John Berryman tra petrarchismo e neoavanguardia.

J.Berryman - canti onirici 1978
John Berryman, Canti Onirici e Altre Poesie, 1978

Natàlia Castaldi

John Berryman tra petrarchismo e neoavanguardia.

Nato il 25 ottobre del 1914 in Oklahoma, John Berryman morì suicida gettandosi da un ponte di Minneapolis (nel Minnesota) nelle acque del Mississippi il 7 gennaio del 1972, quando cioè la sua fama di “poet in residence” aveva ormai varcato la soglia della sacerdotale, chiusa e collegiale cerchia dei poeti americani, per giungere fino in Europa, e quindi anche in Italia, con la pubblicazione Einaudi (1969) del poemetto “Omaggio a Mistress Bradstreet”, tradotto e presentato da Sergio Perosa. In questo poemetto costruito con una forma narrativa suddivisa in 57 stanze, il cui valore letterario è per lo più rappresentato dall’aspetto della ricostruzione storica di eventi e costumi, il Poeta inscena un colloquio con il fantasma della prima poetessa nordamericana, Anne Bradstreet, vissuta realmente intorno alla prima metà del 1600, giungendo attraverso la gestione colloquiale del poemetto, a una sorta di autoidentificazione con la donna che narra, tracciando una perfetta ricostruzione storica degli anni del colonialismo più efferato nei quali la giovane Anne è costretta a vivere.
A questa pubblicazione seguì, ma ormai dopo la sua morte, la pubblicazione Einaudi, sempre a cura di Sergio Perosa, di Canti onirici e altre poesie; un corposo volume di ben 287 pagine con testo a fronte (ormai fuori catalogo!!!), che raccoglie le più significative opere dell’autore americano.
Come in molti casi, nonostante sia per me sempre auspicabile scindere l’autore come persona dalla sua produzione poetica, la vita di Berryman e la sua poetica appaiono praticamente irrisolvibili l’una dall’altra per comprendere l’altrimenti difficoltoso ermetismo lirico della maggior parte dei suoi poemi. Berryman infatti, pur partendo dall’imperativo eliotiano della ricerca dell’impersonale, non riuscirà mai realmente (come neppure Eliot in gran parte della sua produzione)ad annullare il suo straripante io (che definirei, come ben si comprenderà in seguito, “bambino”) che, seppur mascherato e mistificato sotto le mentite spoglie di vari personaggi narranti, alla fine non fa altro che rivelare il dato emotivo e biografico da cui lo stesso autore tentò disperatamente di fuggire, tanto poematicamente quanto psicologicamente, durante tutta la sua tragica parabola esistenziale.

Mio malgrado, è dunque necessario tracciare un brevissimo itinerario biografico dell’autore, per tentare di inoltrarci nella lettura delle sue strofe, affrontando le difficoltà che la sua ricerca stilistica, lessicale ed esistenziale, ci porranno dinanzi.
Iniziamo col dire che di John sappiamo che alla nascita si chiamava John Smith jr., e che era figlio di un piccolo banchiere che si suicidò quando John aveva appena dodici anni, sparandosi un colpo di fucile fuori dalla porta della loro casa in Florida, proprio dinanzi alla finestra della camera del figlio. Dopo un breve lasso di tempo, la madre Martha, trasferitasi a New York col figlio per lavorare come insegnate, sposò un altro banchiere di nome John Berryman, che adottò il ragazzo, dandogli il suo cognome.
La morte violenta e volontaria del padre segnò la psiche del giovane John, abitandola di fantasmi, da cui non riuscì mai a liberarsi, tanto da determinarne la sua stessa fine (I scrounge ensamples violent by choise – Canto n.190).
L’ombra del padre e la lotta tra desiderio di comprensione, necessità di perdono e nello stesso tempo furiosa rabbia e rifiuto per la violenza imposta da quel gesto alla sua stessa esistenza, saranno presenti con diversi volti, diversi nomi e diversi accorati e mistificati pianti adulti tra le opere del nostro autore

(… / e sputo sulla tomba di questo orribile banchiere / che all’alba in florida si fece saltare le cervella / oh, quando quando, / ahimè, verrà l’indifferenza, gemo e deliro, / …)

caratterizzando l’io frastornato dai fantasmi del passato che il poeta, nei suoi primi Nervous songs (Canti della paura), farà muovere, agire e parlare, ricorrendo all’escamotage letterario dell’identificazione di sé in vari personaggi narranti:
il prete demente”, “il capitano”, “la ragazza torturata”, etc.

