Lucio Piccolo

a cura di Diego Conticello

Piccolo di Calanovella Lucio. Poeta italiano (Palermo 1901 – Capo d’Orlando 1969). Ultimo genito di una famiglia nobile – che annovera ben tre Viceré in Sicilia – e cugino per parte materna di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ha sempre vissuto dei proventi derivati dai numerosi possedimenti terrieri sparsi nella provincia messinese, in particolare nella zona dei Nebrodi, risiedendo appartato – sin dai primi anni ’30 – in una villa di campagna in contrada Vina, sulle colline sovrastanti la cittadina di Capo d’Orlando, dirimpetto alle isole Eolie. Oltre a diverse raccolte poetiche di impeccabile armonia musicale, ritmica e stilistica che lo avvicinano alla temperie barocca europea, ha scritto alcune prose liriche, raccolte sotto il titolo L’esequie della luna, nonché alcune composizioni musicali, tra cui un Magnificat e un riadattamento per canto e piano di Innanzi l’alba su testo di Gabriele D’Annunzio. Appena maggiorenne intrattenne una lunga corrispondenza su temi filosofici, mistici e spirituali col futuro premio Nobel irlandese William Butler Yeats. Prediletto da Eugenio Montale il quale, dopo aver scoperto la sua poesia in seguito ad un’errata affrancatura postale nell’invio del libretto 9 liriche, a causa della quale dovette pagare 180 lire di sovrattassa, lo presentò al grande pubblico nel corso di un meeting letterario svoltosi a San Pellegrino Terme (BG) nel 1954, in cui otto poeti laureati introducevano altrettanti esordienti. Apprezzato inoltre da Yeats, Pound, Pasolini, Sciascia, Contini, Moravia, Pizzuto e Consolo fu per alcuni anni giurato del prestigioso premio letterario “Brancati” di Zafferana Etnea e arrivò a tradurre diversi poeti da più di dodici lingue, compreso greco, latino, ebraico, aramaico antico, persiano, arabo. Diverse le opere poetiche: 9 liriche (s.d. ma 1954); Canti barocchi e altre liriche (1956); Gioco a nascondere. Canti barocchi e altre liriche. (1960, II edizione 1967); Plumelia (1967, II edizione 1979); La seta ed altre poesie inedite e sparse (1984); Il raggio verde e le altre poesie inedite (1993). Riedizioni: Canti barocchi e Gioco a nascondere (2001); Plumelia, La seta, Il raggio verde e altre poesie (2001); 9 liriche (II edizione 2010).

Testi

(Da: 9 Liriche, 1954)

Mobile universo di folate

Mobile universo di folate
di raggi, d’ore senza colore, di perenni
transiti, di sfarzo
di nubi: un attimo ed ecco mutate
splendon le forme, ondeggian millenni.
E l’arco della porta bassa e il gradino liso
di troppi inverni, favola sono nell’improvviso
raggiare del sole di marzo.

(Da: Canti barocchi e altre liriche, 1956)

Scirocco

E sovra i monti, lontano sugli orizzonti
è lunga striscia color zafferano:
irrompe la torma moresca dei venti,
d’assalto prende le porte grandi
gli osservatori sui tetti di smalto,
batte alle facciate da mezzogiorno,
agita cortine scarlatte, pennoni sanguigni, aquiloni,
schiarite apre azzurre, cupole, forme sognate,
i pergolati scuote, le tegole vive
ove acqua di sorgive posa in orci iridati,
polloni brucia, di virgulti fra sterpi,
in tromba cangia androni,
piomba su le crescenze incerte
dei giardini, ghermisce le foglie deserte
e i gelsomini puerili – poi vien più mite
batte tamburini; fiocchi nastri…

Ma quando ad occidente chiude l’ale
d’incendio il selvaggio pontificale
e l’ultima gora rossa si sfalda
d’ogni lato sale la notte calda in agguato.


