IL CICLO MITICO DI CANDRA, IL DIO LUNA a cura di Laura Liberale − 4) II. Spose trascurate e spose rubate

Il ciclo mitico di Candra, il dio Luna
di Laura Liberale

 

II. Spose trascurate e spose rubate

 

II.2 Candra e Tārā

Dopo aver conquistato il trimundio, Soma celebrò un grande sacrificio per la sua intronizzazione. Mosso dall’arroganza, portò via con la forza la sposa di Bhaspati, chiamata Tārā. Malgrado le continue richieste da parte del [legittimo marito], il maestro degli dèi, egli, per orgoglio, non la lasciò andare; per tale motivo si verificò una battaglia fra dèi e demoni. Śukra [il precettore dei demoni], a causa dell’inimicizia nei confronti di Bhaspati, scelse di schierarsi dalla parte di Candra, con i demoni. Śiva, con tutte le sue schiere, per affetto verso il figlio del suo maestro, si schierò [dalla parte di Bṛhaspati]. Mahendra, raggiunto dalla totalità degli dèi, si unì al maestro. Per Tārā venne quindi fatta guerra, con falcidia di dèi e demoni.
Allora, messo al corrente da A
giras [il padre di Bṛhaspati], Brahmā, l’Artefice di tutto, dopo aver severamente rimproverato Soma, riconsegnò Tārā al suo sposo. Egli scoprì che era incinta.
Bhaspati disse: “Malvagia! Sgrava, sgrava subito il grembo di mia proprietà e da altri fecondato! Infedele! Essendo desideroso di prole, io non ridurrò in cenere te, che sei una donna!”.
Tārā, piena di vergogna, partorì un bambino splendido come l’oro. Il figlio di Agiras lo volle, e così Soma. “È mio, non tuo!”, [furono le parole] urlate dai due contendenti circa il bambino. Dèi e veggenti chiesero conto a Tārā. Ella, vergognosa, non parlò. Il bambino, indignato, disse alla madre: “A che serve la tua falsa vergogna, o infedele, se non dici il tuo peccato? Dimmi subito!”. Brahmā la convocò privatamente, e consolandola la interrogò. “È di Soma”, disse lei, esitante. Immediatamente Soma si prese il bambino. Brahmā lo chiamò Budha. La profonda intelligenza di quel figlio deliziò Soma, il Re delle stelle.[1]

Tārā, la legittima consorte di Bṛhaspati, il precettore degli dèi, viene dunque portata via con la forza da Candra, e Śukra, il maestro dei demoni, si coalizza immediatamente con Candra, mentre Brahmā interviene per porre fine alla guerra e far confessare Tārā.
Va precisato che Budha, il ‟Risvegliato/Saggio”, figlio di Candra, viene identificato con il pianeta Mercurio; Bṛhaspati, il ‟Signore della preghiera”, con Giove; Śukra, lo ‟Splendente”, con Venere.
Tārā è, letteralmente, la ‟Stella”.
Nella seconda versione proposta (da Brahma-purāa, 82, 2 ss.), Śukra, nel rispetto della norma, si mobilita invece da subito a sostegno di Bṛhaspati, ed è la sua maledizione (non quella di Dakṣa) a condannare Candra alla consunzione:

