Carmen Gallo

a cura di

Carmen Gallo è nata a Napoli nel 1983. Insegna letteratura inglese all’Università L’Orientale e si occupa di poesia metafisica inglese. Si occupa anche di teoria del romanzo, di critica letteraria, di comparatistica e di traduzione dall’inglese. È attiva nell’ambito della poesia contemporanea, e collabora con diversi blog e riviste (Poetarum Silva, Nuovi Argomenti, Atelier e altri). Ha anche partecipato alle letture di giovani poeti Fuochi sull’Acqua organizzate da Tommaso Di Dio e Alessandra Frison. È stata due volte finalista al premio Mazzacurati-Russo per la poesia (2009-2010; 2011-2012), e al premio Subway Letteratura-Sezione Poesia 2011. Nello stesso anno è stata menzionata al premio Lorenzo Montano per la sezione Poesia inedita “Lo stretto e il necessario”. Nel 2013 ha vinto il premio nazionale “Autori del Territorio – Città di Sant’Anastasia”. Alcuni suoi testi sono stati pubblicati in antologie (Registro di Poesia #3, 2010, a cura di Nietta Caridei; Registro di Poesia #5, 2012, a cura di Cecilia Bello Minciacchi; Catalogo per Errico Ruotolo, Edizioni D’If, 2012, Napoli), sulle riviste «Argo» e «Levania», e su blog letterari come Poetarum Silva, Poesia (blog RAI di Luigia Sprrentino, Transiti poetici). Traduzioni di testi tratti dalla raccolta inedita “Prima degli occhi” sono uscite a cura di Clément Levy sulla rivista francese «Remue».

Testi

è arrivato il dono, il fuoco
il rosso
è arrivata la terra, la città
che non conosco
e dovrebbe essere facile
a questo punto
sistemarvi al centro
la trama visibile dei polsi
la schiena curva delle parole
e lasciare che gli occhi sentano
che la pelle infine veda
ma qualcosa ancora trema
e io resto immobile
a guardare la trama
che hai scelto per me
la sollevo e penso
scegli me
scegli me

*

Barcollare su facce distese
inciampare nella tua fronte
farsi largo tra le voci
e chinarsi a raccogliere solo le mani più mature
lasciare le acerbe a macerare sugli occhi
chiusi, sempre chiusi
avanzare tra ciglia nere
aggrappandosi al ricordo
dell’Orsa, cancellare sguardi
ammutolire salive
e rimettere al loro posto le labbra cadute
gli zigomi divelti
ora che non mi guardi
ora che non mi senti

*

Abitarsi nelle mani e addormentarsi
a poche bocche di distanza
al riparo della corteccia
della sua forma improvvisata
c’è un vento che ci ascolta
arrivare da lontano
da dove è profondo e non si tocca
da dove si resta vivi a guardare
a largo, ancora più a largo ci teniamo
la terra si fa grido fermo, e non ci vede
noi soli la sentiamo
nelle sere che non riempiamo
nelle facce che risalgono il fondo
crespo di ogni superficie
la luce ci sorprenderà estranei
da ciò che non abbiamo scelto
nella perdita degli occhi
tutto sembrerà inseguirci
ma noi impareremo a vivere
a essere senza di noi
polmoni pieni d’aria
sotto il vetro dell’acqua

*

(individuare uno ad uno
ogni grado di necessità
assegnare loro un nome
una mappa affidabile di ogni tua
minuscola escoriazione)

*

Ricucire le schiene nere disperse in mare
le bocche lasciate aperte al sonno
avere fame di occhi
da mangiare aperti al sole
a forza di scalare meridiani e meridiani
di sale

tornare a incollare i pezzi
a dire le ombre scontornate
nella lingua terra che nessuno aspetta
e poi scrivere, scrivere ancora

di sere sprofondate, di stanze appese
al muro per non essere rovesciate
di uomini che si parlavano al buio
di finestre da spalancare

nella fretta di andare e tornare
farsi marea di corpi senza nome
e cancellare l’intero che separa

ci hanno chiamati ladri
anche ora che siamo tornati

***

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