(Da: Gioco a nascondere, 1960)

Gioco a nascondere

[…] Se noi siamo figure
di specchio che un soffio conduce
senza spessore né suono
pure il mondo dintorno
non è fermo ma scorrente parete
dipinta, ingannevole gioco,
equivoco d’ombre e barbagli,
di forme che chiamano e
negano un senso – simile all’interno
schermo, al turbinio che ci prende
se gli occhi chiudiamo, perenne
vorticare in frantumi
veloci, riflessi, barlumi
di vita o di sogno
− e noi trascorriamo inerti spoglie
d’attimo in attimo, di flutto in flutto
senza che ci fermi il giorno
che sale o la luce che squadra le cose. […]


I giorni

I giorni della luce fragile, i giorni
che restarono presi ad uno scrollo
fresco di rami, a un incontro d’acque,
e la corrente li portò lontano,
di là dagli orizzonti, oltre il ricordo,
− la speranza era suono d’ogni voce,
e la cercammo
in dolci cavità di valli, in fonti –
oh non li richiamare, non li muovere,
anche il soffio più timido è violenza
che li frastorna, lascia
che posino nei limbi, è molto
se qualche falda d’oro ne traluce
o scende a un raggio su la trasparente
essenza che li tiene –
ma d’improvviso nell’oblio, sul buio
fondo ove le nostre ore discendono
leggero e immenso un subito risveglio
trascorrerà di palpiti di sole
sui muschi, su zampilli
che il vento frange, e sono
oltre le strade, oltre i ritorni ancora
i giorni della luce fragile, i giorni…

(Da: Plumelia, 1967)

Plumelia

L’arbusto che fu salvo dalla guazza
dell’invernata scialba
sul davanzale innanzi al monte
crespo di pini e rupi – più tardi, tempo
d’estate, entra l’aria pastorale
e le rapisce il fresco la creta
grave di fonte – nelle notti
di polvere e calura
ventosa, quando non ha più voce
il canale riverso, smania
la fiamma del fanale
nel carcere di vetro e l’apertura
sconnessa – la plumelia bianca
e avorio, il fiore
serbato a gusci d’uovo su lo stecco,
lascia che lo prenda
furia sitibonda
di raffica cui manca
dono di pioggia,
pure il rovo ebbe le sue piegature
di dolcezza, anche il pruno il suo candore.

(Da: La seta ed altre poesie inedite e sparse, 1984)

La seta

Fatica nostrana nei giorni involati
la seta: le veglie all’interno
tepore, le foglie del gelso brucate
dalle torpenti farfalle ai cannicci.
Sospesa alla trave la falce
d’incanto, il crescente
e l’aria grave di fiati rurali,
d’attesa – poi girano i fusi, le spole, la grana…
ma se la prendi con mano
che un poco trema
e la spieghi e la stendi
è una fontana nel vento e nel sole.


Voce umile e perenne

Voce umile e perenne
sommesso cantico
del dolore nei tempi,
che ovunque ci giungi
e ovunque ci tocchi,
la nostra musica è vana
troppo grave, la spezzi;
per te solo vorremmo
il balsamo ignoto, le bende…
ma sono inchiodate
dinnanzi al tuo pianto le braccia
non possiamo che darti
la preghiera e l’angoscia.

(Da: Il raggio verde e le altre poesie inedite, 1993)

Vasta è la vallata

Vasta
è la vallata, si spande pianeggiando e in pendii
in poggi, in solchi che verdeggiano
d’una speranza d’acqua e fanno in giro
orizzonte le montagne, ma il respiro è più grande…
fatica è da noi l’acqua – solo in alto lontano
tra rupi libera è custode al canto esile il silenzio.
Ma nelle pianure, a prezzo di cigolii, di ruote
o d’eliche alte su trampoli
alla mercé dell’aure… e quando balza
e fa bevanda di spuma terrosa, nel fosso
che ci ha dato la zappa, per vigore di poco
volgere di settimane, di sole, dal cespo
fitto, dall’arruffìo – si libera un velo
di brezza – trema ora il petalo più rosso
del vento più in ardore

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