Candramas disse a Bhaspati: “Celebrerò il rito di adorazione del maestro”. Allora Bhaspati, compiaciuto, disse al discepolo Candra: “Tārā, la mia amata, fulgida come la sposa di Kāma, ne è a conoscenza”. Candramas si recò quindi nei locali interni, per interrogarla. Veduta Tārā, dal volto simile a una stella, egli la prese per mano, spinto dalla bramosia, e la trascinò con forza a casa sua (…) Dopo aver saputo ciò dalla servitù, il saggio Bhaspati si levò e si precipitò là. Constatato il peccato, dopo aver insultato Candra con parole offensive, dalla collera lo maledisse. Quale marito può sopportare di veder molestata la propria moglie da un altro? Così Bhaspati combatté furiosamente con gli dèi contro Candramas. Questi non fu colpito dalle maledizioni, né dalle armi incantate degli dèi. Śaśin non fu colpito dai mantra scagliati da Bhaspati. Privo di qualsivoglia timore, dopo aver condotto Tārā nella sua dimora e averla lì costretta, Candra ne godette, come con Rohiī, per molti anni. Non poteva essere sconfitto dagli dèi, né con manifestazioni di collera, né con maledizioni o mantra, né tramite l’intervento di re e veggenti, né con pacifica negoziazione o minacce e punizioni (…)
Bhaspati si recò da Śukra e lo mise al corrente. Egli, vistolo giungere, lo accolse con rispetto. Dopo che quello si fu seduto e riposato, lo venerò secondo la regola. Poi il precettore dei demoni volle sapere la ragione della sua venuta (…) Bhaspati gli narrò diffusamente, dal principio, del rapimento della sua sposa. Udito il discorso di Bhaspati, Śukra si riempì di collera e riconobbe la colpa del discepolo Candra. All’udire di quella trasgressione, Śukra, dalla rabbia disse: “O fratello, io mangerò, berrò, dormirò e parlerò solo quando ti avrò riportato la cara sposa, da altri molestata. Ascolta le mie parole, o Signore dei pianeti, Tu dalle grandi braccia! Mangerò solo dopo aver venerato Śiva, maledetto Candra che ha recato offesa al suo maestro, e a te la sposa restituita!”.
Dopo aver così parlato, il maestro dei demoni partì con Bhaspati. Propiziando strenuamente Śiva, conseguì il supremo potere. Da Śakara, venerato con devozione, ottenne molteplici doni (…) Śukra, accompagnato da Bhaspati, andò là dove stava Candramas in compagnia di Tārā. Con veemenza lo maledì: “O Candra, ascolta le mie parole! Poiché da te, per arroganza, è stata compiuta un’azione pessima e peccaminosa, diventerai lebbroso!”.
Così Śukra maledì rabbiosamente Candra, che si consumò dunque in seguito alla maledizione (…) Candra liberò Tārā. Śukra, dopo aver invitato dèi, veggenti, moltitudini di antenati, nonché svariati fiumi maschili e femminili, piante medicinali e spose virtuose, cominciò a chieder loro [informazioni circa] le modalità di espiazione [adatte] all’episodio di Tārā. Allora la totalità dei Veda disse agli dèi: “Che Tārā compia con animo devoto un’abluzione nella Gautamī insieme a Bhaspati. Così si purificherà!” (…) Tārā fece l’abluzione col marito, secondo la regola. Ci fu allora una pioggia di fiori e si diffusero cori di vittoria (…)
Una volta restituita la sposa del brahmano, dagli dèi resa priva di peccato, tornò il benessere per tutti. Perciò quel luogo sacro divenne distruttore di ogni peccato e fonte dell’esaudimento di tutti i desideri. Fra gli dèi, nemici dei demoni, si diffusero beatitudine e felicità.

La terza versione (da Devībhāgavata-purāa, I, 11, 5 ss.) è invece particolarmente interessante per la diversità della prospettiva di partenza: Tārā non viene rapita e violata ma è un’adultera consenziente. L’unico che sembra non voler riconoscere il dato di fatto è proprio Bṛhaspati, che in questo racconto si colora perfino di una sfumatura patetica. Quanto a Śukra, viene qui ribadita la sua inimicizia nei confronti dell’eterno rivale Bṛhaspati:

