Giacinto Spagnoletti

a cura di Pasquale Vitagliano

Giacinto Spagnoletti (Taranto, 1920 – Roma, 2003). Critico e scrittore italiano, ebbe il merito di diffondere con tempestività la poesia italiana del Novecento (Antologia della poesia italiana contemporanea, 1946; Antologia della poesia italiana 1909-1949, 1950). Oltre a una serie di studî culminata nella Storia della letteratura italiana del Novecento (1994), pubblicò, in collab. con C. Vivaldi, l’antologia Poesia dialettale dal Rinascimento a oggi (1991). Fu anche autore di poesie (da Sonetti e altre poesie, 1941, a Versi d’occasione, 1984) e romanzi (da Tenerezza, 1946, a Il fiato materno, 1972).

Testi

Capodanno 1944

Forse un giorno la memoria
prenderà altre direzioni.
Ora è un vento che soffia
solo contro di noi,
calmo vento affilato
che denuda e sospende
come fili di paglia o foglie morte
il desiderio e la disperazione,
le tragiche e vane fantasie.


Sempre di sera
i meloni spaccati
sulle carrette della mia antica
strada, fuoco sereno
di primavera sognare.
Il riso strepitoso dei marinai,
le fanciulle lente alle finestre
ricamate di sguardi.
Accanto a me mia madre
non trovava più l’ago.

Il sole si spegne lungo le brenne
assopite; penetra l’ombra fresca
del mare fino alla frontiera
gentile degli oleandri. Al tardi
verrà un soffio di banda militare.

Gli Aragonesi lavano le vele,
guardano disperati la marina.


Da

Sono scomparsi dalla mente
cari simboli, scherzi, nostalgie,
eppure ci parliamo ugualmente…


A mio padre

Egli portava il mare in me,
lo posava nella mia fantasia
ogni qualvolta si avvicinava,
brusco e sdegnoso come il mare,
ma intimamente dolce
come il suo calore che non si può raggiungere.
Le sue braccia parlavano in segreto
come le articolazioni delle correnti
che si dividono la dolcezza dell’elemento
quando la bruna superficie è tesa.
E alle sue guance, ai suoi occhi aperti
e indifesi dovevo riferirmi
per comprendere la bontà religiosa
che a volte irraggia dalle tenebre marine.


D’estate

Sulla traccia d’un tuo sguardo perduto
ho raggiunto il tuo cuore.
Ero fermo presso l’ombra delle fontane,
addossato alle siepi,
invocavo le rondini nel cielo.
E pareva fremesse ad ogni fulgida
luce serale il verde della valle.

Ed anche quest’estate ha le sue luci, piove
leggerezza ed oblio per ogni dove:
nei pascoli arrossati vibra l’erba,
nei boschi ogni viluppo è una chimera…
Improvvisate sembrano le rondini!

Guardo in alto il vuoto del sereno
e so che ancora un poco resterà
dentro il mio cuore il tuo amore distratto.
Poi nel moto dei giorni
si staccherà, variando come l’ombra
sui muri, svanirà, riapparirà,
ragionando a distanza…


 

Rispondi