Vincenzo Galvagno

a cura di natàlia castaldi

Vincenzo Galvagno nasce a Catania il 28 novembre del 1981. Vive a Biancavilla, un paese dell’hinterland catanese, è praticante avvocato. Ha collaborato con “IsolaPoesia”. È poeta lettore nei cicli “Notte della Poesia” e “Rito della Luce”, organizzati dalla fondazione Fiumara d’arte di Antonio Presti. Sue poesie sono apparse su “Moby Dick”, curata da Loretto Rafanelli, e su “VivereMilano”, nella rubrica curata da Alberto Pellegatta.
Nel 2013 pubblica per Ladolfi Editore la silloge “Ablativi assoluti”, con prefazione di Maria Attanasio. L’ablativo assoluto, sintatticamente rappresenta un elemento di distacco e solitudine che completa la frase, ma nello stesso tempo ne è assolutamente avulso, eliminabile per inciso. Gli ablativi assoluti di Galvagno sono in questo senso “metafora della solitudine dell’individuo”, e strutturalmente si dividono in tre parti: “Poesia e verità”, “Turbata quiete di pubblico incanto” – che già dal titolo sembra riecheggiare, o fors’anche omaggiare, la dannazione dell’incomunicabilità espressa dalla grande Jolanda Insana nel suo “Turbativa d’incanto” -, e “Ablativo Assoluto”, titolo appunto metaforico che raccoglierà i tre elementi narrativi in un unico percorso di consapevole lacerazione.
La prima sezione, “Poesia e verità”, opera un ribaltamento della spinta eroica classica laddove, partendo da citazioni bibliche ad esergo e titolo dei singoli componimenti, si vedranno indissolubilmente legate e predeterminate le storie dei personaggi classici dell’Iliade (privi di tratti eroici e pathos omerico) ai comandamenti di un Dio biblico privo di pietas, indifferente o parziale alla stregua di un qualunque dio pagano, disinteressato alle sorti dei mortali.
Nella seconda sezione, “Turbata quiete di pubblico incanto”, viene narrata in forma di tragedia composta di cinque atti introdotti da un prologo, la storia vera di due giovani omosessuali che, nella Sicilia del 1980, vengono uccisi per mano del nonno di uno dei due che non sopporta lo scandalo e la maldicenza che sta insidiando la quiete e il buon nome della propria famiglia. Il fatto di cronaca sarà qui traslato letterariamente in maniera shakespeariana, trasformando l’omicidio in omicidio-suicidio dei due protagonisti.
Nell’ultima sezione, infine, vengono demolite le architetture portanti delle precedenti narrazioni poetiche, per dare spazio all’autore stesso che, parlando in prima persona, dà voce alle proprie esperienze personali, svelandosi come “Ablativo assoluto”, dunque metafora di solitudine dell’intero percorso narrativo.

Testi

Chi esce da questo luogo non vi farà più ritorno, ma morirà nel luogo dove lo condurranno prigioniero e non rivedrà più questo paese.
Geremia 22,11

Avesti già immaginato
l’Andròmaca di ghiaccio
che sono al tuo funerale? Così

mi guardo le mani,
una bussola
dalla quale esco, entrano
scarafaggi, muoiono ridendo
ma a testa in su e sembrano tristi.

È il fuoco,
ora colore dei tuoi colori,
Èttore, a sciogliermi
e neve scorre col sangue.
Sto, grigia come i garage sudati
dove andavamo a ballare,
che io odiavo in segreto
come quando facevi
odore di anfetamina.

(da Poesia e Verità)


da Turbata quiete di pubblico incanto
(Dramma in cinque atti)

Il 31 ottobre del 1980 un pastore ritrova in un agru- meto di Giarre (Ct) una lettera di addio accanto ai corpi, abbracciati e con le mani intrecciate, di Giorgio Agatino Giammona e Antonio Galatola. Venticinquenne figlio di un facoltoso commerciante di strumenti musicali il primo, e quindicenne figlio di un venditore ambulante di giocattoli il secondo, si innamorarono l’uno dell’altro. Il sentore dell’imminente scandalo nel chiacchericcio della gente di paese (li chiamavano con sarcastica antonomasia “i ziti”, i fidanzati) e la non intenzione a separarsi li spinsero inesorabilmente verso il suicidio; compirono la loro tragedia armando di una calibro 7,65 la mano del nipote dodicenne di Antonio, promettendogli un regalo in cambio del favore: un orologio.

*

ATTO TERZO

IL CONTATTO

Sincronizzare la natura
maledettamente diacronica del tempo,
non lo posso fare. Amarti ed essere amato da te,
come sicuramente sarebbe se potessimo ripassare
attraverso la vulva del tempo o ad una falla
che ci porta a fra 50 anni, è un pensiero
che non riesco ancora neanche a formulare bene;
__________________________________  mentre
tu, con un colpo di lingua, hai già sfilato
una grossa parte mentale di me,
e mi hai ridotto a un vegetale. La mela
a cui dai un morso e che ormai comunque
se non la mangi tutta
dalla rabbia si marcisce.

*

ATTO QUINTO LA LETTERA

Cuor del mio cuore, se avessi di più
Di più avresti ai tuoi piedi.

Dobbiamo restituire
il fiore

la bocca rimetta il pasto
la mela si riattacchi all’albero
torni il fiore che noi

piantammo fuori dai vasi
cristiani, nel niente.

1980, Giarre, Italia.


da Ablativo assoluto

My family is not in existence

Io a mezzanotte e mezzo vado a dormire a pancia in
giù con la testa rivolta a sinistra tra lenzuola profu-
matissime, stanco per aver studiato tutto il giorno
libri di giurisprudenza e poesie di Sylvia Plath.
Mio padre viene a trovarci ogni settimana.
Mia madre porta la mattina a spasso il cane
e il suo autismo attraverso tutti i canali dei telecomandi
per tutto il resto del giorno.
Mio fratello è teso a spolverarci ogni giorno per al-
lontanare possibili maldicenze sul nostro conto
diventa ogni giorno più pazzo.
E il cane? Si chiama Stoosh.
Abitiamo la casa dove prima abitavano
i genitori di mio padre,
prima di loro chi? Uno dopo l’altro ce ne andremo,
altri respireranno per questi muri.
E credimi noi non saremo mai esistiti.

***

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