The Song of the Tortured Girl

After a little I could not have told –
But no one asked me this–why I was there.
I asked. The ceiling of that place was high
And there were sudden noises, which I made.
I must have stayed there a long time today:
My cup of soup was gone when they brought me back.

Often “Nothing worse now can come to us”
I thought, the winter the young men stayed away,
My uncle died, and mother broke her crutch.
And then the strange room where the brightest light
Does not shine on the strange men: shines on me.
I feel them strech my youth and throw a switch.

Trough leafless branches the sweet wind blows
Making a mild sound, softer than a moan;
High in a pass once where we put our tent,
Minutes I lay awake to hear my joy.
–I no longer remember what they want.–
Minutes I lay awake to hear my joy.

*

Dopo un po’ non avrei saputo dire –
Ma nessuno me lo chiese – perché ero lì.
Lo chiesi io. Il soffitto del luogo era alto
E c’eran rumori improvvisi; li facevo io.
E oggi devo esserci stata per molto:
Non c’era più la minestra quando mi riportarono.

Spesso “Ora nulla di peggio può capitarci”,
Pensavo, l’inverno che i giovani stettero via,
Morì mio zio, mia madre ruppe la stampella.
E poi la strana stanza dove la luce più fulgida
Non riluce su quegli uomini strani: ma su di me.
Li sento stirarmi la giovinezza e menare le sferza.
Il dolce vento soffia bei rami senza foglie
Con un suono lieve, più tenue d’un lamento;
Su un altro passo ove un tempo mettemmo le tende
Restai sveglia per minuti a udire la mia gioia.
– Non ricordo più che cosa vogliono –
Restai sveglia per minuti a udire la mia gioia.

(Canti della paura – Canto della ragazza torturata – pag. 17)

Fantasmi e paure di cui Berryman non riuscirà a liberarsi neanche nei suoi successivi “Berryman’s sonnets”, che costituiscono un vero e proprio canzoniere amoroso in cui il Poeta traccia il dettagliato resoconto di un adulterio narrato sì in prima persona, ma sempre giocato in forma di dialogo nello sdoppiamento tra un io narrante e un io agente, che sembrano osservarsi reciprocamente nella personificazione triviale, e al tempo stesso lirica, della crudele carnalità amorosa che li travolge;

[…]
I prod our English: cough me up a word,
Slip me an epithet will justify
My daring fondle, fumble of far fire
Crackling nearby, unreasonable as a surd,
A floash of light, an insight: I am the sky
Vehicle of your cadmium shine … your choir.

[…]
Pungolo il nostro inglese: sputa fuori una parola,
Passami un epiteto che giustifichi il mio audace
Coccolare e brancicare d’un fuoco lontano, che
Scoppietta vicino, assurdo come un numero irrazionale,
Un lampo di Luce, un intuito: io sono il timoroso
Veicolo del tuo cadmio fulgore … il tuo coro.

(Berryman’s sonnets – n. 66, pag. 41)

fino a sfociare in un chiaro omaggio al Petrarca nel sonetto n. 77 a pag. 43, in cui il petrarchismo post-moderno di Berryman viene svelato e giocato sul filo ironico di aulicismi contrapposti, o giustapposti, alla neoavanguardia del linguaggio parlato;

75.

Swarthy when young; who took the tonsure; sign,
His coronation, wangled, his name re-said
For euphony; off to courts fluttered, and fled;
Professorships refused; upon one line
Worked years; and then that genial concubine.
Seventy springs he read, and wrote, and read.
On the day of the year his people found him dead
I read his story. Anew I studied mine.

Also there was Laura and three-seventeen
Sonnets to something like her … twenty-one years …
He never touched her. Swirl our crimes and crimes.
Gold-haired (too), dark-eyed, ignorant of rimes
Was she? Virtuous? The old brume seldom clears.
–Two guilty and crepe-yellow months
Lise! be our bright surviving actual scene.

*

Abbronzato da giovane; prese la tonsura; segno,
L’incoronazione, rimediata, il nome ridetto
Per euforia; accorse in varie corti e ne rifuggi;
Rifiutò nomine a professore; su un verso
Lavorò per anni; e poi quell’amabile concubina.
Per settanta primavere lesse, scrisse e lesse.
A capodanno lo trovò morto la sua gente.
Lessi la sua storia. Da capo ristudiai la mia.

