Figure amate di Orso Tosco

Recensione di Felicia Buonomo

 

«…che voglia di piangerti meglio», scrive Orso Tosco a pagina 39 di “Figure amate”, edito da Interno Poesia. Lo fa accompagnandoci all’ingresso della seconda straziante sezione della raccolta poetica, dal titolo “La casa dei tentativi falliti”, che non lascia spazio all’immaginazione, che ci parla in modo netto e diretto della fine – probabilmente a un punto sperata – di un dolore a cui è arrivato il momento di abbandonarsi.

«Abbiamo tentato, tu più di tutti / Puoi lasciare, adesso, puoi lasciare / se sei stanco, se sei troppo stanco / per il troppo male, puoi lasciare», scrive il poeta, già entrato nella casa a cui «dobbiamo consegnarti per sempre», nel dialogo che instaura con il padre.

Figure amate non è solo la storia di un legame familiare, macchiato dalla malattia e dal dolore fisico e interiore. La raccolta è un dispiegarsi di universi, emotivi certo, ma anche materici, che Orso Tosco rende comprensibili persino a chi è avulso da esperienze similari. Ed è questa la lode preminente di tutta la raccolta poetica: saper parlare al sé che prova dolore, al soggetto destinatario della sofferenza e all’empatia che – non è vero – siamo così inclini a provare.

 

Orso Tosco

Una litania, che si aggrappa a una possibilità sperata, che si rivela vana, di questo «fallire e restare meravigliosamente / con tutto lo sforzo di cui sono capaci / l’aria e la pioggia improvvisa / in questo tuo talento per la vita / così orribilmente testardo».

Mentre noi ci aggrappiamo, nella lettura, alla speranza che sia esercizio di finzione il nero sul bianco della pagina, per non sopportare il peso di un uomo, anzi di due uomini, in questo incontro ravvicinato con la morte, che giunge ben prima della sua venuta clinica. Ci appoggiamo anche noi «al letto d’ospedale / conficcato nel centro del salotto / e spiego al giardino / il modo in cui proviamo a restare».

Figure amate non è solo una testimonianza, è la presa stretta sul dolore, dove la fede sfugge alla comprensione, ma l’amore rimane, in questi «avanzi di una vita che continua / e allo stesso modo finisce».

Felicia Buonomo

«“Bianco e nero è la parola d’ordine dell’occhio”

dicono le tue belle labbra andate nella morfina:

ecco i nostri occhi, baciati e sbiaditi

nella casa dei tentativi.

Prendili, papà, smetti di tremare,

lasciati dormire, prendili».

 

Da Figure Amate – Interno Poesia

 

 

Rispondi