Horcynus Fest- Il Flauto Magico di Piazza Vittorio: “Mischiare culture produce Bellezza” – intervista a Mario Tronco

di Marta Cutugno

Un Mozart di zucchero quello de “Il Flauto Magico di Piazza Vittorio”, delizioso film musicale per la regia di Mario Tronco e Gianfranco Cabiddu. Una rivisitazione incantevole del Singspiel mozartiano, in otto diverse lingue con la sceneggiatura di Mario Tronco, Fabrizio Bentivolgio, Alessandro Arfuso, Massimo Gaudioso, Fabio Natale e Doralice Pezzola.
A Capo Peloro abbiamo incontrato Mario Tronco, regista e direttore artistico dell’Orchestra di Piazza Vittorio, ospite di Metamorfosi all’Horcynus Festival 2019, organizzato dalla Fondazione Horcynus Orca e dalla Fondazione di Comunità di Messina (in collaborazione con l’Ambasciata di Spagna in Italia e con la Fondazione con il SUD) e con la collaborazione della Pro Loco Capo Peloro per quel che concerne la comunicazione social e sul territorio, insieme all’impegno di alcuni volontari Pro Loco per l’apertura del Museo Macho nei giorni del Fest.
“Il Flauto Magico di Piazza Vittorio” è stato proiettato sabato 27 luglio negli spazi aperti del Parco in affaccio sullo Stretto di Messina. Pubblico più che incantato dalla visione di questo lungometraggio a bassissimo costo. Un “ fantasy di carta pesta” come lo ha definito Mario Tronco che, in dialogo con Franco Jannuzzi, racconta come il grande successo dello spettacolo teatrale – che porta lo stesso nome e che ha registrato più di 300 repliche in giro per il mondo – si sia poi trasformato in progetto cinematografico, con budget decisamente ridotto ma tanta fantasia. Nel cast Ernesto Lopez Maturell, Violetta Zironi, El Hadji Yeri Samb, Houcine Ataa, Petra Magoni, Fabrizio Bentivoglio.
Mario Tronco è direttore artistico e fondatore dell’Orchestra di Piazza Vittorio ed è stato membro della Piccola Orchestra Avion Travel, “ la famiglia” – ha ricordato. “ È insieme a loro che ho potuto coltivare la passione per il teatro musicale, quell’idea di canzone teatro, insieme a Peppe Servillo che è interprete fortemente teatrale”. L’Orchestra di Piazza Vittorio è formata da musicisti che provengono da vari mondi, un’orchestra di immigrati, esempio unico di formazione orchestrale finanziata da un quartiere, dagli abitanti di un quartiere che hanno personalmente finanziato il progetto. Dall’esordio ad oggi, quasi diciotto anni di attività con la produzione di tre opere – Carmen, Il Flauto Magico, Don Giovanni -, tre dischi, un progetto musicale sul dialogo interreligioso, “ una sorta di utopia – afferma Tronco – partita dall’idea che mischiare culture produce Bellezza”. Segue Intervista
Come è nata questa avventura, questa connessione tra l’Orchestra di Piazza Vittorio e l’opera mozartiana?
L’Orchestra di Piazza Vittorio e Il Flauto Magico sono un caso – racconta Tronco – : era il 2007, un giorno, Daniele Abbado mi chiamò per chiedermi se avessi voglia di partecipare ad un Flauto Magico di strada che stava organizzando a Reggio Emilia, in cui ogni piazza della città sarebbe diventata un momento dell’opera e se avessi un’idea per affidare la prima parte del Flauto Magico all’Orchestra di Piazza Vittorio. In un primo momento, per istinto, mi sembrò una follia, poi tornato a casa iniziai a ragionare, pensando all’opera non scritta ma come tramandata oralmente nei paesi di origine dei musicisti di Piazza Vittorio. La peculiarità del racconto orale è che si trasforma quando passa di bocca in bocca ed il racconto così diventa un’altra cosa. La nostra orchestra è mista e composta da musicisti lontani non soltanto per provenienza geografica ma anche musicale, scelta questa che sta alle origini della sua fondazione. Musicisti che provengono dal classico, dal jazz, dalla musica folk, dal rock: alcuni di loro sanno leggere la musica, altri sono musicisti del tutto spontanei. I musicisti (soprattutto i cantanti) africani, cubani, portoghesi, ascoltando e riproducendo quelle melodie, apportavano naturalmente delle modifiche e gli errori diventavano partitura come se quelle arie di Mozart fossero nate nei loro paesi di origine.
Dunque il multiculturalismo, l’abbraccio alle diverse culture, alla tradizione popolare, vostro fondamento, ha trovato piena espressione anche in questa esperienza.
Assolutamente, ed abbiamo anche associato il carattere dei musicisti a tutti i personaggi del Flauto Magico. I ruoli sono stati attribuiti per assonanza sentimentale: Papageno è Pap Yeri Samb che in orchestra è la persona più semplice e profonda; Tamino è interpretato da Ernesto López Maturell, allora giovanissimo; alla stessa maniera per tutti gli altri musicisti/personaggi.
Il Flauto Magico ha una fortissima ispirazione popolare. Quelle sensazioni, quello stesso candore che ho provato personalmente quando ascoltai per la prima volta quelle arie a quattordici/quindici anni, mi è stato restituito pienamente dai musicisti dell’orchestra, incantati all’ascolto di quelle musiche e pervasi da quel mio stesso candore.
Si parla di un ruolo decisivo affidato alle figure femminili in grado di stravolgere il corso degli eventi. In che modo?
È cosi. A Pamina è affidato un ruolo chiave, di svolta nella storia. Manca il personaggio di Papagena e molto forte è l’amicizia tra Tamino, Papageno e Pamina, ed alla fine i tre fuggiranno insieme. Sarastro e la Regina della Notte vivono un matrimonio in crisi, minato dalla brama di potere, dalla follia che non li fa ragionare ma, sul finale, la figura di Pamina, in questo, giocherà un ruolo fondamentale.
Un Singspiel che diventa un film musicale. Quali linguaggi e quale interazione tra musica e regia?
Per me la regia cinematografica era una novità. Avevo bisogno di una figura determinante e per me Gianfranco Cabiddu lo è stata. Gianfranco proviene dalla musica, è flautista ed è stato, per una vita, fonico di Eduardo. Per il film, abbiamo fatto una scelta di discontinuità perché potesse seguire la discontinuità della musica. È rivisitato in varie lingue e vari generi musicali: ci siamo lasciati trasportare da quello che la musica ci chiedeva, è stata lei che ha dato le indicazioni, la musica ha diretto la regia.

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