C’era anche Laura e trecentodiciassette sonetti
A qualcosa che le rassomigliava … ventun anni …
Non la toccò mai. Turbinano i nostri delitti e delitti.
Coi capelli d’oro (anche lei), gli occhi neri, ignara
Di rime? Virtuosa? Di rado la vecchia bruma si schiara.
– due mesi di giallo-crespo e colpa segreta,
Lisa! sopravvivano come nostra fulgida scena concreta.

(Berryman’s sonnets – n. 75, pag. 43)

intessendo un quadro stilistico di parti e maschere che si intrecciano nel suono delle rime e nella scansione delle strofe, secondo uno schema che prevede che ogni Canto sia composto di 18 versi giambici suddivisi in tre stanze, cadauna di sei versi, con una varia e non regolare alternanza di rime e “mezzi-versi”, per lo più al centro o a fine strofa, che costituiscono una rigida e personalissima impalcatura poematica che caratterizzerà sia i sonetti che, successivamente, i 385 Canti onirici, divisi in due raccolte consequenziali: una prima intitolata 77 Dream Songs (77 Canti onirici), ed una seconda – esplicitamente dedicata “a Mark Van Doren e alla sacra memoria di Delmore Schwartz” -, intitolata His Toy, his Dream, his Rest (Il suo trastullo, sogno e quiete), la cui numerazione riprende appunto dal canto numero 78 per concludersi col 385esimo canto. Con questa imponente opera, Berryman celebra l’elegiaca, sarcastica, ma pur sempre lirica epopea di un eroico personaggio di nome Henry, che sembra destinato a confrontarsi e scontrarsi con il mondo che lo circonda e con il suo principale interlocutore, un misterioso Mr Bones (Signor Ossa), col quale instaura un dialogo continuo, duro e ironico, su fatti ed aneddoti che tracciano un percorso di vita privato arricchito da citazioni e rimandi alle parole ed alle vite di altri poeti come Yeats, Randall Jarrell, Eliot, Ezra Pound, Frost, Sylvia Plath, …; ma anche mantenendo viva l’attenzione e la narrazione degli avvenimenti sociologici, storici e politici che affliggono e scandiscono il tempo della vita di quest’uomo eroico e comune, che osserva rabbioso e impotente i sanguinosi eventi della guerra del Vietnam, che travolge dinanzi ai suoi occhi un’intera generazione di giovani uomini destinati ad affrontarne le catastrofiche conseguenze ( … / in eighteen costumes kept us unaware / that we were killing Asiatics, daily, / with the disgusting numbers given / on my front page, at which, my love, I stare)

Più l’opera e il colloquio tra Henry e Mr Bones prosegue nel suo alternarsi di lirismo, dolore e assorta e ironica osservazione dei fatti e delle emozioni che da esse scaturiscono, più il Poeta emerge e si denuda delle mentite spoglie di Henry, fino a manifestare apertamente la sua piena identificazione col tragico eroe che via via ha descritto:

(… / I, Henry Pussy-cat, being in ill-health / & 900 years old, begin & cease, / to doubt. / When my old friend complained to my older friend  / “Why don’t you come see me more often?” / “I’m afraid you will find me out”).

.

dai Canti Onirici

34.

My mother has your shotgun. One man, wide
in the mind, and tendoned like a grizzly, pried
to his trigger-digit, pal.
He should not have done that, but, I guess,
he didn’t feel the best, Sister,–felt less
and more about less than us …?

Now–tell me, my love, if you recall
The dove light after dawn at the island and all–
here is the story, Jack:
he verbed for forty years, very enough,
& shot & buckt–and, baby, there was of
schist but small there (some).

Why should I tell a truth? when in the crack
of the dooming & emptying news I did hold back–
in the taxi too, sick–
silent–it’s so I broke down here, in his mind
whose sire as mine on esame way–I refuse,
hoping the guy go home.

34.

Mia madre ha il tuo fucile. Un uomo solo,
con la mente stravolta e artigli d’orso, si squarciò
al tocco del grilletto, caro mio.
Non doveva farlo, ma immagino, Sorella,
che non si sentisse troppo bene, –che si sentisse non proprio
se non peggio come noi …?

Ora–dimmi, amor mio, se ti ricordi
La luce di colomba dopo l’alba sull’isola ed il resto–
ecco la storia, Jack;
favellò per quarant’anni, a sufficienza,
sparò e si piegò in due–e, bellezza, di schisto
là ce n’era ben poco (un po’).

Perché dovrei dire il vero? quando nello schianto
della notizia esiziale e svuotante mi ritrassi–
anche in tassí, vomito–
in silenzio–ecco come mi ruppi qui, nella mente di lui
il cui padre come il mio allo stesso modo–mi rifiuto,
sperando che se ne torni a casa.

