di Ilaria Grasso
Il tema della rivoluzione in poesia sembra essere prettamente di tradizione russa; eppure ci sono anche voci che la inneggiano infiammati da forte impegno civile e amore del genere umano. Questi bei versi di Tommaso Di Francesco rappresentano l’atto di rivolta. Alcuni pensano che vincere una battaglia non sia vincere la guerra ma ci sono battaglie più incisive di altre. Parimenti, alcune rivolte sono più efficaci di altre. Innanzitutto si va perdendo il concetto di barricata. Il che mi sembra già un buon punto di partenza perché supera la dualità del bene o del male (e altri svariati dualismi) per approdare a una dimensione che riconosce l’essere umano e i movimenti da esso rappresentati come unici e con mille sfumature d’identità e di senso. In una guerra si mettono in atto strategie ma il poeta non crede che questa nostra guerra quotidiana possa essere più vinta solo con la previsione degli eventi e conseguente piano d’attacco. Tanta e varia la complessità che non è più possibile presagire o programmare. In tempi passati le rivolte agivano come malattie che contagiavano tramite l’informazione che aveva come unico organo autorevole i giornali. Ora non più per via delle fake newscon l’avvento del virtuale. Tocca quindi nella vita di ogni giorno resistere e rimanere svegli e soprattutto mantenere fede alle proprie idee e ai propri valori costantemente, ogni giorno, senza farsi influenzare o plasmare perché il pensiero rimanga vivo e incandescente come un fossato protettivo attorno agli esseri umani e alla flora e alla fauna che abitano il pianeta.
Vorrei una rivolta inanellata
che restasse esangue di sé
abbandonata tutta la barricata
aperta a notte e mareggiata,
allargata sull’imprevisto mondo
vorrei che non fosse ricambiata
da fogli di giornale, che fosse
dura, duratura, da bruciare.