La celebre, amata sposa del maestro Bhaspati si chiamava Tārā. Ella, nel pieno della giovinezza e della bellezza, ardente e dalle amabili membra, si recò nella casa di Candra, che voleva celebrare un sacrificio. Vista la bella e appassionata Tārā, Śaśin se ne innamorò perdutamente, e anche lei, dal volto di Luna, alla vista di Candra s’innamorò. Tārā e Śaśin, colpiti dalle frecce di Kāma, vennero sopraffatti dall’amore, consumati dalla passione (…) Addolorato, Bhaspati mandò un suo discepolo a prendere Tārā, ma ella, ormai soggiogata [da Candra], non si mosse. Allora egli inviò di nuovo il discepolo, ma Candra lo rispedì indietro. Così Bhaspati, adirato, si recò di persona [da Candra].
Giunto alla dimora di Soma, il quale sorrideva arrogantemente, il saggio Signore della Parola disse aspramente: “O Tu dai freddi raggi, perché hai compiuto una simile azione condannata dalla legge? Per quale motivo trattieni la mia bella sposa? Io sono il tuo maestro. Stolto! Come hai potuto godere della sposa del tuo maestro? Perché la trattieni? L’uccisore del brahmano, colui che ruba oro, chi beve, chi viola il talamo del maestro: questi sono i grandi peccatori, e il quinto peccatore è colui che si associa con essi. Tu, malvagio oltre misura, appartieni alla schiera dei grandi peccatori e, se hai goduto di questa donna, non sei degno di far parte degli dèi! Tu, che hai la mente malvagia, liberala, lei che è scura e ha sguardi obliqui! Io non me ne vado [senza la mia sposa]. E se non lo farai, maledirò te, che sei il rapitore dell’amata del tuo maestro!”.
A lui, che in tal modo aveva parlato, al maestro pieno di rabbia e addolorato per la separazione dalla sposa, il Signore di Rohiī disse: “I brahmani privi di collera, conoscitori dei trattati sulla legge, sono degni di venerazione, mentre difficilmente lo sono [gli altri], a causa della loro collera. La bella tornerà volontariamente a casa tua, o Immacolato! Quale danno ti ha arrecato la sua permanenza qui per alcuni giorni? Ella è rimasta di sua spontanea volontà, in cerca dei piaceri dell’amore. Tornerà quando lo vorrà (…)”.
Così disse Śaśin. Il maestro, infelice, ritornò a casa in preda all’ansia e agli affanni d’amore. Trascorsi alcuni giorni, vinto dalle emozioni, si recò di nuovo alla dimora del Signore delle piante medicinali. Lì giunto, in collera, venne fermato alla porta da un guardiano. Śaśin non si presentò e Bhaspati si adirò [ancora di più].
“Egli, che è stato mio allievo, irrispettoso della legge, ha portato via con la forza la sposa del suo maestro, [che per lui avrebbe dovuto essere come] una madre. Riceverà ora da me una lezione!”
Disse furiosamente queste parole, fermo fuori della porta: “Perché te ne stai dentro? Stolto! Peccatore! Infimo fra gli dèi! Dammi subito la mia sposa, altrimenti ti maledirò! Se non mi restituisci l’amata, ti ridurrò in cenere!”.
Udite le folli e dure parole di Bhaspati, Soma, il Signore dei due volte nati, uscì immediatamente e gli disse sorridendo: “Perché tanto parlare? Colei che ha le membra scure ed è dotata di ogni qualità non è adatta a te. Prenditene una brutta che ti si confaccia! Una tale bellezza non si addice alla casa di un mendicante (…) Stolto! Vai pure dove vuoi, io non ti restituirò la sposa! Fai pure ciò che sei in grado di fare, io non ti consegnerò la bella! Non può certo colpirmi la maledizione scagliata da te, sofferente d’amore! Qualsiasi cosa tu intenda fare, io non ti ridarò l’amata!”.
Così disse Śaśin, e il venerabile Bhaspati, indignato e furioso, si recò immediatamente alla dimora di Indra. Veduto il maestro sofferente, Indra – Colui che ha cento sacrifici, il Benfatto – lo venerò con offerte d’acqua, ecc., poi il Munificentissimo disse al maestro: “Perché sei angustiato, o Fortunatissimo? Perché ti affliggi, o grande Silenzioso? Chi, nel mio regno, ti ha offeso? Tu sei il mio maestro, l’intero esercito [divino] (…) è ai tuoi ordini; Brahmā, Viṣṇu, Śiva e i Migliori fra gli dèi ti daranno aiuto. Dunque perché tanta angustia? Dimmi!”. Il maestro disse: “Śaśin ha rapito Tārā, la mia sposa dai begli occhi, e, sebbene più volte da me richiesto di restituirla, quel malvagio non me la restituisce! Che cosa posso fare? O Signore degli dèi, tu sei il mio rifugio! Aiutami! Sono disperato!”.
Indra disse: “Non affliggerti, o Conoscitore della legge! Io sono il tuo servo! Ti riporterò sicuramente la sposa, o Intelligentissimo! E se quel lussurioso, dopo che avrò mandato un messaggero, non te la ridarà, muoverò guerra [contro di lui] con gli eserciti divini!”. Dopo aver così consolato il maestro, Indra il Possente inviò a Soma un messaggero sagace ed esperto, dall’eloquio sorprendente. Raggiunto rapidamente il Candraloka [il mondo di Candra], quel saggio parlò allo sposo di Rohiī.
“O Fortunatissimo, sono stato mandato a te da Indra per riferirti il suo messaggio, e ora lo farò, o Intelligentissimo. Tu sei esperto nella legge, conosci le norme morali, e Atri il Virtuoso è tuo padre. Non puoi commettere un’azione deplorevole (…) Le ventotto belle figlie di Daka sono tue spose, perché dunque vuoi godere dell’amata del tuo maestro, o Ricettacolo di nettare? Godi quanto vuoi delle affascinanti [ninfe] che sempre dimorano nel paradiso, a cominciare da Menakā, e libera la sposa del maestro (…)”
Candra rispose: “(…) Io godo di una donna consenziente (…) Non restituirò la bella. Messaggero, vai e riferisci!” (…)
Così disse Śaśin, e il messaggero tornò da Indra. Gli comunicò tutto ciò che Candra dai freddi raggi aveva detto. Indra l’onnipervadente, Colui che rapido vince, s’infuriò e, allo scopo di aiutare il maestro, fece preparare l’esercito.
Udito della guerra, Śukra, per inimicizia nei confronti del maestro, andò da Śaśin e gli disse: “Non restituire Tārā. O Intelligentissimo, se ci sarà guerra fra te e Indra, verrò in tuo aiuto con la potenza dei mantra!”.
Śakara, invece, sentito del rapporto di Candra con la sposa del maestro, e sapendo che Śukra era il nemico di Bhaspati, offrì il suo aiuto [agli dèi].
La guerra che scoppiò dunque fra dèi e demoni durò molti anni e fu in tutto simile a quella contro il demone Tāraka. Di fronte al perdurare della lotta, Brahmā, l’Avo, assiso sull’oca selvatica, si presentò sul luogo della battaglia per portar pace. Disse quindi all’Amato della Dea del plenilunio: “Libera la sposa del maestro, altrimenti convocherò Viṣṇu e per te sarà la rovina!”.
Brahmā, l’Avo del mondo, fermò Śukra [dicendogli:] “O Intelligentissimo, come hai potuto concepire un’idea così ingiusta? È forse a causa della cattiva compagnia?”. Quindi Śukra fermò Candra, il Signore delle piante medicinali, [e gli disse:] “Libera subito la sposa del maestro! È tuo padre ad avermi mandato da te!”. Udite le inattese parole di Śukra, il Re dei due volte nati restituì la bella e amata sposa del maestro, la quale era incinta. Riavuta la sposa, il maestro tornò felice a casa, e anche dèi e demoni fecero ritorno alle proprie dimore.

