Margherita Rimi

a cura di natàlia castaldi

Margherita Rimi è poeta e neuropsichiatra infantile. La tutela dell’infanzia e dei diritti dei minori è materia fondamentale del suo vivere e agire, non è pertanto difficile comprendere quanto l’attenzione a “un mondo bambino” sia da ritenersi materia centrale della sua stessa poesia. Collabora alle attività culturali della Fondazione Antonio Presti Fiumara d’Arte, ha recentemente ricevuto il “Premio Laurentum” e la segnalazione speciale “Stefano Giovanardi” al Premio Brancati Zafferana 2013, per l’opera edita Era farsi Autoantologia 1974-2011. Ha scritto in versi: Per non inventarmi, (2002); La cura degli assenti, (2007); Era farsi. Autoantologia 1974-2011, (2012).

Testi

(La cura degli assenti, 2007)

La cura

Ci sono che tardano
a venire
come figli attesi
nella notte
Che trovo ormai
di me
Meglio mettere qualcosa
in salvo
riprendere la cura
degli assenti
Coprirsi
del proprio corpo
alle gelate.


(Era farsi, 2012)

a Ignazio mio gemello

Ai piedi del letto il tempo non passava
Era farsi grande raccontare una storia
E la storia non era più una storia
era farsi padre
Il suo disegno non era farsi grande
non era orizzonte la sua mano
Il dolore era farsi carta
farsi carta i troppi desideri
Il suo mondo era grande ed impreciso
la forma del suo cranio
una farfalla.


Paginatura

I tempi dei bambini
mi fanno zoppicare
mi segnano col dito
E quando toccano le cose
l’aria comincia a respirare a disegnare
la sua punteggiatura


Ruote spuntate

I

Staranno sedute le loro anime
sul parapetto
fino a domani
senza le madri

Si può stare fino a domani
se non si ha più da mangiare
se non ci si può più svegliare

Ma i bambini sanno aspettare
senza le madri, le madri
tra il parapetto e il cielo
gambe su gambe su ruote spuntate

*

II

Ma se non si può più essere vivi
fino a domani
fino alle madri
non si può più morire.


Una volta al giorno

E ci muoviamo in fallo
a tutto il vento che ci gira intorno
In una notte. Alle fermate.
Senza chiudere gli occhi. Siamo in mano alle parole
Vorrei dirti su cosa finisce un altro giorno
su cosa sostiene un’altra vita.
Oggetti di scomparsa e ricomparsa
nell’ordine:
Salvami da qui.
Salvami così.
Una volta al giorno la paura
Una volta al giorno la parola.


Dove mi porti

con dedica

Parlami così. Come si fa grande.
Come da qualche parte il tempo ricomincia
quando carta su carta è conta disuguale
quando io sono farfalla e tu sulle mie ali.
Parlami così.
Come risulta il mondo alle domande
quando alla fine non diventano parole.


«Madre e figlio»

per Aleksandr Sokurov

Mentre fiorito il mandorlo barcolla
tu mi aspetterai
dove si sta facendo buio senza aspettarci
Se tremi ancora
per tante volte ti farai abbracciare
«Stretta»
Carezza da una parte
mentre l’altra si domanda
e rimane al collo.


Drammatica del foglio

Si fanno passi perché si rassomiglia
perché si torna in mente all’illusione
al sogno che ha tenuto labbra e veglia
A ventagli si aggiungono le mani
le ossa le vertigini dell’anno
a muovere questo giuramento
di bellezza.


Corpo prima e dopo

Prima ha fame poi ha sete
poi sente il suo dolore
nel cavo poplitéo di destra
E non dorme.
Chi non parla a vuoto è il corpo
Neanche i migliori possono barare


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