FLASHES E DEDICHE – 104 – LE COPPIE DI GIULIA MARTINI

Interno Poesia (di Andrea Cati) ha pubblicato nel 2018 uno dei migliori libri di poesia degli ultimi mesi, quello di Giulia Martini : “Coppie minime”. Lo dico subito perchè ci troviamo davanti ad un lavoro di livello superiore. Tanto è già stato scritto e detto e condensare in poche righe la scrittura della Martini non è semplice. Siamo davanti ad un dettato potente, intelligente, versi mai lasciati al caso e controllati in ogni minimo particolare. La “duplicità” è il cardine, il fulcro scrittorio ma pure questo è un simil-inganno; la duplicità si può specchiare e donare altra immagine di sè. E’ un continuo trasformarsi e rincorrersi tra i versi. C’è un tu, inutile chiedersi quale, c’è semplicemente un tu. C’è un dialogo, ci sono cose minime, coppie minime, c’è una versificazione stratificata dove il lettore si diverte realmente a trovare piani di appoggio, rimandi, citazioni, elaborazioni, omaggi.Il tutto con un’ironia talvolta drammatica, con una maturità impressionante ed una padronanza di conoscenze e mezzi tecnici, che non solo regala piacere, ma è dote non comune neanche in versificatori (mediocri) con molto seguito tra i lettori. Veramente brava l’autrice, con una base solida e scrittura sopraffina e nella sua mescolanza pluriculturale fa capolino, anche, la radice fiorentina come luogo, come quinta, come leggio. Non voglio fare spoiler, leggetela e troverete un mondo dentro un mondo.

 

La traccia del poema
modulata su un suono
mi sembra la tua faccia.

Appare la facciata
del Duomo in piazza Duomo
come un grande problema.

 

 

Avresti potuto essere felice?
Te lo domandi spesso, mentre mandi
i capi bianchi nella lavatrice.

 

 

 

In alto il numero del treno, questo nero
della banchina sveglia la settimana
di un tuo passo. Ora il nume di metallo
annuncia la direzione ai tuoi ginocchi.
Enumero i rintocchi dell’arancia
in folle giro al polso, ti sorveglia
sette volte quattro quello
di provincia che ho da darti.
Ovunque sali
e da ogni parte parti.

 

 

 

 

Io rime, tu rimedi.
Tu vai verso quello che credi,
io verso quello che rimane.

 

 

Ti versi liquidi, io scrivo versi
uxoricidi. Tu ridi tra i vivi.

 

 

Domenica. Io ti battezzo
canora nella canonica
ora di mezzogiorno.
Mi sbattezzo
ai quattro venti per questi roventi
quesiti: conifera o conchiglia?
Che situi dolomitico legifera
ancora di batterti in breccia:
campana, cicuta, cicogna,
la rima prima che nasca.
Se rima per ora mi basta.

 

 

(foto di Leonardo Pasquinelli)

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