Roberto Michilli

a cura di Nino Iacovella

Roberto Michilli. Scrittore e poeta (Campli 1949). Ha esordito nel 1996 con la raccolta di versi Aprire un giorno. Ha pubblicato in seguito le raccolte Attraverso la vita (2001, con una prefazione di Giuseppe Pontiggia) e Nuovi versi (2004); i romanzi Desideri (2005), Fate il vostro gioco (2008), La più bella del reame (2011), Il sogno di ogni uomo (2013); e il libro intervista La chiarezza enigmatica – Conversazione su Giuseppe Pontiggia (con Simone Gambacorta, 2009). È presente nei libri collettivi di poesia 4 poeti abruzzesi (2004) e L’orma lieve (2011). Ha curato una edizione delle poesie di Lermontov (Michail Jur’evič Lermontov, Quaranta poesie, traduzione e cura di Roberto Michilli, 2014). Ha tradotto poesia anche dal francese e dall’inglese (Mallarmé, Keats e altri). Dal 2007 cura la rassegna internazionale “Perché i poeti…”, inserita nell’ambito del progetto culturale “Teramo città aperta al mondo”.

Testi

(Da: Attraverso la vita, 2001)

Ora tu sei lontana

Scaglie azzurre di rettile piumato
Trovate sulla sabbia in mezzo ai sassi
Lisci del mare e ai gusci di conchiglia.
Qui incontravo la tua ombra luminosa,
Quel che di te tu stessa non sapevi.
Ora tu sei lontana,
E i giorni sono tutti senza vento.
I velieri rimangono alla cappa
Negli stagni dei porti, rassegnàti.


(Da: Nuovi versi, 2004)

È tardi.
Anche i giardini aperti ad Occidente
si perdono nell’ombra.
Ovunque i fiori chinano la testa.
presto verrà la sera, e poi la notte.

Cercare non è inutile,
ma i sentieri s’interrompono tutti
e nessuno porta al cuore del bosco.

Le radure schiarite dalla luna
sono deserte.
Il vento, a tratti,
sgomenta l’erba.


T’immagino nel vento in riva al mare
verdazzurro e inquieto dell’autunno.
Cammini con lo sguardo all’orizzonte
bianco di vele.
Una ciocca ti annuvola la fronte;
sorridi e l’allontani,
col gesto che m’incanta.


(Da: 4 poeti abruzzesi, 2004)

Alba

Forse da qui è possibile
prendere un’altra strada
o forse si può scegliere
di restare per sempre nell’attesa,
teneri e nudi
come lumache
che non hanno indossato ancora il guscio,
la corazza impassibile dell’io.


(Da: L’orma lieve, 2011)

Domeniche d’estate

Arrivavano in Vespa.
La zia portava in dono
lo zucchero e il caffè.
Seduti nella grande cucina,
mio padre parlava col fratello;
la mamma con la zia,
a bassa voce.
Con addosso i vestiti della festa,
mangiavo il mio frufrù
e intanto li guardavo.
Dalla finestra aperta entrava il sole,
nell’aria si muoveva
una polvere d’oro.
Fermo sembrava il tempo
e pieno di promesse.


Il canto delle sirene

Altissima, stretta e storta la scala
a pioli portava
dalla grande
terrazza a quella piccola,
su in alto,
in cima alla torretta.
Agile, rapido, ridente, il mio
cugino grande ci saliva e poi
mi diceva che da lassù lo sguardo
arrivava lontano e si vedeva
un altro mare,
con grandi navi dalle immense vele
bianche, delfini danzanti e balene
dal soffio altissimo.
S’udiva anche il canto delle sirene
diceva.
Io provavo a salire:
volevo vedere le navi e i delfini
lucenti e le balene
e volevo sentire le sirene.
Ma già dopo tre gradini la scala
cominciava a oscillare
e a me tremava il cuore
e mi sentivo molli le ginocchia
e il fiato si fermava nella gola.
Tornavo giù, allora,
e andavo ad affacciarmi dal muretto
della terrazza bassa,
ma da lì non vedevo le sirene
né le navi e le grandi vele bianche.
Forse era colpa
di quelle sciocche lacrime
ma non vedevo più nemmeno il mare.


La fine degli incanti

Siamo il passatempo di noi stessi,
impariamo insieme il tempo e la morte.
Nel mondo alla fine degli incanti,
Sìsifo è il nostro eroe.
L’esistenza è una forma
di ostinato cinismo.


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