J BROZ, “DISKOVER ME”: un rapper ed un album da scoprire

di Libera Capozucca

Christian Titoli, in arte J Broz, scrive onestamente la sua musica e lo fa con uno spessore tale, nonostante la giovane età, da rendere Diskover meun disco rap su cui vale la pena soffermarsi. Realizzato insieme al beatmaker Luca Lombardi, l’album esprime una visione della realtà e del proprio mondo interiore solida nella scrittura e intrigante nella personalità, seppur ancora acerba nel sound. Riconoscendo a J Broz la qualità di avere qualcosa da dire e di saperlo dire bene, abbiamo voluto intervistarlo, per conoscerlo più a fondo e per comprendere la ricerca musicale che sta dietro a questo album.

Dai tuoi esordi con “Cambierò in meglio” fino a “Diskover me” è passato un po’ di tempo. Come sintetizzeresti la differenza tra i due lavori?

Diskover me” è un disco più ponderato e maturo rispetto al precedente. Cambierò in meglio” è stato costruito nel tempo: man mano che scrivevo registravo, seguendo un processo compositivo più immediato tra emozioni, scrittura, suono, registrazione. Diskover me, invece, è un concept più ragionato ma c’è un filo diretto che li lega, perché cambiare e scoprirsi sono aspetti che si appartengono.

Partendo dal titolo dell’album, fai riferimento ad un tuo processo di indagine interiore, o in realtà parli del mondo in cui viviamo, così poco alla ricerca di introspezione, stordito com’è dalla cultura di massa?

Diskover me” significa scoprimi, e dunque l’album vuole mettere a nudo le cose di cui non ho mai parlato apertamente. Quindi, per rispondere alla domanda, si riferisce più ad una ricerca interiore, sebbene il mondo esterno non passi mai in secondo piano nelle mie riflessioni.

Nel disco racconti del bisogno di rimanere nascosti ma vigili, in un’epoca di sovraesposizione e chiacchiericcio costante. Sembra che l’anonimato sia più interessante del mettersi in vetrina. Nascondere le cose le rende più preziose e importanti?

Dipende da cosa. Per certi versi è preferibile velare ciò che senti, perché è privato, intimo; in questo modo lo proteggi, lo custodisci dal caos esterno e dalla curiosità degli altri. Tuttavia, non sempre è un bene trattenere quello che hai dentro: molti eventi della nostra vita, soprattutto quellinegativi, dovrebbero essere condivisi per non sentirne troppo il peso. La mia musica in fondo nasce dall’urgenza di esprimere ciò che provo, è la mia terapia, il mio modo per non sentirmi solo e lontano dagli altri.

La tua scrittura è profonda e matura nonostante la tua giovane età: “Uno su quattroma anche “Winston Smithsono pezzi interessanti

Winston Smith è il protagonista di “1984”, libro di Orwell che mi ha formato molto, e questo personaggio è un’icona della società descritta nel romanzo, priva di libertà, controllata e oppressa da un sistema totalitario, antidemocratico. Ecco, a volte mi chiedo se un romanzo scritto nel 1949 non abbia assonanze col nostro tempo. “Uno su quattro” è un pezzo che avrei voluto scrivere prima, per destinarlo a “Cambierò in meglio, ma la vita che conducevo allora era diversa rispetto al momento in cui l’ho scritto. Vivevo ancora con i miei, studiavo e il lavoro mi sembrava una cosa lontana…

Come vivi questo momento storico, e quanto di politico c’è nella tua musica?

Tanto e niente allo stesso tempo. Direi nulla di particolarmente esplicitoma di sicuro, nella mia musica, si intuisce che questo momento storico non mi convince a pieno, non mi appartiene molto.

J Broz con il rap non arriva a fine mese. Cosa pensi di questo sistema in cui i giovani talenti come te non riescono a campare del lavoro creativo che svolgono?