*

75.

Turning it over, considering, like a madman
Henry put forth a book.
No harm resulted from this.
Neither the menstruating stars (nor man) was moved
at once.
Bare dogs drew closer for a second look

and performed their friendly operations there.
Refreshed, the bark rejoiced.
Seasons went and came.
Leaves fell, but only a few.
Something remarkable about this
unshedding bulky bole-proud blue-green moist

thing made by savage & thoughtful
surviving Henry
began to strike the passers from despair
so that sore on their shoulders old men hoisted
six-foot sons and polished women called
small girls to dream awhile toward the flashing & bursting tree!

75.

Riflettendo, considerando, con una mattata,
Enrico pubblicò un libro.
Non ne risultò alcun male.
Né le stelle mestruanti (né l’uomo) si commossero
subito.
Cani nudi s’avvicinarono a dare un’altra occhiata

e a compiervi le loro amichevoli operazioni.
Rinfrescata, ne gioì la corteccia.
Andaron e veniron le stagioni.
Caddero foglie, ma non tante.
Un che d’insolito nella tenuta
Di questa verdeazzurra grossa cosa umidiccia

fiera del tronco, opra del selvaggio, pensieroso
sopravvissuto Enrico
cominciò a stornare dalla disperazione i passanti
tanto che sulle spalle indolenzite i vecchi issarono
figli di due metri, e donne raffinate chiamarono
le bimbe a sognare su quell’albero balenante e rigoglioso!

*

76.
Henry’s Confession

Nothing very bad happen to me lately.
How you explain that? –I explain that, Mr Bones,
terms o’ your bafflin odd sobriety.
Sober as man can get, no girls, no telephones,
what could happen bad to Mr Bones?
If life is a handkerchief sandwich,

in a modesty of death I join my father
who dared so long agone leave me.
A bullet on a concrete stoop
close by a smothering southern sea
spreadeagled on an island, by my knee.
–You is from hunger, Mr Bones,

I offers you this handkerchief, now set
your left foot by my right foot,
shoulder to shoulder, all that jazz,
arm in arm, by the beautiful sea,
hum a little, Mr Bones.
–I saw nobody coming, so I went instead.

76.
La confessione d’Enrico

Nessun disastro da un po’ di tempo in qua.
Come spiega? –Lo spiego, Signor Ossa,
co’ ’sta strana, sorprendente sobrietà.
Modello di virtù, né donne né telefono,
che guai può capitargli al Signor Ossa?
Se la vita è un sandwich di fazzoletti

in pudore di morte mi ricongiungo a mio padre
che tanto tempo fa osò lasciarmi.
Una pallottola sul portico di cemento
presso un soffocante mar meridionale
stramazzato su un’isola, accanto al mio ginocchio.
–Lei è ’no strazio, Signor Ossa,

eccole questo fazzoletto, ora metta
il piede sinistro vicino al destro mio,
spalla a spalla, e tutta la manfrina,
sotto braccio, presso il magnifico mare,
canticchi un po’, Signor Ossa.
–Non vidi nessuno venire, e allora ci andai io.

*

da Il suo trastullo, sogno, e quiete

103.

I consider a song will be as humming-bird
Swift, down-light, missile-metal-hard, & strange
as the world of anti-matter
where they are wondering: does time run backward–
which the poet thought was true; Scarlatti-supple;
but can Henry write it?

Wrekt, in deep danger, he shook once his head,
returning to meditation. And word had sped
all from the farthest West
that Henry was desired: can he get free
of the hanging menace, & this all, and go?
He doesn’t think so.

Therefore he shakes and he will sing no more,
much less a song as fast as said, as light,
so deep, so flexing. He broods.
He may, rehearsing, here of his bad year
At the very end, in squalor, ill, outside.
–Happy New Year, Mr Bones.

103.

Reputo che il canto sarà come colibrì
rapido, aereo, metallico come missile e strano
come il mondo dell’antimateria
dove si chiedono: corre il tempo all’indietro–
che per il poeta era vero; agile, alla Scarlatti;
ma lo sa scrivere Enrico?

Torturato, in gran periglio, scosse una volta il capo,
riprese a meditare. Ed era corsa voce
dal più lontano West
che Enrico era agognato: può liberarsi
dell’incombente minaccia, e tutto questo e andarci?
Non gli par proprio.

