Elina Miticocchio

a cura di Pasquale Vitagliano

Elina Miticocchio nata a Foggia nel 1967, dopo gli studi classici si è laureata presso la facoltà di Giurisprudenza di Bari. La lettura, il teatro, la scrittura sono i maggiori interessi che condivide spesso con la madre. E’ presente con il testo “Oblò” nell’antologia poetica “Taggo e Ritraggo” edita LietoColle e, sempre per la stessa casa editrice, nelle antologie “Il segreto delle fragole 2011” e “Il segreto delle fragole 2012”. Partecipa alla redazione del blog “Carte Sensibili”.

Testi

elaboro disegni di carta nuvola

una nascita particolare/ rischiosa col forcipe
e poi qualcuno disse…come la luna/
la luna si nascondeva tra voglie di fragole al centro della fronte/ il mio
ritratto di allora.

***

farsi notte

stordiva il giorno
un lavatoio rimestava figure
….
lei aveva mani esatte e nodi correvano a franare il gelo.

***

Il vento non c’è più

e io non so perché la mia voce frughi tra i labirinti
inceneriti dal sole che sbircia tra gli angoli
due scarpe ai lati di una finestra
(saliscendi)
ascolto è silenzio
una goccia di pioggia nell’angolo
lo chiama per nome

***

Oblò

Ho avuto case ad abitarmi
nessuna cosa è perduta.
Le tue stanze senza porte avevano oblò
non troppi mi sarebbe parsa una prigione
così l’ho scambiata per una nave.

Anche di notte faccio ritorno
senza parola approdo appiglio
sosto e attendo
spengo la luce tesso illusioni
filo il miracolo d’onda immobile.

 


In ombra. Un abbozzo appena

In ombra, un abbozzo a(p)pen(n)a
scrivere parole friabili
pane
senza burro né marmellata.
Gettare le alt(r)e luci
in raccolte notti senza stelle
giorni d’abbandono.
Praticare la distanza
un libro che scrivo ogni giorno
afferrando l’ultimo spartito.


Acqua smossa 

Aveva gli occhi chiusi
come una pianura di grano
arso a mezzogiorno
ogni tanto li apriva
richiamata da un’ombra
sbucata da una riga
o da un mezzo rammendo
le parlavo di numeri
erano dita di nuvole
di peltro, lontane
che fatica impararli
mi diceva che non era grave
avrei avuto occhi grandi
per giocare coi papaveri
un giorno sospinta da troppa luce
bussato ad una porta
tenendo nella conca
della mano una minuta
linea di splendore inafferrabile
sarei sopravvissuta alle lusinghe
di farfalla disegnata con pochi colori
ingoiato acqua di fontana
fino a smuovere le radici
che l’amore aveva creato
un giorno e senza chiedermi il conto.


 

 

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