi

sulla coltre dell’anima svenuta.

 

Adàgiati che possa contemplarti.

Sei figlia del rimpianto? Od il rimedio

dell’Impotenza? Maschera del Tedio,

o la modella delle Belle Arti?

 

Che sei? La febbre della notte eterna,

o un principio di gastrica? La morsa

dell’attesa o il respiro della corsa?

Sei la provincia o la città moderna?

 

Oggi, ieri, o domani? Il magnetismo

di un occhio ignoto, a un bivio, tra gli specchi?

L’elica di un Caproni od i cernecchi

d’un postiglione del romanticismo?

*

È tardi

È bene che si vada. È tardi. È molto tardi.
Vieni, dammi la mano;
rifacciamo la strada!
La tua casa è lontano.
Perché taci e ti guardi
la punta delle dita?
Piccola tu, mia vita,
vieni, fa tardi.

Le nubi si sono raccolte
tutte su Monte Mario
chiudendo l’ali grige.
Tu piangi e non sai perché piangi.
S’accendono i lumi;
tu vorresti dirmi qualcosa
e mi accarezzi le mani
e i tuoi occhi luccicano
tra le lacrime.

Vieni, dammi la mano;
è bene che rincasiamo.
Non dirmi nulla: io so bene
perché tu piangi.
Andiamo, mia piccola, vieni.
Tu piangi perché fa sera.

*

Sono  stanco delle parole consuete
Sono stanco delle parole
consuete
O sete
di cantarti, o cuore,
liberamente
saltando  ridendo  piangendo d’amore.
Il mio scrittoio fuma
come un cratere.
Il cuore è una palla di gomma:
rimbalza, è un ‘onda di schiuma…
Lasciatemi bere
la lava che  fuma !

 

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Nino Oxilia nasce a Torino il 13 novembre 1889. Inizia la carriera come giornalista, lavorando per riviste come “La Gazzetta di Torino” e “Momento”. Pubblica nel 1909, presso l’editore Spezia di Torino, la prima raccolta di poesie, intitolata Canti brevi, con la quale si inserisce nel movimento crepuscolare. Nel 1911 scrive a quattro mani con Alessandro Camasio la commedia Addio giovinezza! dalla quale vengono tratte quattro pellicole cinematografiche, la prima delle quali girata proprio dal poeta. A soli ventotto anni, Oxilia muore falciato da una granata durante la Prima guerra, il 18 novembre 1917.  L’anno successivo, viene pubblicata postuma la sua seconda raccolta poetica, intitolata Gli orti, dove è presente una cauta adesione al Futurismo.

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Rodney Smith nato il 24 dicembre del 1947, è stato esposto in importanti gallerie e musei, per lo più americani. Nel 1975 ha ricevuto un assegno di ricerca della Fondazione Gerusalemme. Il frutto del suo soggiorno in Israele è stato il suo primo libro fotografico: “In The Land of Light”, pubblicato nel 1983. Dieci anni dopo ha pubblicato il suo secondo libro: “Il libro Hat”. Nel 2005 ha pubblicato il terzo: “Il Libro dei Libri”. Infine, nel 2008 ha festeggiato 40 anni di attività pubblicato il suo quarto volume: “The End”.

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