Perciò trema e più non canterà, tanto meno
un canto così rapido, leggiero e profondo,
flessibile. Rimugina. Può darsi che possa,
riprovandolo, qui di quest’orribile anno
alla fine, nello squallore, malato, fuoriuscito.
–Buon Anno, Signor Ossa.

*

162.
Vietnam

Henry shuddered: a war which was no war,
the enemy was no tour enemy
but theirs whoever they are
and the treaty-end that might conclude it more
unimaginable than Alice’s third volume –eee–
and somehow our policy bare

in eighteen costumes kept us unaware
that we were killing Asiatics, daily,
with the disgusting numbers given
on my front page, at which, my love, I stare.
Better would be a definite war with the dragon,
taught to hate us wholly.

Better than the Buddhists self-incinerated
A colossal strike: on military targets
Near eighteen Chinese cities.
That would make them think: as we have stated,
an end to aggression will open up new markets
and other quarter-lies.

162.
Vietnam

Enrico rabbrividì: una guerra che non era guerra,
il nemico non il nostro nemico
ma il loro, chiunque siano,
e il trattato che potrebbe concluderla inimmaginabile
quanto un terzo volume di Alice – eh eh –
e così la nostra politica nuda

in diciotto costumi ci tenne all’oscuro
che ogni giorno uccidevamo vietnamiti
con le cifre disgustose sbandierate
in prima pagina, che, amore, guardo ad occhi sbarrati.
Meglio sarebbe una precisa guerra col drago,
istruito a odiarci fino in fondo.

Meglio dei Buddisti che si son dati fuoco
Una massiccia offensiva: su bersagli militari
Vicino a diciotto città della Cina.
Ciò li farebbe pensare: come abbiamo detto,
por fine all’aggressione aprirà nuovi mercati,
ed altre mezze menzogne.

*

172.

Your face broods from my table, Suicide.
Your force came on like a torrent toward the end
of agony and wrath.
You were christened in the beginning Sylvia Plath
and changed that name for Mrs Hughes and bred
and went on round the bend

till the oven seemed the proper place for you.
I brood upon your face, the geography of grief,
hooded, till I allow
again your resignation from us now
though the screams of orphaned children fix me anew.
Your torment here was brief,

long falls your exit all repeatingly,
a poor exemplum, one more suicide
to stack upon the others
till stricken Henry with his sisters & brothers
suddenly gone pauses to wonder why he
alone breasts the wronging tide.

172.

Il tuo volto incombe dal tavolo, Suicidio.
La tua forza travolse come un torrente verso la fine
di angoscia e ira.
Battezzata all’inizio Sylvia Plath
hai cambiato il nome in Mrs Hughes, figliato
e oltrepassato la curva

finché il forno ti parve il luogo adatto.
Medito sul tuo volto, geografia del dolore,
incappucciato, finché ti concedo
le tue nuove dimissioni, ora, da noi
benché le grida degli orfanelli mi trafiggano ancora.
Qui il tuo tormento fu breve,

protratta la tua uscita, un fatto ricorrente,
povero esempio, un altro suicidio
da mettere sugli altri
finché Enrico colpito con sorelle e fratelli d’un tratto
dipartiti s’arresta a domandarsi
perché lui solo tenga testa alla corrente.

*

190.

The doomed young envy the old, the doomed old the dead young.
It is hard & hard to get these matters straight.
Keats glares at Yeats
Who full of honours died & being old sung
his strongest. Henry appreciated that hate,
but what now of Yeats’

lucky of-Fanny-free feeling for Keats
who doomed by Mistress Gonne proved barren years
and saw his friends all leave,
stale his rewards turn, & cut off then at his peak,
promising in his seventies! All fears
save that one failed to deceive.

I scrounge ensamples violent by choise.
In most what matters, henry wondered. Let’s lie.
All we fall down & die
after a course worse of a stoppage of voice
so terrible I have no more to say
but best is the short day.

190.

I giovani condannati invidiano i vecchi, e i vecchi condannati i morti giovani.
È difficile e duro afferrare queste cose.
Keats guarda male Yeats
che morì con tutti gli onori e da vecchio cantò
col massimo vigore. Enrico apprezzò quell’odio,
ma che dire di Yeats nei riguardi di Keats

–una fortuna essersi liberato di Fanny–
lui che stregato da Maud Gonne ebbe sterili anni
e si vide abbandonato dagli amici,
scipite le ricompense, e poi stroncato al culmine,
promettente a settant’anni! tutte le paure
tranne quella non riusciron nell’inganno.