La storia continua come già sappiamo: Tārā dà alla luce un bambino dallo splendore lunare, il quale viene rivendicato sia da Bṛhaspati che da Candra. Scoppia di nuovo la guerra, finché Brahmā convince Tārā a rivelare l’identità del padre: Candra, appunto.
Vorrei segnalare ancora la versione di Brahmavaivarta-purāa, IV, 80 e 81, per la particolarità che la consunzione di Candra e le macchie lunari vengono attribuite alla maledizione della stessa Tārā: ella infatti, rapita e violentata, malgrado abbia tentato di dissuadere Candra dal compiere un peccato così abietto, condanna il dio a essere ghermito da Rāhu e oscurato dalle nubi, a coprirsi di macchie e a consumarsi (condanna che verrà poi eseguita materialmente da Śiva). Quando Candra cerca protezione presso Śukra, questi gli consiglia subito di restituire Tārā; nel frattempo, però, sopraggiunge l’esercito degli dèi. Śiva, propiziato da Śukra, accetta di rimuovere il peccato di Candra, donandogli la polvere dei suoi piedi, poi, insieme a Brahmā, lo fa purificare nell’oceano di latte (una sorta di rinascita dallo stesso luogo che a Candra ha dato i natali) e, cosa ancor più interessante per il nostro confronto testuale, divide la Luna in due parti, ponendone la prima sul suo capo (ecco qui un’altra versione del mito di Candraśekhara) e condannando la parte restante a portare le macchie (stavolta a forma d’antilope e non di lepre) come marchio del peccato.
Vediamo infine il brano di arte oratoria esibita invano da Candra nel tentativo di sedurre Tārā (Brahmavaivarta-purāa, II, 58, 14-27):

O Migliore fra le donne, fermati un attimo! O Appassionata, o Eccellentissima, Intelligente fra gli intelligenti! Tu mi rubi incessantemente il cuore! Dopo aver venerato per migliaia di nascite la Natura primordiale, con il frutto della sua ascesi, Bhaspati ottenne te che hai i fianchi larghi, o Oceano d’amore! Ah! Tu, Donna preziosa e appassionata, sempre piena di desiderio, sei stata unita a un saggio asceta inesperto [d’amore]! Quale piacere può trarre il savio dall’unione con l’insipiente? Un oceano di piacere deriva dall’unione fra un uomo e una donna esperti! O Signora, tu, Appassionata, sei invano consumata da Kāma, a causa del karman o di una tua colpa. Chi conosce il cuore di una donna? Sei un ricettacolo di fresca giovinezza, ma essa, giorno dopo giorno, viene sprecata con il tuo vecchio marito. Che dorma o vegli, Bhaspati l’asceta è sempre intento a contemplare Kṛṣṇa. Tu sei invece esperta in faccende d’amore (…) Che piacere può venire dalla vostra unione? Dilettati con me nella primaverile foresta di mādhavī [Gaertnera racemosa], su un letto cosparso di fragranti fiori di sandalo, nella solitaria selva che ha l’effluvio dei fiori sbocciati, o Giovane, o Felice! Nella foresta di campaka [Michelia campaka], con il vento aulente, su un letto di fiori, divertiti con me! Con me nella valle del Malaya, nella selva solitaria, con la dolce brezza profumata di sandalo, o Bella! Nel bosco sulle rive striate d’oro della Narmadā, nel luogo desiderato dagli dèi, godi con me!

 

Chi desidera il godimento veneri Soma!
Bhāgavata-purāa, II, 3, 9

 

Laura Liberale

[1] Bhāgavata-purāa, IX, 14, 1-14.

In copertina: i nava-graha, i nove pianeti.

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