InVersi Fotografici V – Del "linguaggio originario della carne" o della perdita della ragione – Guy Bourdin Vs Artaud

di Cinzia Accetta

Quello di oggi è un InVerso Fotografico surreale, che muove i passi dal contrasto tra realtà e sogno, desiderio e volontà. Coppie antinomiche che si esprimono nella rappresentazione onirica di un mondo interiore impossibilitato a venir fuori e a trovare corrispondenza nel quotidiano. Il subconscio che è rifiuto della logica umana e delle restrizioni imposte dalla società conformista che deflagra nella libertà immaginifica di un universo parallelo e inVerso.

guy-bourdin,-charles-jourdan,-spring-1979

E’ il “dolore di dire”, provocato da una ferita profonda tra la lingua ormai usurata e il pensiero, che impedisce l’espressione

guy-bourdin-1970s

«.Io non sapevo proprio cosa fossero
lo spazio
la possibilità,
e non provavo il bisogno di pensarci;
trattandosi di parole
inventate per definire cose
che esistevano
ma solo di fronte
a un bisogno urgente
e pressante:
quello di sopprimere l’idea,
l’idea e il suo mito
e di far regnare al loro posto
la manifestazione tonante
di questa esplosiva necessità:
dilatare il corpo della mia notte interiore,
del nulla interiore
del mio io
che è notte
nulla,
opacità,
ma che è esplosiva affermazione
che esiste
qualcosa
a cui fare posto: il mio corpo»

A. Artaud, Per farla finita con il giudizio di Dio (testo dello spettacolo radiofonico, 1947), El Paso, Torino, 1991, pag. 39

*

guy-bourdin-iv

«Per esistere è sufficiente lasciarsi andare a essere,
ma per vivere,
bisogna essere qualcuno,
bisogna pure avere un OSSO,
non aver paura di mostrare l’osso,
e rischiare di perdere la carne»

A. Artaud, op. cit.(1947), pag. 25

Guy-Bourdin-NARS-Silver-inspiration

Niente mi tocca, niente mi interessa

se non si rivolge direttamente alla mia carne

L’antidoto alla follia è il corpo che sfugge sempre alla costrizione razionale della realtà e comunica ad un livello ancestrale desideri e bisogni. Bourdin mette in scena le sequenze di una piece teatrale surreale e onirica dove i soggetti galleggiano in un altrove scollegato e decontestualizzato. Metafore del desiderio fisico, sessuale e sensuale le sue immagini provocatorie si collegano direttamente alla percezione sensoriale privata delle sovrastrutture perbeniste. Lo stile è influenzato da quello del suo mentore Man Ray, dal fotografo Edward Weston, dai pittori surrealisti Magritte e Balthus e dal regista Luis Buñuel.

Guy Bourdin

Bourdin fu uno dei più celebri fotografi di moda e pubblicità della seconda metà del ventesimo secolo. Condivise con Helmut Newton il gusto per la provocazione e la stilizzazione, ma l’audacia formale e la forza narrativa delle opere di Bourdin superarono i limiti della fotografia pubblicitaria convenzionale. Frantumando aspettative e mettere in discussione i limiti, pose le basi per un nuovo tipo di fotografia di moda. Bourdin lavorò per Vogue ed Harper’s Bazaar, e curò le campagne promozionali di Chanel, Issey Miyake, Emanuel Ungaro, Gianni Versace, Loewe, Pentax e Bloomingdale’s.

Nacque il 2 dicembre 1928  a Parigi. Fu abbandonato da sua madre l’anno seguente e fu adottato da Maurice Désiré Bourdin. Nel 1950 tornò a Parigi, dove conobbe Man Ray, e ne divenne il protégé. Nei primi anni, le opere di Bourdin furono esibite sotto lo pseudonimo di Edwin Hallan. Nel 1985, Bourdin rifiutò il Grand Prix National de la Photographie, che gli era stato riconosciuto dal ministero della Cultura francese, benché il suo nome fu mantenuto nell’albo d’oro dei vincitori. Alla sua morte, Guy Bourdin è stato riconosciuto come uno dei più grandi fotografi di moda di tutti i tempi, e nel 2001 suo figlio Samuel Bourdin ha pubblicato un volume contenente tutte le migliori realizzazioni del padre, intitolato Exhibit A. La sua prima mostra retrospettiva si è tenuta presso il Victoria & Albert Museum a Londra nel 2003, per poi essere allestita anche presso il National gallery of Victoria di Melbourne, ed il Jeu de Paume di Parigi.

123069