Scrocco per scelta violenti exempla.
In ciò che conta più, Enrico non sapeva. Mentiamo.
Tutti cadiamo e moriamo
dopo un decorso peggiore d’un arresto di voce
tanto terribile che non ho altro da dire:
meglio il giorno più corto.

*

312.

I have moved to Dublin to have it out with you,
majestic Shade, You whom I read so well
so many years ago,
did I read your lesson right? did I see through
your phases to the real? Your heaven, your hell
did I enquire properly into?

For years then I forgot you, I put you down,
ingratitude is the necessary curse
of making this new:
I brought my family to see me through,
I brought my homage & my soft remorse,
I brought a book or two

only, including in the end your last
strange poem made under the shadow of death
Your high figures float
again across my mind and all your past
fills my walled garden with your honey breath
wherein I move, a mote.

312.

Sono venuto a Dublino per fare i conti con te,
Ombra maestosa, che lessi così bene
Tanti anni fa,
ho appreso la tua lezione a dovere? ho letto tra
le frasi fino al reale? nel tuo cielo, nel tuo inferno,
ho bene indagato?

T’ho poi scordato per anni, messo da parte,
l’ingratitudine è un male necessario
per rinnovar le cose:
ho portato la famiglia per cavarmi d’impaccio,
ho portato il mio fiacco rimorso e il mio omaggio,
solo un libro o due

ho portato, incluse alla fine le tue ultime
strane poesie composte sotto lo spettro della morte
Le tue alte figure volteggiano
Ancora nella mente e tutto il tuo passato
Colma il mio orto recinto d’un alito mielato
In cui, festuca, mi aggiro.

*

365.

Henry, a foreigner, lustful & old,
bearded, exasperated, lay in bed
cursing his enemies.
He loved his friends with a thick love, them to hold
To him in all his bad times, which were rife.
Henry living & dead

was full of friends & foes: he had no team-spirit.
He lashed the lapses of those who were to inherit.
He sank back exhausted.
Grimy dreams wore him out. He woke half-sane
& screamed for stronger drinks. Open the main!
Pour, if necessary, drinks down him.

I, Henry Pussy-cat, being in ill-health
& 900 years old, begin & cease,
to doubt.
When my old friend complained to my older friend
“Why don’t you come see me more often?”
“I’m afraid you will find me out”.

365.

Enrico straniero, vecchio e lussurioso,
barbuto, esasperato, restò a letto
a maledire i nemici.
Gli amici li amava di saldo amore, per tenerli
a sé nei brutti momenti, che imperversavano.
Enrico vivo e morto

era pieno d’amici e nemici: nessuno spirito di squadra.
Sferzava le cadute di chi avrebbe ereditato.
Si accasciò prostrato.
Sudici sogni lo esaurirono. Si destò mezzo assennato
e reclamò più forti beveraggi. Aprite le condutture!
Versategli giù, se necessario.

Io, Enrico Gatto-miao, in pessima salute,
a 900 anni, comincio e cesso
di dubitare.
Quando il mio vecchio amico si lagnò con quello più vecchio
“Perché non vieni a trovarmi più spesso?”
“Temo che tu mi possa veder dentro”

*

384.

The marker slants, flowerless, day’s almost done,
I stand above my father’s grave with rage,
often, often before
I’ve made this awful pilgrimage to one
who cannot visit me, who tore his page
out: I come back for more,

I spit upon this dreadful banker’s grave
who shot his heart out in a Florida dawn
O ho alas alas
When will indifference come, I moan & rave
I’d like to scrabble till I got right down
away down under the grass

and ax the casket open ha to see
just how he’s taking it, which he sought so hard
we’ll tear apart
the mouldering grave clothes ha & then henry
will heft the ax once more, his final card,
and felli t on the start.

384.

La lapide è storta, senza fiori, all’imbrunire,
con furore sto sulla tomba di mio padre,
spesso, spesso prima d’ora
in atroce pellegrinaggio son dovuto venire
a uno che visitarmi non può, che strappò
la pagina: ci ritorno ancora,

e sputo sulla tomba di questo orribile banchiere
che all’alba in florida si fece saltare le cervella
oh, quando quando,
ahimè, verrà l’indifferenza, gemo e deliro,
vorrei grattare fino ad arrivare
sotto l’erba, alla cella

e con l’ascia spaccare la cassa, ah, per vedere
come se la passa, ottenuto lo scopo, il padre mio,
stracceremo
i decrepiti vestiti della tomba e allora
ancora, ultima sua carta, Enrico alzerà l’ascia
per vibrarla sull’avvio.

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