Da un lato non mi pesa neanche troppo. Non mi sono mai percepito come un talento ma come uno che è partito inseguendo una passione. Adesso noto, con appagamento, che la mia musica viene apprezzata da molti, così mi impegno moltissimo per far sì che il mio approccio sia il più professionale possibile e non un semplice passatempo. È strano che con la musica molti artisti emergenti non riescano a cavare un ragno dal buco; tanti giovani hanno molto da dire, investono tempo, forze e denaro nel loro progetto. Questo mi mette tristezza e mi fa anche un po’ incazzare. In Uno su quattroaffronto la questione.

Qual è il pezzo del disco a cui sei più affezionato?

Diskover me, che è il cuore del disco, e per questo lo si trova al centro dell’album. È un pezzo in cui non ho lasciato spazio a ritornelli che facessero perdere il filo del discorso, quindi si presenta come un flusso di coscienza di tre minuti. Quando compongo, la mia scrittura emerge lentamente perché è complesso trovare l’incastro delle parole che meglio esprimano i miei stati d’animo. Diskover me” dà il titolo ad un album che nasce proprio da quello che ho sempre tenuto nascosto.

Come lavori su te stesso per crescere sotto il profilo artistico?

Affogo nelle emozioni.

Cosa hai scoperto di te scrivendo questo disco?

Mentre scrivevo mi rendevo conto di avere tanto da far emergere. I testi del disco sono nati da un’urgenza espressiva, ma nulla è stato affidato al caso.

Come nasce la tua musica?

Io solitamente mi ritrovo con idee sparse per la testa e fissate su foglietti volanti in giro per casa. Parto spesso dalle basi; il beatmaker di “Diskover me”, Luca Lombardi AKA Benzaiten, mi mandava delle basi e io capivo subito se potessero funzionare o meno. La realizzazione di un disco è un lavoro di sinergia e di confronto continuo, di riadattamento e riformulazione costanti. Le parole poi vengono cucite sulle basi, proprio come un vestito. A volte mi capita che quando una base mi piace, so sin da subito di cosa voglio parlare e in che modo. A volte però cerco di spingermi un po’ più in là, addentrandomi in ciò che conosco meno e quindi sperimentando.

Come hai scoperto il rap?

L’ho scoperto verso gli undici, dodici anni, quando ha ascoltato dal computer di mia sorella i pezzi di Fibra. Poi quando sono riuscito ad accedere a YouTube sono rimasto folgorato dal suo video Mal di stomaco.

Ascoltando l’album arrivano influenze anche da Bassi Maestro

Mi piace il suo minimalismo, tutto molto diretto; quello che vivo loracconto pure io senza fronzoli, così com’è: zero attenzione a costruirmi un personaggio ma solo l’intenzione di mostrarmi per quello che sono veramente.

I tuoi live mi incuriosiscono. Da quanto tempo è che ti esibisci in pubblico?

Da un paio di anni in realtà. La prima volta è stato quasi terribile perché ero pieno d’ansia e mi sentivo molto agitato; invece dalla seconda serata, in cui aprivo lo show di un artista importante, sono stato tranquillo. Forse perché ero sul palco con il mio socio Stain, e condividere l’esibizione con qualcuno mi ha rasserenato.

A proposito di live, come affronti il palco?

A volte, prima dello show, mi addormento. Sono sempre abbastanzarilassato perché mi trovo così a mio agio sul palco che non sono colto da nessun timore e me la godo.

Che rapporto hai con i social network?

Scarsissimo e gli do poca importanza. Li utilizzo lo stretto indispensabile per promuovere la mia musica. Quando esce qualcosa che mi riguarda,cerco di creare movimento ma non controllo mai visualizzazioni, commenti, ascolti. Sinceramente non mi spaventa il giudizio degli altri, trovo interessante che ci sia una risposta a quello che faccio; se risultasse positiva tanto meglio, ma anche quella negativa mi torna utile.

Come sta andando il disco?

Il disco sta riscuotendo consensi e sta piacendo molto. Questo mi gratifica. Stiamo già lavorando al prossimo mixtape, preparatevi. Non vedo l’ora di farvelo ascoltare…

Foto di Nicolas Teodori

https://youtu.be/C4lePGy9WRY

https://open.spotify.com/album/5fQN1PjR5DIKfvsQns8hdA?si=AHUdBOiOS3iwIUNtW-dA5Q

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