Sono passati molti anni da quando, mi sembra su segnalazione di Lello Voce, ho letto testi di Adriano Padua. Uno degli aspetti che mi colpì da subito è stata sicuramente la raffinatezza metrica, timbrica, vocale, utilizzata anche trattando temi forti e di disagio. Il passaggio dall’oralità alla scrittura non risente affatto di “perdite”, come a volte accade anche ai migliori performer. C’è da dire che la coerenza di Padua è intatta, il suo sviluppo narrativo da “La caduta delle parole” (D’If 2009) a quel piccolo capolavoro che è “Still life” (Miraggi 2017) è un continuo work in progress, altalenando soggetti esposti a soggetti nascosti. Entrambi però toccano precise corde, tracciano profondità rare nella scrittura odierna. Questi inediti “in studio” che Padua ci regala, mostrano chiaramente la dimestichezza con la parola. Dietro c’è un lavoro certosino ed una passione visionaria che metamorfizza la “natura morta” e crea continui giochi di forme ma anche di significati. In attesa di nuove e compatte “photos vivantes”, così mi piace cercare di definire (ma non circoscrivere) la scrittura paduana, leggiamo questi suoi testi, con una importante specificazione : per problemi di formattazione del sito ci sono degli “a capo” nei versi che nella realtà non esistono, utilizzo il segno convenzionale [ per far capire che tutto è da leggersi come unico verso.
riscrivere le strade quando sono vuote, lo spazio in cui il silenzio è [diventato niente
memorizzare immagini che vanno a spegnersi, lasciare incisi i segni [dati da ogni perdita
dire tutte le notti, i sogni rinunciati ignoti annunci, e gli occhi [quando sono chiusi a chiave
i muri freddi intorno, scene di dismissione ossessionanti e fisse, [quello che vedono le telecamere
la luce debole arrivare a ondate, amplificarsi nelle vetrate, per poi [lasciare tutto come prima
anche la casa al senso d’abbandono, continuo e intenso, e le parole [che non lo compensano
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passaggi di voci dissolversi al canto sottratte
rimaste distolte parole dal coro di noi
la notte rivela se stessa attraverso leggere
distese di luce dischiusa su questo silenzio
nel buio in cui splende a contrasto le corde si tendono
diventano nervi scoperti devitalizzati
ribaltano il ruolo dei sensi l’ossigeno cambia sapore
e tutto in un solo momento di colpo si stringe e contrae
le vene che spingono il sangue alla gola ed i muscoli
c’è un’alba crescente nel suono dei nodi disciolti
nei segni sul corpo che lasciano la superficie
oggetti analizzati, indizi in nitidezza, nel ricomporre il caos come un [mosaico, di fronte queste mura che ora sono, le pagine di un [dizionario vuoto,
un fantasma sull’acqua, la nave passava da qua, aveva stive piene di [veleno, e il mare era torbido, nero, in uno di quei giorni maledetti,
che sono tutti uguali, si confondono, nell’isola del corpo, in una [lontananza, che si misura in versi e spazi bianchi, tra errori di [sistema, anomalie,
da dentro questa gabbia, di ferro arrugginito, ora ti sto guardando, [per riempire il vuoto, intenta a contemplare la deriva, di cui siamo [gli artefici
un freddo anonimato, che è luogo inospitale, e si protrae nel [generare immagini, come vetrificate nei paesaggi, spazi di [luminosità fossilizzata,
scappati da tutto, da noi, alle spalle un villaggio bruciato, ci protegge [la strada, c’è una guerra alla porta di casa, ma è mancato il coraggio, [non oggi
Adriano Padua è nato a Ragusa il 6/7/1978. Lavora nel campo della comunicazione e dell’informazione. Ha pubblicato le seguenti opere: Le Parole Cadute (d’if, 2009), Frazioni (Gammm e-books, 2010), Alfabeto provvisorio delle cose (Arcipelago, 2010), La presenza del vedere (Polimata, 2010), Schema. Parti del poema (d’if, 2012), Still Life (Miraggi, 2017). Come performer ha partecipato ai maggiori festival e appuntamenti nazionali di poesia (Romapoesia, Parmapoesia, Absolute Poetry di Monfalcone, Festival della poesia civile di Vercelli, Poesia Presente di Milano, Notte Bianca di Roma, RicercaBo di Bologna). Suoi testi sono presenti in numerose antologie, riviste e siti web. Esegue i suoi componimenti con la collaborazione di dj e musicisti.
Penetranti questi testi in cui ci imbattiamo in “oggetti analizzati, indizi in nitidezza” con cui cerchiamo di comporre un disegno, un congegno che possa “ricomporre il caos come un mosaico” dandoci voce, vista la strozzatura della voce da cui siamo assaliti, quando “le corde si tendono / diventano nervi scoperti devitalizzati / ribaltano il ruolo dei sensi l’ossigeno cambia sapore”. Versi che imprimono un’impronta durevole e ben distinguibili, intensa lettura, grazie.
mdp